‘Ishq’amore,malattia d’amore

‘Ishq’amore,malattia d’amore

Di Daniela Piesco Vice Direttore Radici

Tale brama d’amore che nel mio cuore
si è insinuata versa sui miei occhi
densa nebbia rubando dal petto l’anima fragile.

Archiloco,Frammento 191 W.

L’amore è una malattia,e forse non è solo un modo di dire.

C’è un destino che malinconicamente non fa incontrare ma c’è un destino più tragico che fa incontrare ma poi separa più dolorosamente,per il quale ci si addentra in un roveto che pare non finire mai e che certamente non si prevede che si sciolga in un roseto, per citare Ginevra Bompiani.

L’ammalato d’amore ha d’altronde a sua volta un’altra e nuova possibilità,quella di leggere nel poeta il suo dolore e vederlo per tanto riconosciuto,cantato con la prosodia e verbalizzato con le parole, non più isolato,inspiegabile.

Il superamento della dimensione privata è una delle chiavi dell’elaborazione del lutto amoroso ed è la spinta a scrivere se è vero,come diceva Simone de Beauvoir,che si scrive quando qualcosa non va e si sta male,ma anche a leggere.

Farsi rapire dall’amore come Assoluto.

Come non ricordare, andando più indietro nel tempo,nel 1771, I dolori del giovane Werther di W.J.Goethe

Werther è un giovane colto e raffinato, ma insofferente verso le convenzioni sociali e una netta propensione a farsi rapire dai sentimenti in maniera assoluta.

Werther appare come un’anima innocente, che non cerca una vita tranquilla, ma quella felicità totale che solo l’amore potrebbe dargli. Questo aspetto lo rende estremamente fragile, essendo in definitiva legato alle decisioni di qualcun altro,cui ha affidato la sua intera vita.

Werther è capace di amare e lo fa donando ogni attenzione e pensiero a Lotte,ma lei non può ricambiare e lo costringe a uno stato di frustrazione continua,dalla quale neanche Werther riesce realisticamente a immaginare un’uscita serena.

Amore e malattia nella poesia greca e latina.

Già nell’antica cultura greca che ha fondato la nostra civiltà,l’amore era descritto talvolta come una malattia che avvicina alla morte,un sentimento violento,che, quando non è appagato, “scuote l’anima”. E la induce alla disperazione. Saffo dichiara di preferire la morte alla vita, poichè ha perduto la fanciulla amata.

E così esclama:
Ermes, io lungamente ti ho invocato. / In me è solitudine: tu aiutami, / despota, ché morte da sé non viene; / nulla m’allieta tanto che consoli. // Io voglio morire: / voglio vedere la riva d’Acheronte / fiorita di loto fresca di rugiada” (fr. 95 V).

Questi versi hanno alimentato il mito, diffuso da Ovidio,del suicidio di Saffo per l’amore non corrisposto di Faone.

Da Ovidio il mito passerà a Leopardi, a Baudelaire, a Pavese e così via..

L’amore è,dunque,causa di follia, come dichiara esplicitamente Saffo nella famosa Ode ad Afrodite (fr. 1 V.)

Diviene sentimento abnorme, violento, distruttivo,nella tragedia:si pensi a figure come Fedra o Medea o Clitennestra .

Il sentimento d’amore come passione scuote le membra, e incute paura, è motivo diffuso nella poesia greca arcaica, soprattutto in Mimnermo e Ibico.Invero è  stemperato, sebbene ancora intenso, in Archiloco e Teognide.

L’amore induce  anche alla pazzia.

L’amore è sofferenza,e i poeti ne descrivono i sintomi, la malattia:si pensi all’Antigone di Sofocle, oppure alla Fedra di Euripide..

Ma amare è pur sempre una cosa buona

L’ amore è difficile. Perciò i giovani, che sono principianti in ogni cosa, non possono ancora conoscere l’amore: devono impararlo. Con tutto il loro essere, con tutte le loro forze, raccolte intorno al loro solitario, timido e ribelle cuore, devono imparare ad amare.

Ma il tempo dell’apprendimento è sempre un tempo lungo, isolato, e così amare, che per tanto tempo precede la vita ed è lontano da questa, è solitudine, intensificata e intensa solitudine per colui che ama. L’amore all’inizio non è qualcosa che significa fusione, abbandonarsi e unirsi a un altro, è un alto stimolo all’individuo per maturare, per diventare qualcosa in se stesso, per diventare mondo, per diventare molto per se stesso per l’interesse di un altro, è una grande impegnativa richiesta a se stesso, qualcosa che sceglie e chiama il giovane a cose vaste.

Solo in questo senso, come l’attività di lavorare per se stessi, i giovani potrebbero usare l’amore che gli è dato. Fondersi e abbandonarsi e qualsiasi tipo di comunione non fa per loro (che devono risparmiarsi e raccogliere per tanto, tanto tempo ancora), è la cosa ultima, è forse quella per cui le vite umane non bastano ancora”.

(R.M. Rilke ,Settima lettera al suo giovane amico, maggio 1904).

L’amore diviene malattia

A partire dal quarto secolo dell’era cristiana,per merito di Galeno,la problematica sull’amore,che fino ad allora aveva avuto un approccio prevalentemente psicologico si arricchisce di elementi desunti dalla tradizione medica .

L’amore in quanto malattia non interessa più soltanto i filosofi,ma entra a far parte del curriculum medico ufficiale:se ne studiano le cause,i sintomi,i possibili metodi terapeutici.Nella vasta epitome medica intitolata Al-Qanun fi’t-Tibb(Canone)di Avicenna si trova la più completa disquisizione in lingua araba sulla malattia d’amore chiamata ishq.

La parola deriva tradizionalmente dalla radice verbale Asaq (‘attaccare,attaccarsi a’)connesso al nome Asaqah che denota una specie di edera che si attorciglia agli alberi.Nella sua interpretazione classica più comune ishq si riferisce al desiderio irresistibile di ottenere il possesso dell’amato(ma’shuq)esprimendo una mancanza che l’amante (Ashiq)deve porre rimedio al fine di raggiungere la perfezione(Kamal)

Egli definisce l’amore come un pensiero assiduo di natura malinconia ,che nasce a causa del continuo pensare alla bellezza ,alle fattezze,ai gesti o ai costumi di una data persona.

I sintomi della malattia d’amore

I sintomi dell’ammalato sono ben definiti:occhi cavi ma senza lacrime ,moto continuo delle palpebre sempre pesanti per i frequenti sospiri e le notti insonni,respiro irregolare e profondo.L’ammalato ora ride,ora piange,a seconda che pensi di poter raggiungere la persona amata o che ascolti canzoni d’amore o si ricordi del giorno del ripudio o della sua partenza.

Secondo Avicenna,per riscontrare la malattia sarà necessario toccare il polso dell’ammalato,e pronunciare molti nomi ripetutamente.Quando il ritmo del polso cambia radicalmente significa che il nome appena pronunciato è quello della persona amata.Si passa quindi ad indagarne i particolari:l’aspetto, ciò che fa,la sua stirpe,fino a quando si conosceranno abbastanza dettagli per identificare di chi si tratti.A quel punto non resterà che unire i due innamorati.Se ciò non fosse possibile sarà necessario distrarre il paziente dandogli da bere vino,facendogli ascoltare della musica o dei versi,portandolo a vedere giardini pieni di luce,profumi e frutti,intersecati da chiari ruscelli con acqua corrente.Sarà necessario che si intrattenga in colloquio con amici,che passeggi con donne e uomini di aspetto piacevole e che faccia spesso bagni ,in quanto il bagno predispone letizia.

(Da la malattia d’amore , dall’antichità al Medioevo di Massimo Ciavolella 1976)

Nel tempo e nello spazio..

È come se,nel tempo e nello spazio, ci fosse un luogo che è pieno di questo amore,a prescindere,e le persone che dovrebbero occupare quel luogo non lo occupano.

Ma quell’amore c’è,e quelle persone ci sono.È come una stanza pronta per gli amanti, senza gli amanti.

Italo Calvino,ne “Il castello dei destini incrociati” dice al riguardo : «È in cielo che tu devi salire, Astolfo, su nei campi pallidi della luna, dove uno sterminato deposito conserva dentro ampolle messe in fila, le storie che gli uomini non vivono, i pensieri che bussano una volta alla soglia della coscienza e svaniscono per sempre, le particelle del possibile scartate nel gioco delle combinazioni, le soluzioni a cui si potrebbe arrivare e non si arriva».

San Valentino e la sua sindrome

Esiste la Sindrome di San Valentino?
Purtroppo si .Questa sindrome si manifesta come un malessere che molte persone sentono con l’approssimarsi della Festa degli Innamorati e che spesso dipende dal fatto di non avere trovato la persona giusta (per chi è in coppia) o dal senso di esclusione da questa festa (per chi è single),secondo gli psicologi e gli analogisti .

Ma sia per chi è in una relazione che per chi è single,proseguono gli psicologi,altrettanto spesso la ragione per cui si manifesta la Sindrome di San Valentino è legata alla”filofobia”: ossia quell’angoscia che alcuni provano all’idea di innamorarsi e intraprendere una relazione duratura.

Filofobia è dunque «paura di amare»,un disagio emotivo che nei casi più gravi porta ad una condizione di inibizione e di introversione cronica, fino ad arrivare all’apatia ed all’alienazione dai legami familiari e sociali. Una condizione emotiva che può dunque apportare grandi difficoltà nel costruire relazioni sane e durature.

È come se invece di amare si congelassero i propri sentimenti e si avesse paura di fronte alla prospettiva di potere incontrare e uscire con qualcuno. I sintomi possono anche essere evidenti: battito cardiaco irregolare,mancanza di respiro, sudorazione,nausea ed un intenso bisogno di fuggire dalle situazioni concrete o anche solo ipotizzate con un potenziale partner, esplicita Giuseppe Gambardella.

E purtroppo sono soprattutto i giovani ad esserne colpiti ,spesso inconsciamente,come meccanismo di difesa dal dolore,perché amare significa mettersi a nudo e mostrare le proprie fragilità,”donando se stessi” e mettendosi in gioco fino in fondo.

Sta a noi ..

Vorrei terminare con una piccola riflessione.Bisogna continuare ad aver fede nell’amore e non bisogna mai chiudere il cuore perché la verità è che tutti ci faranno del male.

Sta a noi decidere per chi vale la pena di soffrire.

Daniela Piesco 

Redazione Corriere Nazionale

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