La storia dello chef italiano di Odessa che resiste all’assedio e tiene aperto

La storia dello chef italiano di Odessa che resiste all’assedio e tiene aperto
© Twitter/@Radio1Rai - Roberto Armaroli

Si chiama Roberto Armaroli, e nella città portuale sul Mar Nero possiede tre ristoranti. Il suo locale ‘Antica Cantina’ ancora aperto si trova in un seminterrato, quindi relativamente tranquillo e sicuro

C’è un ristoratore italiano, a Odessa, che resiste all’assedio russo. Alla guerra, ai missili e alle bombe. Resiste nel tenere aperto, anche se solo a pranzo. Perché crede di svolgere un ruolo sociale e perché glielo ha chiesto la gente del posto. Il suo locale si trova in un seminterrato, quindi relativamente tranquillo e sicuro.
Lui si chiama Roberto Armaroli, e nella città portuale sul Mar Nero possiede tre ristoranti: “Nonna Letizia”, cucina italiana del Nord e bolognese anni ‘50-60, “Antica Cantina”, con annessa scuola di cucina, un fine dining, e Boccaccio, ultima sua apertura di un paio di mesi fa, che è una steak house di impronta americana all’interno di un albergo famoso. Di tutti e tre, “Antica Cantina” è l’unico locale rimasto aperto, anche perché gran parte del personale o è fuggito o si è arruolato.

Tra allarmi aerei e coprifuoco “Antica Cantina” è una piccola luce nella notte buia della guerra e segna un’apparente normalità, costituita dal poter accedere a un desco accogliente e un pasto caldo. “Rimango, non ho paura”, dichiara al Gambero Rosso, anche se è consapevole di avere scorte solo per poco più di un mese. Però lui si sente lo chef di riferimento del Paese e vuole dimostrare di aver fiducia nell’Ucraina che l’ha accolto e che sta difendendo l’Europa e la libertà. E perché sente di aver ricevuto dall’Ucraina molto più di quello che lui stesso ha potuto dare. Quindi sente di nutrire un debito di riconoscenza.

Costretto a farei conti solo con i prodotti che potrà trovare ogni giorno, il suo menù cambierà di continuo come in una jam session culinaria. Improvvisazione. Allo stato attuale può garantire pizze, insalate, zuppe, pasta mentre dovrà rinunciare ai prodotti importanti come astici vivi, branzino pescato all’amo, vongole e carni di importazione da tutto il mondo di cui poteva disporre prima della guerra. “Da Odessa passava il 70% del traffico merci dell’est Europa, ecco perché come Mariupol è una città così importante”.

Armaroli non nega le difficoltà: “Le tre principali aziende di retail hanno messo il magazzino a disposizione delle altre, così da avere dei depositi in città. Ci sono anche problemi con i contanti, ma a qualsiasi cassa del super dai la carta di credito e ti danno cash. Poi” aggiunge “c‘è stata una immediata reazione di solidarietà da parte di tutti, si tratti di banche, trasporti, logistica. Chi può dare una mano lo fa. Enti, soldati, volontari, c’è gente che va a mangiare alla Caritas o alla Croce Rossa. Chi può, aiuta”, dichiara al Gambero Rosso.

Di una cosa Armaroli però è certo: “Putin è riuscito a formare la nazione ucraina: a Odessa si parlava solo russo, perché storicamente nella vecchia Unione Sovietica nei posti chiave delle varie regioni dell’Unione c’erano russi e oggi, almeno il 30% degli ucraini ha familiari russi, e viceversa. I due popoli si consideravano come cugini. Ebbene, qualche giorno prima della guerra i ragazzi in cucina hanno cominciato a parlare ucraino. Non solo”, sottolinea, “in tutti i paesi dell’est Europa i russi non possono più entrare in un ristorante perché non li servono, non riescono più neanche a fare benzina”. Per il resto, “siamo tranquilli, per quanto possibile”. Nel frattempo, Odessa vive nel coprifuoco dalle 7 di sera alle 6 del mattino.

 

AGI

Redazione Radici

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