Le opere da non dimenticare degli italiani in Kenya: presentato il volume di Aldo Manos pubblicato dal Comites
“Il recupero della memoria degli italiani in Est Africa è un’opera che assume sempre più valore, sia per la distanza ormai incolmabile tra gli avvenimenti storici del secolo scorso e l’immaginario collettivo sia per la difficoltà nel reperire testimonianze in paesi che cambiano fisionomia con la velocità della luce. Con questo spirito”, spiega Freddie del Curatolo sul portale in lingua italiana da lui diretto Malindikenya.net, “il Comites Kenya ha finanziato la pubblicazione di un volume dello studioso Aldo Manos, illustre professore che fu tra i fondatori dell’ufficio delle Nazioni Unite in Kenya, che riguarda le opere dei prigionieri italiani in Kenya.
Il libro, dal titolo “Contributo di italiani alla costruzione del Kenya moderno, 1941-1947” edito in italiano ed in inglese, riporta alla luce e fa conoscere a connazionali e soprattutto ai keniani strade, ponti, dighe, chiese, canali di irrigazione, città giardino, case private, macchinari, motori ed altro ancora che portano la firma della creatività di cittadini italiani che erano detenuti in campi di prigionia e di lavoro durante la seconda guerra mondiale. Molti di loro non hanno ancora un nome e un cognome, come invece accade per quelli che perirono per le condizioni ben poco agevoli a cui erano costretti, per malaria o altre malattie o di lavori troppo duri. Altri sono sopravvissuti e hanno proseguito la loro avventura africana, contribuendo con la loro professionalità ad ammodernare un Paese che si stava avviando all’indipendenza.
L’importanza del documento frutto delle ricerche di Aldo Manos è stata certificata anche dall’ambasciatore d’Italia in Kenya Alberto Pieri, che ha voluto presentare il volume nella sua residenza, davanti a membri del Comites e pochi invitati per via delle restrizioni ancora in vigore sugli eventi pubblici, e ha anche scritto la prefazione.
“L’opera del professor Manos è un esempio di come le storie degli italiani all’estero possono offrire chiavi di lettura interessanti ed inedite di un determinato periodo storico e spesso si inseriscono in maniera importante nella storia del Paese che li ospita”, ha detto Pieri. “Molte delle costruzioni menzionate in questo libro sono ancora visibili e in buono stato, segno che nonostante le condizioni a cui i nostri connazionali erano sottoposti, le loro differenti attitudini e capacità risaltano come riscontriamo spesso negli italiani all’estero”.
L’accurato e capillare lavoro di ricerca di Aldo Manos non è solo un esempio di quanto gli italiani abbiano collaborato allo sviluppo del Kenya, a partire dai nostri prigionieri di guerra, ma si inserisce nel più ampio contesto del recupero e della conservazione della storia di due popoli, quello italiano e quello keniano, sia prima che dopo l’indipendenza del Paese. Manos, già autore di “Campo 360 Ndarugu“, alle soglie dei 90 anni con competenza e passione si occupa anche del sito internet prigionieriinkenia.org che riceve quotidianamente richieste, notizie, aneddoti e ricordi da parte di parenti di chi ha vissuto gli anni della Seconda Guerra Mondiale nel Paese africano, vi è morto, è riuscito a tornare in patria o ha deciso di rimanere in Africa.
“Quest’opera non rappresenta la conclusione delle mie ricerche – ha confermato lo studioso durante la presentazione di giovedì 16 dicembre –, ma deve costituire l’inizio di un lavoro di ricerca, di archivio e di recupero delle memorie di almeno 55 mila prigionieri italiani e delle loro famiglie che si inserisce nel contesto molto più ampio dell’intera storia dei nostri connazionali in Kenya. Per questo avremo bisogno della collaborazione delle istituzioni keniane e italiane, come avvenuto in questo caso con il Comites Kenya”.
Per fare un esempio delle connessioni che si possono creare tra studiosi e appassionati di storia del Kenya, il ricercatore anglo-keniano Tom Lawrence ha partecipato alla presentazione portando un bassorilievo ligneo prodotto durante la prigionia da un artista italiano detenuto, raffigurante un veliero, immagine riprodotta dai pacchetti di sigarette “Clipper“ fornite ai prigionieri nei campi di detenzione.
Soddisfazione anche da parte del presidente del Comites Bruno Giachino, che ha salutato la pubblicazione delle ricerche di Aldo Manos come un passaggio fondamentale per mantenere viva la memoria di migliaia di eroici conterranei.
“Come Comites abbiamo deciso all’unanimità di finanziare questo progetto”, ha spiegato Giachino. “Per noi l’opera di Manos è assolutamente necessaria, perché è la dimostrazione delle grandi e variegate capacità che da sempre hanno distinto il popolo italiano e la nostra nazione. Dobbiamo continuare a mantenere vivo il ricordo di coloro che si sono prodigati e che ancora oggi si prodigano, facendo onore alle proprie radici”.
La pubblicazione sarà disponibile, a titolo gratuito, presso alcuni punti di distribuzione che indicheremo prossimamente”.