Christian Lindner: un ministro che fa paura?

Christian Lindner: un ministro che fa paura?
Christian Lindner (MdB, Bundesvorsitzender FDP) Foto: stephan-roehl.de

Di Donatello D’Andrea

Sta suscitando timore e apprensione tra gli addetti ai lavori, la futura nomina di Christian Lindner, leader del partito tedesco FDP (i liberali) al dicastero delle Finanze. Il suo partito, infatti, sarebbe la terza forza che, assieme a SPD e ai Verdi, andrebbe a formare il nuovo governo guidato dall’attuale Vicecancelliere Olaf Scholz, uscito vincitore dalla tornata elettorale del 26 settembre. Per inciso, questo sarebbe il primo esecutivo, da quindici anni a questa parte, che non comprenderebbe il partito di Angela Merkel, i cristiano-democratici.

Il ministero che andrebbe ad occupare Christian Lindner, comunque, è tra i più importanti del governo tedesco e, di riflesso, è uno dei più autorevoli a livello europeo, data l’influenza che la Germania esercita nei confronti dei grandi tavoli internazionali. D’altronde stiamo parlando della “locomotiva dell’Unione Europea”, la quale volontariamente usa il suo peso economico – che si trasforma in politico – nelle relazioni con gli altri stati.

Dare un ministero così importante a un liberale come Lindner non sarebbe un male in sé, ciò che preoccupa, infatti, non è la famiglia politica di provenienza bensì le sue convinzioni politiche e personali, le quali in passato gli hanno attirato molte critiche da parte di stimati economisti come Stiglitz, Premio Nobel nel 2001.

Nel 2017, Lindner rilasciò un’intervista per Politico.eu dove auspicava l’uscita della Grecia dall’Unione Europea e fantasticava circa la nascita di un’Europa a due velocità, formata da Francia e Germania, che navigasse a vista da sola, lasciandosi indietro tutte le nazioni più deboli (Italia compresa).

Joseph Stiglitz criticò fortemente queste convinzioni e di recente, in un articolo – scritto a quattro mani con lo storico dell’economia Adam Tooze – ha definito l’ascesa di Lindner al dicastero delle Finanze come “un male per l’Italia e per l’Europa”. Secondo l’economista, le idee di Lindner sarebbero “vecchi e dannosi cliché conservatori in un mondo che è profondamente cambiato dal 1992” (cioè l’anno dei parametri di Maastricht a cui FDP si richiama).

Durante la pandemia – e l’ultima campagna elettorale – il leader di FDP ha definito il Recovery Fund come uno strumento temporaneo e ha negato che il Patto di Stabilità possa essere sospeso anche dopo il 2022. Ha parlato altresì di “sostenibilità del debito”, un mantra maturato dopo la crisi dei debiti sovrani del 2011 e che significa semplicemente che “il debito va ridotto”. Come? Attraverso il “taglio alla spesa pubblica” (quindi ai servizi) e “l’aumento delle entrate fiscali” (tasse). C’è chi crede che il debito sia sostenibile anche attraverso l’adozione di manovre espansive, ma il leader di FDP non figura tra questi dato che ha definito questa tendenza – tipica dei Paesi del Sud – come “spese allegre”.

All’interno dell’accordo la politica fiscale europea viene trattata molto sbrigativamente, sottolineando come per necessità di coalizione il tutto venga rimandato a data da destinarsi, ma si può comprendere come il Patto di Stabilità verrà modificato nella misura in cui possa diventare più efficace. Sul Next Gen EU, invece, l’accordo è categorico: è solo uno strumento temporaneo.

Sono parole che assestano un duro colpo ai propositi di allargare le maglie della politica fiscale – come auspicato da Italia e Spagna – e di dare vita a un debito comune europeo. E appare abbastanza paradossale che in un periodo di ricostruzione della solidarietà europea, salga al soglio del dicastero economico più importante del continente un politico che invece predica la divisione. Le idee dei liberali tedeschi – appoggiate dai conservatori della CDU più radicali – sono state quelle applicate durante il collasso greco del 2011, per intenderci. Non a caso il leader di FDP è stato soprannominato il “falco dell’austerità”.

Ovviamente è lecito credere che nel frattempo Lindner abbia cambiato idea – per miracolo o per necessità di coalizione – ma i suoi elettori? E i suoi deputati? Il gruppo dirigente del partito? L’Italia (e l’Europa) deve davvero temere l’ascesa al governo di Christian Lindner?

Donatello D’Andrea, giornalista esperto di politica nazionale e internazionale

Redazione Radici

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