Maria Manetti Shrem: la carismatica filantropa dei due mondi

Maria Manetti Shrem: la carismatica filantropa dei due mondi
di Mauro Aprile Zanetti

”Che emozione poter contribuire allo sviluppo di un’istituzione culturale internazionale come il Teatro del Maggio Musicale Fiorentino. A 15 anni mi sono innamorata dell’opera e della musica classica ascoltando la Tebaldi cantare nella Bohème”.

Maria Manetti Shrem è un fiume in piena, come al solito, ma oggi più straripante di gioia che mai, un vulcano di felicità”.
““E quale privilegio e grandissimo onore adesso vedere il mio nome e quello di mio padre umilmente accanto a quello del Maestro Zubin Mehta, che a questa prestigiosissima istituzione di Firenze ha dedicato oltre mezzo secolo della sua vita”.

La filantropa italo-americana ha appena dato l’ok per un’importante donazione per l’inaugurazione del nuovo Auditorium del Parco della Musica di Firenze: mezzo milione di euro. Il capoluogo Toscano avrà finalmente anche un auditorium dedicato alla musica sinfonica. “Quando il sovrintendente Alexander Pereira e il sindaco Dario Nardella lo scorso ottobre mi hanno chiesto di aiutarli per completare questo progetto meraviglioso nella mia adorata Firenze, immediatamente il cuore mi si è aperto. Anche se per il 2021 il mio budget destinato alla beneficienza era già stato assegnato, ho deciso di fare questa donazione eccezionale.

Mi ha riempito particolarmente di gioia sapere che subito dopo il nostro incontro, Pereira, volato insieme al sindaco a Dubai per l’Expo, sia riuscito a raccogliere altre donazioni facendo leva sulla mia”.

Maria – come preferisce farsi chiamare lei con rigorosa pronuncia all’italiana da chiunque la frequenti a San Francisco o a New York, a Los Angeles o a Londra, precisando: “sono stata prima Maria Manetti De George, poi Maria Manetti Farrow e ora Maria Manetti Shrem, ma io sono sempre e solo Maria, chiamatemi Maria!” – è animata da autentico sacro fuoco che la proietta sempre verso il nuovo, la scoperta e il continuo apprendimento come una bambina.
In un caftano creato per lei dai suoi prediletti stilisti dell’haute couture e del “fatto a mano in Italia”, Dolce & Gabbana, Maria va e viene mentre mi parla per il salone che guarda nella Baia di San Francisco dal Golden Gate Bridge, all’isola di Alcatraz fino alle morbide colline di Berkeley.

La sua figura si “incastona” magicamente come un diadema tra due dipinti della preziosa collezione di famiglia: un Francis Bacon del 1957, Gorilla Skull; e un Pablo Picasso del 1964, Femme nue couchée, jouant avec un chat.
Difficile tenere il suo passo, si muove velocemente tra una stanza e l’altra, un altro progetto e una nuova idea mentre detta all’assistente e-mail e nuove correzioni, digitando sul suo smartphone, parlando al telefono, organizzando decine di pacchetti regalo di Natale per i familiari, gli amici e i dipendenti, aggiustando dettagli con la matita sulla sua fittissima agendina cartacea dalla quale non si separa mai. Già ad ottobre il calendario degli impegni di Maria per l’anno nuovo è completo, potendo vedere con un colpo d’occhio su una pagina excel che trascorrerà più o meno 6 mesi in viaggio tra Firenze, il Belpaese in generale per visite guidate con il FAI, la Gran Bretagna, l’Europa e il resto del pianeta; gli altri sei mesi in California, tra San Francisco, Napa, UC Davis e Los Angeles, e sulla East Coast principalmente a New York: ovunque gli impegni delle numerose beneficienze a sostegno dell’arte e della musica operistica e sinfonica, e le rispettive performance dei suoi giovani protégé la condurranno.

Guarda caso la scintilla che ha illuminato definitivamente Maria verso la possibilità della beneficienza al nuovo Teatro del Maggio Musicale Fiorentino è venuta magicamente da un’opera, Traviata, andata in scena a cavallo tra settembre e ottobre con un poster di promozione alla Man Ray, alquanto “scandaloso” per i gusti dei melomani più ortodossi a Firenze, mostrando Nadine Sierra a schiena nuda.

Il prediletto soprano di Maria, di cui è amica e mentor, avendola “scoperta” e sostenuta con un suo programma dedicato alle emerging stars alla San Francisco Opera, si esibiva per l’ultima replica alquanto surreale visto che gli orchestrali avevano optato all’ultimo minuto di scioperare, lasciando dunque i cantanti (tra questi anche un amico di Maria di lunga data, Placido Domingo) accompagnati al piano e “diretti” dal Maestro Zubin Mehta dinanzi a un’impresa non proprio semplice, ma che alla fine hanno eseguito in maniera eccelsa come è vero che il pubblico gli ha tributato diverse standing ovation a scena aperta. A tarda notte seguì una cena con il cast in cui con un brindisi Maria e Pereira fissarono l’appuntamento a tamburo battente per il giorno dopo. Il resto è già colonna sonora per un film a venire.

“Adesso il ruolo più importante della mia vita è motivare i giovani, sostenere i talenti e le persone più bisognose, dedicandomi completamente alla filantropia — sottolinea Maria – ispirando persone anche ben più facoltose di me a fare beneficienza, perché credo fermamente che l’arte di vivere coincida con l’arte del donare. E questo sta già succedendo ovunque mi sono attivata. Ringrazio il nostro Signore che mi dà continuamente la forza, l’energia positiva e l’entusiasmo affinché tutto questo continui.” Maria parla della morte con assoluta leggerezza e distacco divino da ogni bene materiale, aggiungendo con il suo sorriso solare e imperturbabile quanto sia determinata a voler “dare con la mano calda e non con la mano fredda dopo che sarò morta.”
Lo scorso ottobre Maria era venuta a Firenze per una intensissima settimana che la vedeva coinvolta su molti altri fronti un giorno dietro l’altro, iniziata con l’inaugurazione dell’anteprima della mostra di Jeff Koons, Shine, curata da Arturo Galansino e Joachim Pissarro a Palazzo Strozzi dove Maria ha fatto da madrina alla serata per riconoscere a Koons il premio Renaissance Person of the year 2021.

Fatto più unico che raro in Italia, dove solitamente le donazioni e il supporto per mostre, eventi e/o lavori di imponenti ristrutturazioni ai beni culturali vengono tutt’al più sostenute da istituzioni o grandi imprese, non da privati. Invece, un battito di ciglia, un salto nel tempo, come 600 anni prima nel Rinascimento, ancora a Firenze eccoci di fronte a un artista e un mecenate: Jeff Koons e Maria Manetti Shrem. Due giorni dopo con una cerimonia moderata dal direttore del Museo 900, Sergio Risaliti, ospitata dal sindaco Nardella nell’incantevole Salone dei Cinquecento, la filantropa italo-americana ha ricevuto il “Premio Rinascimento +” insieme ad altri emeriti che si sono distinti nel collezionismo dell’arte internazionale, quali: Gemma De Angelis Testa, Margherita Stabiumi, Leonid Mikhelson, Giuliano Gori e Heiner Friedrich. Maria — che, oltre al collezionismo, ha anche creato un museo a UC Davis in California con tanto di area dedicata alla pratica come si faceva nelle botteghe dell’arte fiorentine, per recuperare una tradizione artistica di oltre 60 anni che riguarda alcuni dei nomi più importanti dell’arte contemporanea, quali Wayne Thiebaud, Manuel Neri, Bruce Nauman e Robert Arneson, solo per citarne alcuni — ha rappresentato nella fattispecie la voce della filantropia e del mecenatismo nella più nobile delle tradizioni Medicee vista la sua attività di beneficienza a 360 gradi con cui da oltre un quarto di secolo sostiene le arti.

“Nella vita riconosco tre grandi tempi”, aveva dichiarato Maria, ricevendo il premio molto emozionata sotto gli imponenti 42 dipinti coordinati da Giorgio Vasari mezzo millennio prima. “Il primo essenziale per l’istruzione e l’apprendimento; il secondo dedicato con abnegazione al lavoro; e infine il terzo quando, avendo magari raggiunto un importante successo, si può finalmente dare agli altri, aiutando sia i talenti, sia i più bisognosi e meno fortunati di noi”.

Maria Manetti Shrem non si limita di fatto solo a fare tanta beneficienza e in maniera continuata, bensì ispira e trascina molti altri benestanti a emulare le sue azioni filantropiche. Prova recente dell’eccezionale carisma e forza ispiratrice di Maria è stata sempre qualche giorno dopo a Firenze quando ha messo insieme Dolce & Gabbana con Andrea Bocelli Foundation per un fundraiser a supporto della scuola di formazione presso l’ospedale per bambini, Meyer.

Sì, perché quando Maria chiama per una causa il suo network internazionale risponde prontamente. In molti hanno sostenuto la bellissima serata partecipata fino al tutto esaurito nell’incantevole sede del Complesso San Firenze, comprando anche in collegamento telefonico da New York i pezzi offerti all’asta da Giuseppina Cannizzaro, direttrice dell’alta moda di Dolce & Gabbana.
Oggi Maria Manetti Shrem e il marito Jan Shrem supportano circa 30 programmi di beneficienza tra Stati Uniti, UK e Italia, sostenendo i settori dedicati a: l’istruzione con programmi d’arte per ospitare 18 “artists in residence” per 3 anni a UC Davis e programmi di interscambio con la Royal Drawing School di Londra; la promozione dell’insegnamento della lingua italiana e della musica nelle scuole pubbliche americane; la musica sinfonica e operistica tra il MET Opera di New York, la San Francisco Opera e la Davies Symphony Hall di San Francisco, il Maggio Musicale Fiorentino, il Napa Fest, Cal Performances, KQED Public Television Arts Programming and KQED Public Radio; i musei come Palazzo Strozzi, San Francisco MoMA e Manetti Shrem Museum of Contemporary Art; l’ambiente naturale con parchi ricreativi pubblici quali, il nuovissimo Francisco Park, il cui orto comunitario porta il nome di Maria Manetti Shrem; il patrimonio culturale italiano (FAI), di cui Maria è un’ambasciatrice di primo ordine nel mondo; e la ricerca medico-scientifica, con l’obiettivo di creare centri di eccellenza internazionale rispettivamente per cardiologia al CPMC di San Francisco e neurologia a UCSF.

Questo ultimo, il primo centro al mondo che si occuperà di problemi neurologici di ogni sorta, verrà inaugurato con tanto di taglio di nastro da parte di Maria in una cerimonia che si celebrerà entro Aprile 2022, dove per l’occasione una sua carissima amica del mondo dell’opera, il soprano Renée Fleming si esibirà. Non sorprende dunque sentire che Sua Altezza Reale, Carlo, Principe di Galles, che la invita una volta l’anno a Buckingham Palace, la faccia sedere accanto a lui, la abbracci baciandola sulla guancia, arrivando a definirla “my heroine and my ultimate Italian”, essendo anche una delle maggiori donatrici della scuola di disegno della casa reale britannica co-fondata dal futuro Re insieme alla founding artistic director, Catherine Goodman.
Quest’anno è stato dunque un Natale molto speciale per Maria Manetti Shrem perché trascorso nella sua magica Firenze, che lasciò 50 anni fa, emigrando all’ultima frontiera californiana, San Francisco, per amore e non per bisogno economico.

Già alla soglia dei trenta anni, Maria aveva di fatto un’azienda di moda costruita da zero e perfettamente avviata insieme al primo marito De George; ma le capitò di essere colpita dalla saetta del dispettoso Eros e quindi di innamorarsi “out of the blue” a ciel sereno, dell’amore della sua vita, “the love of my life”, come ancora oggi lei chiama il suo secondo marito, Stephen Farrow: un Adone californiano, giovane architetto per il quale ebbe la sana follia di preferire l’incertezza della felicità alla certezza dell’infelicità.

Così sola, affidandosi ciecamente al suo cuore, Maria sfida il mondo: il primo marito (un testimone di Geova), la famiglia, la società italiana dove il divorzio non era ancora un diritto; lasciando le colline del Chianti con tanto di villa, personale di servizio, porcellana e lino, agiatezza e benessere per volare sulle colline di Berkeley. Va a vivere in una comune pervasa dalla cultura hippie della West Coast ben diversa da quella dell’Italia. Il ruolo della donna, per esempio, tra il Belpaese e San Francisco era enormemente diverso già a quell’epoca, vibrando ancora della grande eco della summer of love, della controcultura americana della beat generation e dei San Francisco Values in difesa della libertà di espressione e per l’apertura mentale e culturale, e per il supporto ad ogni minoranza.

Maria ricomincia la sua vita da sottozero proprio nel mondo della moda, prima lavorando nei department stores dei Magnin, scalando in men che non si dica fino al soffitto di cristallo. In pochi anni Maria “insegna il life style agli americani”, e così decide con “massima determinazione, non ambizione” — come ama precisare lei — di fondare la propria azienda, Manetti Farrow, con cui crea un sistema assolutamente nuovo di distribuzione della moda “Made in Italy”, organizzando l’internazionalizzazione delle collezioni e persino dei corner su come esporre, presentare e vendere nel minimo dettaglio localizzato in America, mettendo il cliente al centro del successo del business.
Arriva a firmare così un contratto di esclusiva per tutti gli accessori Gucci con la benedizione del numero uno della casa fiorentina, Aldo Gucci, suo massimo stimatore, che crede dal primissimo momento nel sistema ideato su misura dalla sua concittadina fiorentina, Maria Manetti.

Bruna Palombo Gucci, seconda moglie di Aldo Gucci, riconoscendone il flair unico per il business come quello del marito, non a caso la battezza “Aldo Gucci in gonnella.” Il marchio Gucci decolla esponenzialmente negli Stati Uniti. Maria contribuisce così al successo planetario di Gucci negli anni ’80 come marchio indiscusso soprattutto per gli accessori, che diventano un must di stile internazionale. Ridley Scott e la sua produzione avrebbero molto probabilmente potuto beneficiare di una conversazione con Maria per meglio inquadrare alcuni dettagli dell’epica di Casa Gucci. E chissà che Maria non avrebbe anche illuminato di autentica italianità (non solo per l’accento) le interpretazioni di Al Pacino, di Lady Gaga, Adam Driver, Jared Leto e Jeremy Irons!
Ma ecco che il dolore più profondo della vita di Maria arriva quando il suo matrimonio con Stephen Farrow finisce. Maria aveva fatto in tempo a vendere l’azienda, allertata anche dai primi segnali dello tsunami crescente della crisi in atto per la successione dei Gucci con la presa di potere da parte di Maurizio Gucci. A metà degli anni ‘90 Maria è sola, profondamente addolorata e ferita a morte: l’amore della sua vita, per il quale aveva abbandonato tutto, ora era venuto meno. Deve imparare di gran corsa a gestire i suoi asset e il suo cuore crudelmente infranto.
È così che si avvicina al buddismo, dedicandosi alla meditazione, ai viaggi e allo studio dell’arte grazie anche all’aiuto degli amici, Pam e Dick Kramlich, esperti e impari collezionisti di arte contemporanea.

Ha inizio in maniera sempre più sistematica l’attività filantropica di Maria, partendo dall’Opera di San Francisco, dove come racconta il direttore generale, Matthew Shilvock, la barra era stata alzata così in alto dal fondatore e conduttore, Gaetano Merola, e dai suoi colleghi (quasi esclusivamente tutti uomini), da apparire molto difficile persino poter fare qualcosa di simile dopo di loro.
Ed ecco invece, Maria, rilanciare con continuità e audacia programmi a sostegno di uno dei più antichi e prestigiosi teatri operistici d’America. Maria diventa via via l’amica più stretta di tanti nomi della scena operistica internazionale come il direttore d’orchestra russo, Valery Gergiev o per citare il gigante dei tenori della fine ‘900, Luciano Pavarotti, e così anche di tanti nuovi e giovanissimi musicisti. Nessuno di questi arriva a San Francisco senza sedere prima a pranzo da Maria, per godere della sua cucina italiana, i cui ortaggi sono orgogliosamente serviti a tavola direttamente dal suo orto di Villa Mille Rose – la più importante villa e proprietà di Napa creata da lei negli anni ’80 —, sapendo i suoi amici artisti di poter trovare una famiglia da lei, mentre soli e lontani dai loro cari. Si può forse capire meglio perché il tenore, Michael Fabiano arrivi a dichiarare che lui per Maria sarebbe “pronto ad attraversare gli oceani in kayak.”
Per l’occasione dell’inaugurazione dell’auditorium del Maggio Musicale Fiorentino è stato presente anche il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, all’ultima missione del suo mandato. Per Maria un’occasione ancora più bella per poter ringraziare di persona il presidente Mattarella che nel 2019 le conferì, tramite gli allora rispettivamente ambasciatore d’Italia, Armando Varricchio, e console generale, Lorenzo Ortona, il titolo di “Grande Ufficiale dell’Ordine della Stella d’Italia” per “l’esemplare contributo nella promozione del ‘Made in Italy’ in Nord America, in combinazione con la sua attività filantropica a supporto della cultura, della lingua e degli artisti italiani in America.”

Il sindaco di Firenze, Dario Nardella, che le ha ufficialmente comunicato di volerle conferire le chiavi della città di Firenze, non potrebbe fare gesto più nobile riconoscendo il grande bene che questa eccellente fiorentina emigrata in America ha creato e continua a creare nel mondo: apportando un impatto sociale e culturale che si fonda sul dono al prossimo, incoraggiando i più giovani a non smettere mai di sognare e ad ascoltare la voce del proprio cuore per vivere la vita da protagonisti, perché come ci ricorda Maria: “Se nella vita si fa il lavoro che si ama, non si lavorerà mai un giorno”.

Redazione Radici

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