La resistenza del popolo ucraino è la stessa di Ilaria, che non ha mai pensato di lasciare quella terra: “Dal momento che mi sono sposata e che mio marito non può uscire dall’Ucraina perché potrebbe essere chiamato a combattere, mi sento moralmente obbligata a restare al suo fianco e soprattutto a non abbandonare questo popolo, che mi ha accolto in questi anni, proprio nel momento in cui può avere più bisogno e che sta combattendo anche per il mio futuro qui in Ucraina”.

“Con l’introduzione della legge marziale – continua a spiegare – tutte le scuole sono chiuse e, non potendo lavorare, per il momento contribuisco a coordinare in minima parte i soccorsi umanitari che arrivano dall’Europa e diretti nelle città bombardate dell’Ucraina. Questo mi è possibile anche attraverso i continui contatti e riferimenti con la mia famiglia di origine che vive in provincia di Mantova, la quale si prodiga per l’approvvigionamento e la raccolta dei beni e talvolta necessita di traduzioni da una lingua all’altra per rendere funzionali gli aiuti materiali”.

Le comunicazioni con la famiglia e con l’Italia sono utili, per Ilaria, anche per smontare una serie di notizie che hanno preso a circolare sul web: “Capisco come sia difficile comprendere appieno cosa accade qui e, soprattutto durante la guerra, ancor più ardua è la distinzione tra le notizie veritiere e quelle invece contaminate da una insidiosa e sottile propaganda. Ho sentito parlare di odio contro i cittadini ucraini che, per cultura e tradizione, parlano la lingua russa; non è così.

Chiunque è sempre stato libero di parlare il russo, semplicemente il governo di Zelensky ha promosso delle attività di valorizzazione della cultura e dell’identità ucraina, ma sempre con il rispetto nei confronti di altre lingue e culture diffuse nella Nazione”.

Ilaria, infine, spiega a 9Colonne come sono le sue giornate da quando la sua vita, come quella del popolo ucraino, è stata stravolta: “Qui a Lutsk è davvero molto importante la preparazione del cibo per i soldati e civili che sono impegnati sul fronte militare in prima persona, ma anche per coloro che scavano le trincee a protezione delle città. A questo dedico il mio tempo.

Ed è proprio in questi momenti che vedo un esempio di patriottismo e di solidarietà oltre ogni limite: ci si dà una mano gli uni con gli altri, dimostrando in maniera estrema l’attaccamento alla propria terra, alle proprie radici e alla propria cultura. E alla propria vita”. (14 mar – PO / FeB9Colonne – citare la fonte)