L’ambizione del Pnrr era quella di raddrizzare il sistema con riforme strutturali e investimenti strategici. Adesso, con i sovraccosti della guerra, il Piano rischia di diventare il serbatoio a cui attingere per far fronte alle emergenze, rinviando a chissà quando l’appuntamento dell’Italia con la modernizzazione.
La pressione sul governo perché riveda il Pnrr è fortissima, e oggi se ne è fatto portavoce il presidente della regione Veneto Luca Zaia, convinto – come il suo collega di partito Giorgetti – che alcuni dei traguardi fissati sulla carta , nel nuovo contesto economico non siano più raggiungibili.

Sullo sfondo ci sono le crescenti inquietudini della categorie produttive. Nelle Marche è partito il blocco dei cantieri edili per protesta contro l’enorme rincaro dell’energia, del ferro e dell’acciaio.

Lo stop di una settimana paralizza quello che di fatto è il più grande cantiere d’Europa, con 843 imprese che, dopo anni di paralisi burocratica, stanno finalmente lavorando alla ricostruzione dei comuni devastati dal terremoto.

A Roma sollecita l’intervento dello Stato anche Confcommercio, che chiede per i suoi associati riduzioni dell’Iva e contributi straordinari, garanzie per l’accesso al credito e moratorie dei prestiti bancari. Non si reclama solo denaro. I produttori di energia rinnovabile rivendicano la deregulation per i nuovi progetti, con le autocertificazioni che sostituiscono i permessi.

Chiede meno vincoli l’agrovoltaico. Ma il tutto deve sposarsi con l’ipotesi di un frettoloso ritorno al carbone, certo non contemplato dal Piano di ripresa. Occorrerà fare nuovo debito, e negoziarlo con l’Europa. Molte delle cose che ci siamo detti fino a ieri, oggi non sono più vere.9Colonne