Il primo manifesto del futurismo in palazzo maffei a verona

Il primo manifesto del futurismo in palazzo maffei a verona
 “(…) È dall’Italia, che noi lanciamo pel mondo questo nostro manifesto di violenza travolgente e incendiaria, col quale fondiamo oggi il “Futurismo”, perché vogliamo liberare questo paese dalla sua fetida cancrena di professori, d’archeologhi, di ciceroni e d’antiquarii. (…) Ritti sulla cima del mondo, noi scagliamo, una volta ancora, la nostra sfida alle stelle!…”.
Il 20 febbraio del 1909 la pubblicazione del Manifesto del Futurismo sulla prima pagina del quotidiano francese Le Figaro sancisce la notorietà internazionale del movimento che agli inizi del novecento s’impone in Italia, pervadendo tutte le arti, quale reazione alla cultura borghese di fine ottocento e autentico inno alla modernità.
Da quel giorno i principi e gli obiettivi del Futurismo – unica avanguardia artistica del XX secolo di matrice italiana, una delle forme d’arte più importanti del cosiddetto secolo breve – vengono annunciati al mondo.

Una copia originale del famoso Le figaro con il Manifeste du Futurisme elaborato del poeta Filippo Tommaso Marinetti è esposto, dal 19 febbraio scorso, a Palazzo Maffei-Casa Museo a Verona, nella sala che raccoglie alcune delle opere futuriste più significative della Collezione Carlon.

Un ulteriore arricchimento del patrimonio documentario del Museo che emoziona per il valore simbolico della pubblicazione parigina, che di fatto segna la nascita del movimento.

Anche la città di Verona ebbe un ruolo di primo piano nella divulgazione dei principi futuristi perché l’Arena, quotidiano scaligero, fu uno dei sette giornali della penisola a lanciare il Manifesto di Marinetti in anticipo di almeno una decina di giorni rispetto a Le Figaro. A testimoniarlo a Palazzo Maffei sarà il facsimile della prima pagina dell’Arena del 9 febbraio 1909, rinvenuta negli archivi storici del quotidiano, grazie alla collaborazione del Gruppo editoriale Athesis, e ora affiancata nel percorso museale al giornale francese.

“Il movimento Futurista ha sempre affascinato mio padre per la sua portata innovativa”, spiega Vanessa Carlon, direttrice di Palazzo Maffei. “Ecco perché un nucleo importante della collezione è dedicato ai maggiori protagonisti del movimento. Le sale dedicate al Futurismo si aprono con un’opera quasi programmatica di Mario Schifano che riprende e reinterpreta una fotografia famosa del 1912, realizzata proprio per “Le Figaro”, con Russolo, Carrà, Marinetti, Boccioni e Severini, in occasione della loro prima mostra a Parigi. A Palazzo Maffei il pubblico trova opere di tutti questi artisti, mancava solo l’ideologo del Futurismo, Marinetti, ed ora è anche lui”.

La rivoluzione tecnologica che caratterizza i primi decenni del Novecento aveva determinato negli artisti l’urgenza di rompere con il passato, imponendo una concezione della vita e dell’arte ri-fondate su nuove istanze, nuovi valori e rinnovate modalità di linguaggio. “Noi vogliamo cantare l’amore del pericolo, l’abitudine all’energia e alla temerità”, si legge nel primo punto del Manifesto.

Tante le eccellenze da segnalare nelle sale del Futurismo a Palazzo Maffei, ma una menzione particolare spetta al nucleo davvero importante di lavori di Giacomo Balla, tra cui “Compenetrazioni iridiscenti 1” del 1912, che vede l’artista futurista impegnato nella resa del dinamismo e delle rifrazioni luminose, evocando le sequenze delle onde elettromagnetiche attraverso moduli geometrici, e “Mercurio che passa davanti al sole” del 1914.

“Linea di velocità e vortice” è invece una sorta di installazione in ottone cromato ideata da Balla negli stessi anni, ma realizzata intorno al Trenta, quando l’artista si mostra vicino alle posizioni degli aeropittori e alle loro formulazioni su tela di strutture a vortice dinamico nello spazio.

Significativo anche “Linea-forza del pugno di Boccioni”, probabile cartone preparatorio per un arazzo progettato per l’Exposition des arts decoratifs di Parigi del 1925. Colpito dalla morte improvvisa di Umberto Boccioni nel 1916, Balla “disegna una sagoma grafica che sintetizza il pugno che l’amico, simbolicamente, aveva sferrato al passatismo e al “ventre molle” della borghesia”.

Boccioni si era spento inaspettatamente per una caduta da cavallo nel corso di un’esercitazione militare al Chievo, a Verona, in località Sorte: la salma dell’artista, tra i grandi protagonisti della stagione futurista, è tutt’ora sepolta nel cimitero monumentale della città scaligera.

Redazione Radici

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