La calciatrice Maryam, dall’Afghanistan a Roma in gol per i diritti

La calciatrice Maryam, dall’Afghanistan a Roma in gol per i diritti

Di Brando Ricci

Maryam giocava nel Bastian Fc di Herat ed è in Italia dall’anno scorso. Ma ora la sfida è riuscire a far fuggire anche chi è rimasto bloccato in Afghanistan

Una nuova vita in Italia che è “un sogno che si avvera”, ma che non può dirsi realizzato completamente “fino a che anche le altre calciatrici che vivono in Afghanistan e i loro familiari riusciranno a lasciare il Paese e a vedere il loro di sogno, diventare realtà”. Speranze, che sono anche un appello, quelle che all’agenzia Dire affida Maryam, una delle calciatrici del Bastian Fc di Herat che sono giunte in Italia lo scorso agosto nel corso delle operazioni di evacuazione dal Paese che hanno seguito la presa del potere da parte dei talebani.

SI È GIOCATA LA PARTITA DELLA PARITÀ E DEL RISPETTO

Le giocatrici, dal capoluogo dell’omonima provincia occidentale dell’Afghanistan, sede del contingente italiano nel Paese durante il periodo di presenza della missione Nato, sono state trasferite a Firenze, dove vivono ancora. Oggi corrono però a Roma, indossando le divise blu della squadra della “parità” e quelle bianche della compagine dei “diritti“. Queste infatti le due squadre, ma anche i due elementi cardine che animano l’iniziativa che si è svolta presso l’impianto sportivo Fulvio Bernardini di Pietralata, nel quadrante nord-est della capitale.
La partita della ‘Parità e del rispetto’ appunto, così stata ribattezzata l’iniziativa, rappresenta una tappa di avvicinamento alla Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne ed è stata scandita dal motto ‘Facciamo pari’, “contro ogni discriminazione e a sostegno dell’articolo 3 della Costituzione perché si affermi davvero un’uguaglianza sostanziale, senza ambiguità né pregiudizi”, come si legge in una nota.

Il match, promosso da Amnesty International Italia, Assist, Aic- Associazione italiana calciatori, Sport4Society, Uisp e Usigrai, con la collaborazione di Cospe e il patrocinio dell’Ufficio nazionale contro

le discriminazioni razziali, Unar, ha visto scendere in campo ex calciatori, cronisti sportivi, attori, personaggi delle istituzioni e attivisti.

POTER GIOCARE A CALCIO È IMPENSABILE IN AFGHANISTAN

“Non ho parole per descrivere quello che è stata questa giornata”, sorride Maryam, circa 20 anni. “Una giornata del genere, e anche il solo poter giocare a calcio, è impensabile” nell’Afghanistan controllato dai talebani. Il pensiero va però ad alcuni dei loro familiari e delle loro compagne con cui hanno dei contatti in Afghanistan, “che non possono più uscire di casa”, denuncia la sportiva.
Timori confermati all’agenzia Dire anche da Anna Meli, direttrice della comunicazione di Cospe. L’organizzazione è impegnata al tavolo di coordinamento istituito con le ong dal ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale con l’obiettivo di facilitare l’uscita dal Paese di decine di persone.

FAMIGLIE IN ATTESA DI ESSERE INSERITE NEI CORRIDOI UMANITARI

“Sono almeno 150, tra nostri ex collaboratori, le loro famiglie e le famiglie delle calciatrici, le persone che vogliamo inserire nelle liste per i corridoi umanitari”. Il riferimento di Meli è all’iniziativa lanciata la settimana scorsa con la firma di un protocollo d’intesa siglato con i ministeri degli Esteri e degli Interni dalle Conferenza episcopale italiana (Cei), la Comunità di Sant’Egidio, la Federazione delle Chiese Evangeliche italiane (Fcei), la Tavola Valdese e Caritas Italia, oltre alle agenzia Onu Unhcr e Oim.

L’obiettivo è portare qui 1.200 persone in due anni, ma questo è un lasso di tempo troppo lungo”, avverte Meli. “Ci sono diverse persone che hanno subito minacce concrete, compresi i familiari delle calciatrici, stigmatizzate proprio per il fatto di aver lasciato il Paese: dobbiamo accelerare i tempi”. Alcune persone, aggiunge la responsabile della comunicazione della ong, “hanno trovato soccorso in una casa rifugio della ong Pangea nella capitale Kabul”, ma la situazione resta “molto complessa”.
Meli aggiunge: “Abbiamo anche chiesto rassicurazioni sul fatto che si possano aprire canali privilegiati nel caso in cui queste persone riuscissero ad arrivare nei vicini Pakistan o Iran, e dialoghiamo in questo senso con la Farnesina e la nostra ambasciata nel Paese, che ora è in Qatar”.

BOLDRINI (PD): METTERE IN SALVO DONNE, DOVERE ETICO

“Mettere in salvo, tramite l’organizzazione di corridoi umanitari, all’occorenza anche non troppo visibili, le cittadine e i cittadini afghani che hanno creduto nella democrazia e che per questo ora sono nelle condizioni di non poter più vivere in quel Paese: è un dovere etico e morale per noi, che abbiamo delle responsabilità”. Così all’agenzia Dire la deputata del Partito Democratico (Pd), Laura Boldrini, a margine della ‘Partita della parità e del rispetto”, che si è giocata oggi presso l’impianto sportivo Fulvio Bernardini di Pietralata, periferia nord-est di Roma.

In campo anche tre giovani giocatrici afghane native di Herat, città che è stata anche sede del contingente militare italiano presente nel Paese 20 anni nell’ambito della missione Nato. Le tre ragazze, che ora vivono a Firenze, sono state trasferite in Italia grazie alle operazioni di evacuazione dal Paese asiatico che si sono svolte ad agosto, con il coordinamento dei ministeri degli Affari esteri e della cooperazione internazionale e della Difesa. “Sono state messe in salvo – evidenzia la parlamentare, presidente del Comitato della Camera sui diritti umani nel mondo – ma sono ancora preoccupate per le loro compagne che non sono riuscite a lasciare il Paese e che sono costrette a nascondersi anche per paura di essere catturate o addirittura uccise, anche per il loro essere delle calciatrici”.
Lo sport infatti, osserva Boldrini, già presidente della Camera, “si basa su valori condivisi ma può essere tante cose: motivo di persecuzione in Afghanistan, veicolo di un linguaggio aggressivo e razzista qui in Italia

Ben vengano quindi iniziative come quelli di oggi, aggiunge la parlamentare, che “rilanciano il significato profondo dello sport ma anche il messaggio che questo debba essere accessibile a tutti, soprattutto le donne. Queste ultime devono essere messe sempre nelle condizioni di farlo, senza il timore di essere irrise o umiliate”.

La partita di oggi ha rappresentato una tappa di avvicinamento alla Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne ed è scandita dal motto ‘Facciamo pari’, “contro ogni discriminazione e a sostegno dell’articolo 3 della Costituzione perché si affermi davvero un’uguaglianza sostanziale, senza ambiguità né pregiudizi”, come si legge in una nota.
L’iniziativa è stata promossa da Amnesty International Italia, Assist, Aic- Associazione Italiana Calciatori, Sport4Society, Uisp e Usigrai, con la collaborazione di Cospe e il patrocinio dell’Ufficio nazionale contro le discriminazioni razziali, Unar.

Redazione Radici

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