Venezia: un viaggio per vivere la magia.

Venezia: un viaggio per vivere la magia.

Viaggio nelle regioni italiane rubrica ideata e curata da Daniela Piesco Vice Direttore Radici

Quante meraviglie sa regalare Venezia a chi ha voglia di coglierle? Tante, tantissime ,una fra tutte : rivivere l’emozione di vederla dal battello, quando il suo profilo si staglia all’orizzonte e si rimane per un attimo senza fiato. Venezia, sembrava galleggiare sull’acqua grazie a una arcana magia, e pare bellissima, anzi la città più bella del mondo.

Una città incredibile, costituita da un insieme di 118 isole unite da oltre 400 ponti e separate dai canali che fungono da strade, percorsi da barche e gondole.

Venezia è una città affascinante per i numerosi tesori d’arte che custodisce: chiese, palazzi, musei, ponti.

Si potrebbe anzi dire che l’intera città è un’opera d’arte, un’opera unica al mondo che si è via via costruita in secoli di storia dal dominio, alla decadenza, alla rinascita.

Adagiata su un’ampia laguna, fra la terraferma e il mare in origine il territorio di Venezia era occupato da palafitte e abitato da popolazioni illiriche e venete, che vivevano della pesca e all’estrazione del sale.

Venezia è il piacere della scoperta, dove è facile perdersi fra i muri, i canali, i campielli.

Da secoli tra le più ammirate, raccontate e citate in ogni angolo della Terra. Eppure non finisce mai di stupire.
In ogni calle, in ogni ponte o ad ogni suo suggestivo angolo si cela sempre qualche particolare ricco di un fascino unico e speciale.
Per le peculiarità urbanistiche e per l’inestimabile patrimonio artistico, Venezia è annoverata tra i patrimoni dell’umanità tutelati dall’Unesco.

Non a caso è la città italiana con il più alto flusso turistico, in gran parte proveniente dall’estero.Capoluogo della regione e della provincia omonima, è stata per più di un millennio capitale della Repubblica di Venezia e conosciuta a questo riguardo come “la Serenissima”.

Il cuore della città è Piazza San Marco, dove campeggia la Basilica, colorata d’oro e rivestita da mosaici che raccontano la sua lunga storia, assieme ai bassorilievi che raffigurano i mesi dell’anno.

Il Palazzo Ducale sorge a fianco della Basilica: a unirli, la Porta della Carta, meravigliosa opera di Bartolomeo Bon, che oggi è l’uscita del museo che ha l’ingresso principale sul lato che guarda alla laguna.

Da vedere la Sala del Maggior Consiglio, che per secoli fu la più grande sede di governo del mondo, il Ponte dei Sospiri, le carceri e i Piombi.

Un altro simbolo della città è il Ponte di Rialto: opera di Antonio Da Ponte, sorse nel 1591 e rimase l’unico attraversamento fino al 1854, quando fu costruito il Ponte dell’Accademia

Senza andare troppo indietro nel tempo è bene ripercorre la sua grandiosa storia dall’Unità d’Italia ad oggi.

L’amministrazione comunale di Venezia, guidata dal sindaco Riccardo Selvatico, il 19 aprile 1893 deliberò l’istituzione di un’esposizione biennale d’arte, da inaugurarsi l’anno successivo. La prima esposizione della Biennale di Venezia fu così inaugurata il 30 aprile 1895, diventando uno degli appuntamenti più importanti dell’agenda culturale internazionale.

Nei primi anni del Novecento, la Serenissima assistette a delle trasformazioni rilevanti a livello territoriale e urbanistico. Nel 1917, un quarto del territorio di Mestre fu integrato al comune di Venezia, con la creazione del primo nucleo di Porto Marghera.

Nel 1933, fu costruito il Ponte della Libertà e il tratto stradale che conduce all’autostrada per Padova. Per unirla a Mestre, fu costruito Corso del Popolo e fu interrato un tratto del Canal Salso.

Nel dopoguerra, si assistette alla grande espansione edilizia della terraferma veneziana. Contemporaneamente si produsse l’esodo dal centro storico della gran parte della sua popolazione. Mestre vide una forte crescita demografica che divenne vertiginosa a partire dagli anni Sessanta, a seguito dell’alluvione del 1966, che mostrò la vulnerabilità delle case piano terra di Venezia.

L’11 settembre 1970, il centro storico fu colpito da una tromba d’aria di intensità stimata F4 sulla scala Fujita, che causò numerosi danni alla città e la morte di 21 persone.

Oggi la città vive del settore terziario e del suo ruolo di centro culturale italiano, anche grazie alla presenza della Biennale d’Arte e d’Architettura, della Mostra del Cinema e di centri universitari illustri come la Ca’ Foscari.

Malgrado ciò, la Serenissima assiste inerme a una irrefrenabile migrazione dei suoi abitanti, dal centro storico alla terraferma, per lo più a causa dell’impatto negativo del turismo di massa e dalle difficoltà logistiche della vita in laguna.

Abitare a Venezia significa essere costantemente sospesi tra due dimensioni: la terra e l’acqua.

Un po’ come essere sempre su una barca ormeggiata, ma senza rollio né beccheggio. Una barca sempre ferma, circondata dalla bellezza.

Tuttavia, è triste dirlo, abitare in una città unica al mondo non paga. Nel 2013 i residenti in centro storico sono scesi sotto i 58 mila abitanti, e il saldo tra morti e nuovi nati rimane a favore dei primi.

Di luoghi comuni sulla bellissima Venezia ce ne sono tanti: “sta morendo”, “sta affondando”, “è solo per ricchi”. In realtà si tratta, appunto, di luoghi comuni perché niente di tutto ciò è vero. È chiaro che si tratta di una città particolare, speciale per alcuni, e che quindi non può di certo piacere a tutti. All’acqua alta o alle problematiche che possono esserci nel vivere in una città affacciata sul mare, senza strade e in un alternarsi di viuzze strette e ponti, ci si abitua; ma alla stupefacente bellezza di questa meravigliosa città no e questo è proprio il bello. Per quanti anni si risieda a Venezia, essa appare comunque ogni giorno preziosa, fresca e affascinante ogni giorno.

Venezia non sta morendo, insomma, anche se sicuramente il numero di abitanti nel corso dei decenni è andato diminuendo. E non è nemmeno vero che sta affondando o, almeno, l’acqua alta è un problema che c’è sempre stato. Per quanto riguarda l’idea del fatto che vivere a Venezia sia una cosa per pochi eletti abbienti, anche qui, è un luogo comune visto che se si cerca bene, affindandosi a una buona agenzia si può trovare una casa a un prezzo assolutamente abbordabile.

Ma Venezia è anche una “capitale” del cinema.

La “Mostra internazionale d’arte cinematografica” di Venezia non è solo il festival italiano della settima arte, ma con il suo Leone d’Oro ha una reputazione pari alla Palma d’oro del festival di Cannes e all’Orso d’oro del festival di Berlino.

Il Palazzo del Cinema al Lido di Venezia è la sede principale della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica. Costruito a tempo di record secondo le tendenze moderniste dell’epoca, venne inaugurato il 10 agosto 1937 per la quinta edizione della Mostra. Rispetto al retorico monumentalismo del vicino Casinò, il Palazzo del Cinema, composto da una Hall e da una sala cinematografica con 1032 posti a sedere denominata Sala Grande, è una sintesi dei modelli razionalisti. Dell’originario edificio sono visibili oggi i due lati arrotondati e i prospetti laterali.

Sono iniziati nel 2016 e in corso di attuazione interventi a cura del Comune di Venezia per la sistemazione complessiva dell’area fronte il Palazzo del Casinò e il Palazzo del Cinema. In tale contesto è prevista la riqualificazione dell’area di accesso al Palazzo del Cinema con la realizzazione di una passerella permanente (tappeto rosso destinato alla sfilata degli attori e alle delegazioni dei film ). La Biennale sta proseguendo invece nel programma di riqualificazione della piazzetta sul lato di Via Candia al fine di ottenere un accesso secondario adeguato ad accogliere il pubblico e le delegazioni in uscita dal Palazzo del Cinema.

Venezia fa solo un effetto : rimane incastrata nel cuore.

Romantica, coinvolgente, pittoresca. Ed anche un po’malinconica, quel tanto che serve a conferirle maggiore fascino. Gli aggettivi per definire Venezia non bastano mai, e qualunque descrizione, anche la più esaustiva, non sarebbe in grado, attraverso le parole, di renderle piena giustizia. Perché Venezia va visitata, va “sentita” in prima persona, e contemplata nella sua infinita bellezza, una bellezza quasi “lontana dal tempo”.

Assai arduo, ed a tratti “imbarazzante” scegliere a cosa dedicarsi, quando si è in visita alla Serenissima ,sicuramente non può mancare oltre alla già citata  Piazza San Marco, il cuore di Venezia, con il grande piazzale su cui si affaccia la Basilica, che è forse l’immagine che resta maggiormente impressa,il Palazzo Ducale, il Canal Grande, la Torre dell’Orologio.

Elegante, preziosa, inimitabile, divertente, romantica: così è Venezia, gemma del panorama turistico veneto e italiano, dove chiese, palazzi, antichi ponti, monumenti e piazze raccontano la vivacità artistica e culturale che ha segnato e segna ancora la storia di questa città.

Poco distante da piazza San Marco si trova Campo Santo Stefano, con l’omonima chiesa.  I “campi” di Venezia sono delle piazze storiche, spesso abbellite al centro da monumenti di pregio e dominate da imponenti e splendidi edifici religiosi, da cui prendono il nome. Le vie, invece, qui si chiamano calli (il singolare è “calle”) che si snodano tra due file continue di edifici. I veneziani dicono che il modo migliore per conoscere la loro meravigliosa città è quello di imboccare una calle e di camminare con il naso all’insù, osservando tutto quello che si presenterà davanti… Senza guida, senza cartina e senza paura di perdersi, perché, come per incanto, si arriverà comunque sempre… a piazza San Marco!

L’anima di Venezia sono le sue maschere

La Storia delle Maschere di Venezia è un mistero, enigma, seduzione fa parte della città e ne reincarna l’essenza.Pochi sanno da dove nasce ed è una storia travagliata che segue quella della Serenissima Repubblica.

“Buongiorno Siora Maschera”, lungo le calli, per i canali e nei listoni era questo il saluto. L’identità personale, il sesso, la classe sociale non esistevano più e si entrava a far parte della Grande Illusione del Carnevale in un posto, unico al mondo, dove tutto può accadere, dove ogni scorcio non cessa di incantare. Nella cultura veneziana con il termine “maschera” si indica l’attività di “mettersi barba e baffi finti” e “maschera” era anche il soprannome dato alle donne che si travestivano da uomini e agli uomini che si travestivano da donne. Ben presto la maschera divenne simbolo della libertà e della trasgressione a tutte le regole sociali imposte dalla Repubblica Serenissima a Venezia…

La storia della maschera veneziana inizia già nel 1268, anno a cui risale la più antica legge che limita l’uso improprio della maschera: in questo documento veniva proibito agli uomini in maschera, i cosiddetti mattaccini, il gioco delle “ova” che consisteva nel lanciare uova riempite di acqua di rose contro le dame che passeggiavano nelle calli.

Gli artigiani che fabbricavano maschere erano chiamati maschereri fin dal tempo del Doge Foscari e possedevano un loro statuto datato aprile 1436. Appartenevano alla frangia dei pittori ed erano aiutati nella loro professione dai targheri che imprimevano sopra lo stucco volti dipinti, a volte di ridicola fisionomia, con dovizia di particolari. La produzione di maschere si era così intensificata che nel 1773 esistevano ufficialmente 12 botteghe di maschere a Venezia: poche se si considera l’uso che se ne faceva in quegli anni.
La richiesta di maschere ed il loro utilizzo era tale per cui si cominciarono a fabbricare molte maschere “in nero”, dando lavoro a tante persone e riuscendo così a intensificare la produzione e la diffusione a livello europeo.

Le maschere erano (e lo sono ancora oggi) fatte di cartapesta e ne venivano prodotti diversi modelli in diversi colori e decorati con gemme, tessuti e nastri

La maschera non era utilizzata solo durante il periodo di Carnevale ma in molte occasioni durante l’anno: era permessa il giorno di Santo Stefano (che sanciva la data di inizio del Carnevale veneziano) e fino alla mezzanotte del Martedì Grasso (che concludeva i festeggiamenti per il Carnevale); era permessa durante i quindici giorni dell’Ascensione e alcuni, con particolari deroghe, la utilizzavano fino a metà giugno. Inoltre, durante tutte le manifestazioni più importanti come banchetti ufficiali o feste della Repubblica era consentito l’uso di Bauta e Tabarro.

LE LEGGI DEL CARNEVALE DELLA SERENISSIMA


Durante il Carnevale i Veneziani si concedevano trasgressioni di ogni tipo e la Bauta o la Moretta erano utilizzate per mantenere l’anonimato e consentire qualsiasi gioco proibito, sia da parte di uomini che da parte di donne. Anche i preti e le monache approfittavano delle maschere per celarsi e trasgredire compiendo fughe amorose o “multas inhonestas”.

Allo scopo di limitare l’inarrestabile decadimento morale dei Veneziani, la Serenissima in varie riprese ha legiferato in materia di Carnevale e ha disciplinato l’uso delle maschere e dei travestimenti.
Sin dai primi del ‘300 cominciarono ad essere sempre più numerose le leggi che promulgavano decreti per fermare il libertinaggio degli abitanti di Venezia del tempo e per limitare l’uso esagerato delle maschere.

Era proibito indossare la maschera nei periodi che non fossero quelli di carnevale e nei luoghi di culto, così com’erano proibite le armi e gli schiamazzi di gruppo. L’uso della maschera veniva proibito alle prostitute e agli uomini che frequentavano i casini. Questo perché spesso la maschera era usata per celare la propria identità e per risolvere affari poco puliti o portare avanti relazioni curiose.

Ma esisteva anche il rovescio della medaglia: nel 1776, una nuova legge, questa volta atta a proteggere l’ormai dimenticato “onore di famiglia”, proibiva alle donne di recarsi a teatro senza una maschera.

Ai giorni nostri la goliardia e il colore delle maschere fanno di Venezia la capitale del Carnevale per eccellenza. Eleganza, allegria e passione colorano calli, piazze e campielli. Venezia è il Carnevale e il Carnevale è Venezia.

A Venezia, quando c’è la luna, par di passeggiare in una acquaforte.E quando lasciamo Venezia scopriamo che i nostri orologi hanno problemi a tornare di nuovo al tempo reale.

Gallery di altri scorci della città

Daniela Piesco Vice Direttore Radici

Redazione

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