Finestre sull’arte:Graziella Da Gioz”essere paesaggio”

Finestre sull’arte:Graziella Da Gioz”essere paesaggio”

Rubrica di arte e comunicazione a cura di Sonia Strukul 

Graziella Da Gioz nasce a Belluno, nella prima metà degli anni 80 frequenta l’ Accademia di Belle Arti di Venezia, si diploma in pittura con Emilio Vedova.

Vive a Crespano del Grappa (TV), in un territorio che segna anche suoi lavori: fra monti e sentieri si distendono pure corsi d’acqua che rendono il paesaggio un elemento che fornisce spunti alla sua riflessione artistica, facendo emergere una componente della sua personalità: gli elementi naturali e i paesaggi che diventano il filo conduttore della sua ricerca.

Essere stata un’allieva di Vedova è un destino segnato, artista e uomo di grande personalità e spessore. Guardando le opere di Graziella ritrovo la gestualità del segno, anche se c’è una malinconia e un’intimità che rendono unici i suoi  lavori in un soffuso cromatismo, sapientemente impiegato.

Graziella Da Gioz

“Vedova era alto e magro con una barba lunga, due paia di occhiali che continuava a cambiare appesi a due catenelle e vestiva sempre una camicia a righe. Conoscevo la sua fama e le sue opere prima d’iscrivermi all’Accademia. L’aula era all’interno di una chiesa sconsacrata vicino al ponte dell’Accademia, c’erano dei pannelli su due piani con corridoi costruiti con tubi di ferro. Dall’alto potevi dominare tutta l’aula e i lavori di ciascun studente. Tutti avevano un posto in cui dipingere, Emilio Vedova aveva una piccola aula personale dove teneva una biblioteca e prestava i suoi libri. Guardava il nostro dipinto e poi ci consigliava di andare a cercare l’autore che più poteva essere utile alla nostra ricerca. A differenza degli altri docenti era sempre presente alle lezioni. Nell’aula passavano i direttori dei musei di tutto il mondo e i critici d’arte allora più famosi. C’erano anche studenti che provenivano da varie parti del mondo. L’atmosfera era caotica, a volte conflittuale e la sua voce e i suoi discorsi s’imponevano sulle nostre chiacchiere”.

Il suo livello espressivo è di grande intensità come ad esempio nei suoi pastelli, riesce a cogliere diverse atmosfere e  luci particolari  utilizzando sapientemente un solo colore e variandone l’intensità con le  sfumature.

Un altro elemento che rende Graziella Da Gioz un’artista unica è la prospettiva che utilizza, tanti suoi oli sono caratterizzati da un primo piano che ci impedisce di vedere ciò che è immediatamente vicino a noi, proiettandoci in un punto lontano e ben definito. Altri invece ci regalano uno sguardo profondo che entra dentro il foglio o la tela, regalandoci la possibilità di spaziare lontano.

L’interesse verso la natura, il paesaggio che la lega alle sue terre si manifesta sin da subito e anche verso la poesia: l’amicizia con Andrea Zanzotto fa si che unisca la sua ricerca artistica ai versi poetici, nascono così alcune illustrazioni liriche, nel 2006 esce il libro ”Dal paesaggio” edito dalla Stamperia d’arte Albicocco di Udine con nove sue incisioni.

Impara a esprimersi con varie tecniche: il paesaggio, affrontato in pittura con sfumature di grande spessore, così pure i suoi pastelli e le sue incisioni calcografiche che non perdono nulla del chiaro scuro né della magica trasparenza dei suoi dipinti.

Nel 2011 “Le stagioni della Marteniga” libro d’artista edito da Colophon di Belluno con scritti di Tina Merlin accompagnati da un’incisione e cinquanta pastelli. Libro che viene esposto alla Galleria d’arte moderna di Cà Pesaro a Venezia e nella biblioteca Longhena alla Fondazione Cini.

Numerose sono le mostre che nel corso degli anni la vedono protagonista sia in Italia che all’estero, premi e riconoscimenti le sono stati conferiti per il suo lavoro artistico che ha saputo portare avanti con coerenza e impegno in una costante ricerca.

Ho conosciuto Graziella all’Accademia di Belle Arti di Venezia entrambe studentesse, ci siamo perse di vista e poi ritrovate, la vita è fatta di flussi e riflussi. E’ una persona profonda come le sue opere, rigorosa, perfezionista con un animo gentile io lo colgo nei suoi lavori, l’artista non è mai disgiunto da ciò che esprime nelle sue opere.

Ho fatto delle domande a Graziella Da Gioz che potessero metterci  in contatto con la sua sensibilità artistica.

Sonia Strukul “ Che significato ha per te il paesaggio? Il paesaggio ha molteplici significati e altrettante interpretazioni, ogni persona ha il suo paesaggio interiore che equivale al suo mondo, alla sua visione della vita. In oltre è uno dei soggetti più rappresentato nella pittura, disegno, incisione. Quale è il tuo paesaggio?”

Graziella Da Gioz  “Il paesaggio dove ho vissuto fin da piccola è formato da elementi naturali, tuttora cammino quasi ogni giorno attraverso boschi e montagne vicino a casa. Solo raramente nella mia pittura ho affrontato dei paesaggi urbani, ma anche in questi casi predominavano delle atmosfere che suggerivano particolari stati d’animo.

Nelle forme della natura e del paesaggio scopro sempre nuove possibilità di rappresentazione attraverso il linguaggio grafico e pittorico in modo da poter continuare a inventare e raccontare il mio coinvolgimento emotivo con il mondo che osservo e vivo ogni giorno. Parto da un’idea, da un progetto, ma poi mi misuro con la tecnica della pittura, del pastello o dell’incisione che dialogano con il mio modo di vivere.

Il paesaggio diventa fonte d’ispirazione, mi fa pensare alla vastità, all’oblio e alla dimenticanza, oppure alla luce e all’ombra, è anche forse a qualcosa che ci trascende. Il paesaggio e la natura ci permettono di andare oltre, di capire che c’è un mondo molto più vasto, che oltre a noi ci sono gli alberi, i fiori, la terra, il pulviscolo, le acque, il cielo, il tempo.

C’è un prima e un dopo, qualcosa  che oggi esiste ed è bellissimo ma che domani potrebbe sparire. I soggetti delle mie opere sono a volte delle oasi naturalistiche (le barene in laguna, i Palù, il Piave, i boschi). Da questi lavori traspaiono la nostalgia e la malinconia perché il giorno dopo potrebbero sparire o cambiare per via della loro fragilità dovuta all’incuria, all’avidità e all’indifferenza dell’uomo.

Tutto vibra nel paesaggio, ma la natura è fragile e minacciata, oggi. Nella natura ritrovo il riflesso, il mistero di un destino incerto, di una bellezza prorompente ma anche fragile. Mi sento parte della creazione, ritrovo il significato perduto dell’esistenza, creatura tra le creature, il mio destino e il loro in questo fare e disfare, tra la luce e le pieghe del paesaggio nei suoi strati geologici. Lo spazio si ricompone e s’inventa, diventa il luogo dell’anima. Solo la pittura, attraverso la stratificazione del segno e del colore, restituisce questo luogo, testimonianza di un sentire.

Il termine paesaggio è stato così consumato e logorato nel secolo scorso, addirittura ridicolizzato dalle avanguardie che voler ancora oggi dipingere paesaggi è una sfida quasi persa in partenza. Il paesaggio, anzi, la natura dove m’immergo ogni giorno, ha riempito di bellezza la mia infanzia. Che significato hanno per me questi boschi, montagne, corsi d’acqua e riflessi? Sono solo rifugi nostalgici o invece spunti di riflessione ancora possibili nell’arte contemporanea? A queste domande cerco di rispondere ogni giorno dipingendo luoghi veri e onirici, ricordati o immaginati.”

Sonia Strukul “ Nei tuoi lavori qualunque sia la tecnica che usi il segno è protagonista. E’ come se tu volessi lasciare un’impronta, una traccia del tuo passaggio è come se tu volessi dire “io ci sono, sono qui” credo che questo sia l’anelito dell’arte, il fine ultimo è l’eternità, la  testimonianza del nostro passaggio sulla Terra.

Il tuo segno, timido, sobrio, essenziale ma pur sempre preponderante come lo definiresti all’interno della tua ricerca?”

Graziella Da Gioz “ Quando frequentavo l’Accademia di Belle Arti ho approfondito lo studio delle opere e degli scritti di Kandinsky e Klee: il segno nel loro linguaggio pittorico diventa protagonista, prende vita, l’energia della curva, la direzione, la posizione nello spazio. Nell’informale il segno diventa protagonista in molte opere: penso all’opera di Hartung, Tancredi anche Vedova. In questo periodo il segno era considerato un elemento esistenziale, la traccia dell’artista, la sua impronta.

Inizialmente il mio linguaggio artistico era più legato all’espressionismo astratto: cercavo di esprimere la mia interiorità, le mie emozioni solo con il segno e la macchia. Poi questi elementi seguirono il profilo di un corpo femminile: la forma assumeva l’aspetto di un paesaggio (serie di opere chiamate corpo-paesaggio) e lentamente nel tempo mi sono concentrata sulle forme del paesaggio che vedevo ogni giorno e che mi aiutavano a liberare la mia fantasia. Nascono negli anni novanta la serie delle cielitudini e delle montagne.

Prima di iniziare un ciclo di dipinti o d’ incisioni esprimo le mie idee attraverso molti disegni su carta con i pastelli teneri o il carboncino perché voglio definire bene la misura della lastra o della tela, il tipo di tecnica da usare, studio la composizione dello spazio, la qualità e la diversità dei segni e dei colori. Tutti gli elementi hanno un preciso significato e devono essere essenziali, per cui spesso mi ritrovo a tagliare, a togliere. Poi confronto i vari disegni: rifletto a lungo su ogni singolo particolare. È chiaro che nel momento dell’esecuzione mi lascio trasportare dal segno o dal gesto ma questa sicurezza e freschezza esecutiva deriva dalla lunga fase preparatoria.

Il disegno preparatorio rimane però solo un punto di partenza e ogni giorno mi misuro con la tela o la lastra d’incisione, a volte cambio strada e il lavoro finale diventa completamente diverso da com’era stato inizialmente pensato. Questa è la bellezza e la magia del mio percorso artistico che mi fa cambiare o riprendere opere a distanza di anni.

La traccia, il segno è nella mia opera dunque un elemento costruttivo, anche se a volte diventa predominante e si trasforma in un gesto vitale, necessario.

Oggi siamo immersi in un mondo dove domina il computer e la rete, la storia ha perso la sua immortalità, tutto avviene nel presente e poi sparisce e si trasforma. Perciò non m’illudo di lasciare una traccia, posso solo cercare di comunicare ciò che vedo e penso attraverso il filtro delle mie letture.”

Sonia Strukul “ Quando usi il colore è sempre parco, la gamma dei colori è ristretta, la tua palette si muove sui toni del blu / grigio, tutto è sfumato nebbioso le immagini si sfaldano, si sciolgono, da qui ne risultano dei dipinti intimi, malinconici, sembrano dei ricordi che affiorano che emergono dall’inconscio.

Sono sempre paesaggi invernali, alberi spogli, perchè questa scelta, cosa vorresti venisse percepito da chi guarda una tua opera, in questo caso mi riferisco ai pastelli o agli oli?”

Graziella Da Gioz  “Il colore è modulato con tonalità chiaroscurali per esaltare la luce e l’ombra. Anche quando lavoro sulle tonalità dei colori caldi (I temi del fuoco, degli alberi e i paesaggi in autunno) uso quasi sempre una gamma di colori tonali: cerco l’atmosfera; come tu dici, i miei dipinti diventano “intimi, malinconici, sembrano dei ricordi che affiorano che emergono dall’inconscio”.

Quando prendo in esame un argomento, un tema, per esempio la visione del Piave dall’alto, m’immagino il tipo di atmosfera, i vari elementi che lo compongono (la struttura dello spazio, la luce e l’ombra, i colori…). Mi distacco dal reale e cerco di esprimere una particolare suggestione attraverso le varie tecniche. Anche la luce e l’ombra sono elementi fondamentali, insieme alla penombra. Sono importantissimi perché oltre ad essere elementi del paesaggio assumono una forte componente psicologica, non sono solo elementi fisici e concreti.

L’ombra ci riporta al silenzio, al mistero, si fa forma e contrasta con lo spazio luminoso, lo definisce, sia nell’incisione che nella pittura.

Da sempre ci sono persone che mi scrivono per esprimere le emozioni e riflessioni che i miei quadri suscitano e mi stupisco della capacità di comunicare che ha ancora la pittura, nonostante sia così messa ai margini.

Non solo mi esprimo attraverso la pittura, ma è anche la pittura che cambia la mia percezione del mondo, si trasforma con il passare del tempo e m’insegna a vedere le infinite sfumature del colore, le possibilità teatrali della composizione, l’espressione sublime della luce. Tutto ciò sembra piccolo e limitato, ma è tuttora una pratica che dà senso ai miei giorni. Ogni quadro è un’avventura dove incontro errori e fallimenti, dove misuro i miei limiti, dove ancora trovo margini d’invenzione.”

Voglio ricordare la personale Di Graziella Da Gioz:  TI PROTENDI AL SILENZIO (da Meteo di Andrea Zanzotto) Dal 5 al 20 marzo 2022

 Casa del Musichiere Via Manzoni,2 Moriago della Battaglia (TV)

Per maggiori approfondimenti su Graziella Da Gioz

https://www.dagioz.com

 

 

Redazione Radici

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