Col “dual use”export a rischio

Col “dual use”export a rischio

di Paolo Pagliaro

Con le leghe di titanio si costruiscono occhiali e orologi, ma anche centrifughe per arricchire l’uranio. I fertilizzanti, oltre che per concimare i campi, servono per costruire esplosivi. Con la fibra di carbonio si possono realizzare canne da pesca e biciclette, oppure  parti di missili. Per non dire dei molteplici usi a cui si presta un software.

E’ lungo l’elenco dei prodotti cosiddetti “dual use”,   che cioè  oltre agli usi civili, si prestano anche a progettazione, sviluppo e produzione di armi nucleari, chimiche o biologiche E’ la  caratteristica che accomuna un lungo elenco di beni utilizzati soprattutto nell’industria automobilistica, aeronautica e informatica.  

La novità è che da un paio di mesi  sono in vigore nuove norme europee  molto rigide sul commercio di questi prodotti, con importanti ricadute economiche soprattutto per un paese votato all’ export come l’Italia. Per gli esportatori italiani ed  europei – che da queste merci ricavano 200 miliardi l’anno – è necessario  richiedere un’apposita licenza  e gli adempimenti sono diventati  molto più  severi, con controlli che ora includono  anche  molti beni immateriali,  in alcuni casi persino le ricerche  accademiche. Il mancato rispetto dell’obbligo della licenza può assumere un rilievo penale.


Giorni fa alcune centinaia di imprese hanno partecipato a un incontro su obblighi e procedure organizzato a Roma da Assonime con i rappresentati della Commissione europea,  delle Dogane e dell’Autorità di controllo che fa capo alla Farnesina.    Un “tutto esaurito” che segnala l’esigenza di fare sistema di fronte alle incognite di una stagione in cui non solo le politiche energetiche ma anche quelle  della sicurezza avranno conseguenze economiche sempre più rilevanti.   

Redazione Radici

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