Riforma dei tribunali per i minorenni: un vulnus alla cultura giuridica ereditata dalla tradizione

Riforma dei tribunali per i minorenni: un vulnus alla cultura giuridica ereditata dalla tradizione
Il disegno di legge approvato in via definitiva dal Senato in data 22 settembre 2021 avente oggetto “Delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata” prevede entro un anno il Governo emani i decreti legge attuativi per “il riassetto formale e sostanziale del processo civile”. In questa sede di riflessione sul testo licenziato ciò che interessa considerare è un aspetto non secondario dell’intero corpo legislativo, segnatamente quello che riguarda la riforma del diritto di famiglia  attraverso l’istituzione dei “tribunali per le persone minori e la famiglia”, a modifica dell’ordinamento previgente che prevedeva i tribunali per i minorenni come organi giudiziari a se stanti, separati dai tribunali ordinari e costituiti da magistrati togati e da giudici onorari, questi ultimi nominati dal CSM tra coloro che dimostravano il possesso di titoli idonei sul piano culturale e di competenza maturati attraverso la pratica di esperienze  professionali ritenute pertinenti ed utili, al fine di integrare in via consustanziale lo specifico istituzionale del tribunale minorile, tenuto conto della sua particolare natura  volta a conoscere e valutare i molteplici e delicati aspetti di vita dei soggetti minori, delle loro famiglie e dei loro contesti esistenziali. Alla base del testo approvato dalle Camere – come in larga parte della produzione legislativa che si trascina irrisolta per lungo tempo – c’è un vizio di origine che potremmo riassumere con questa formula: “eccesso di annuncio”. Da anni, anzi da decenni si è discusso di riforma della giustizia: come spesso accade subentra una causa occasionale che spinge a stringere i tempi ed arrivare ad una determinazione normativa. In questa fattispecie – come acutamente ha osservato nei giorni conclusivi dell’iter  parlamentare la Presidente dell’AIMMF Cristina Maggia (Associazione italiana magistrati minori e famiglia) , Procuratore della Repubblica c/o il Tribunale per i minorenni di Brescia  Sappiamo che la necessità di approvare in tempi brevi importanti riforme è collegata alla possibilità di ricevere i contributi economici europei del PNRR, in particolare, quanto alla giustizia civile, alla necessità di contenere i tempi dei processi , talora di estrema lunghezza sia per la mole del contenzioso, sia per la mancanza di risorse di personale e di magistrati. Ebbene, anche se come associazione pensiamo che nulla abbia a che spartire con la ripresa economica del Paese la riforma della materia familiare e minorile, la Commissione Ministeriale che ha predisposto le proposte di modifica ha ritenuto di inserire nella grande riforma del processo civile anche questa materia. Della Commissione ministeriale purtroppo non ha fatto parte alcun esperto di giustizia minorile, né nel corso dei lavori alcun giudice minorile è stato realmente ascoltato (ascoltato non sentito) dai Commissari in modo da acquisire dati di realtà ed esperienziali: il risultato è stata una proposta che ha preso in considerazione soltanto le situazioni di violenza intra-familiare generate da conflitti di coppia o violenza di genere. Con questo specifico e limitato approccio sono state però introdotte nel sistema della protezione dei minori norme di notevole significato sostanziale che per la delicatezza della materia trattata avrebbero richiesto adeguati tempi di riflessione e uno scambio costruttivo con chi in questo particolarissimo e piuttosto sconosciuto contesto lavora da anni”. E’ interessante a questo riguardo leggere le osservazioni contenute nel Documento licenziato dall’AIMMF il 19 settembre u.s. , cioè tre gg prima che il Senato approvasse il citato disegno di legge a firma della Presidente Cristina Maggia e della segretaria Susanna Galli dell’AIMMF, avente oggetto “Sull’art. 15 bis dell’emendamento predisposto / proposto dal Ministero di Giustizia ai Disegno di Legge AS 1662 Delega processo civile in trattazione dinanzi alla Commissione Giustizia del Senato. La disamina della questione relativa al riordino delle competenze giudiziarie in materia di giustizia minorile è esaustiva e completa: per non tralasciare alcuna evidenza considerata conviene in questa sede rimandare alla lettura integrale del Documento. Appare dunque in tutta la sua evidenza come il disegno di legge non abbia tenuto in considerazione né tantomeno ascoltato la voce dei magistrati togati ed onorari minorili, in qualità di esperti in materia di  giustizia minorile, proprio in previsione della programmata riforma. Particolarmente significativa può essere considerata la valutazione del provvedimento, desumibile dall’intervista rilasciata a Repubblica dal Procuratore della Repubblica del Tribunale per i minorenni di Milano, Dott. Ciro Cascone. Illustrando il nuovo, previsto ordinamento il Procuratore afferma:  “Cerco di semplificare al massimo. Facciamo l’esempio di cosa succede in Lombardia. Oggi esiste il Tribunale per i minorenni di Milano. Che ha una competenza su otto province. Nelle quali ci sono i tribunali ordinari che si occupano di famiglia. Con la riforma invece a Milano ci sarà una sezione distrettuale del Tribunale della famiglia che avrà sempre competenza sulle otto province, ma solo per alcune materie, tra cui le adozioni. Ci saranno poi otto sezioni distaccate, quelle che la legge definisce “circondariali”, che avranno sede negli otto tribunali ordinari già esistenti, e che si occuperanno di tutto ciò che riguarda la famiglia e i minori”…. “In base alla materia, per le adozioni la competenza sarà del collegio distrettuale, mentre tutto il resto sarà trattato da un singolo giudice, dalle separazioni e dai  divorzi agli allontanamenti urgenti dei minori maltrattati”. Nel merito delle attribuzioni poste in capo ad un “giudice monocratico”, anziché ad una camera di consiglio come avvenuto a tutt’oggi, composta da due magistrati togati e da due giudici onorari particolarmente competenti per esperienza e konw how professionali alla trattazione del caso in ispecie, il Procuratore Cascone mette il dito sulla piaga del nuovo ordinamento previsto dal disegno di legge: “Questo è il grosso punto debole della riforma perché in questo modo si spazza via la cultura minorile costruita negli ultimi decenni. Io vedo due grosse criticità, innanzitutto perché una persona sola deciderà quello che oggi decidono più persone con maggiore ponderazione e anche esperienza, domani invece ci sarà una persona che in totale solitudine dovrà prendere decisioni a volte molto delicate e che hanno ricadute molto rilevanti, a volte drammatiche, nella vita delle persone. E che rischia anche una sovraesposizione, specialmente nelle piccole città. Ma non basta. Viene eliminato il fondamentale contributo degli esperti nel prendere queste decisioni….i giudici onorari che danno un importante contributo di competenze e di sapere tecnico anche se spesso a livello di opinione pubblica non godono di buona fama”….. ” Il caso del piccolo Eitan di cui si sta occupando la cronaca in questi giorni, verrebbe trattato dal giudice monocratico circondariale. L’eventuale Appello andrebbe alla sezione distrettuale, analogamente a quanto avviene adesso. Nel caso specifico il giudice tutelare di Pavia ha nominato il tutore, mentre sarebbe il Tribunale per i minorenni di Milano a occuparsi dell’eventuale Appello”…….” Il disegno della nuova procura, anch’essa specializzata, mi piace perché verranno assorbite le competenze civili delle procure ordinarie, ma la mia richiesta è perentoria. Oggi le procure minorili sono fortemente sottodimensionate. Aumentandone le competenze mi aspetto quantomeno un raddoppio di risorse e soprattutto che anche i nostri uffici vengano finalmente informatizzati, mentre adesso viaggiamo ancora con il cartaceo. Ancora un suggerimento, prevedere anche la figura dei vice procuratori onorari proprio come nelle procure ordinarie. E poi questa faccenda dell’anzianità…richiesta per far parte di Tribunale e procura della famiglia, ben 12 anni, che trovo eccessiva e addirittura ingiusta nei confronti dei giovani magistrati, che quanto a competenza ed entusiasmo non hanno nulla da invidiare a quelli più anziani, anzi… Oggi dirigo una procura composta prevalentemente da giovani magistrati, che lavorano molto e bene, ma che con la nuova riforma non potrebbero farne parte, e francamente lo trovo irrazionale”. Ma per comprendere più a fondo i rilievi mossi al provvedimento legislativo del 22 settembre u.s. conviene riportare quanto, con dovizia di particolari e ricchezza di pertinenti osservazioni ed obiezioni, si legge nel citato Documento licenziato dall’AIMMF il 19 settembre 2021: “… la rigida suddivisione tra la sezione distrettuale, che opera in forma prevalentemente collegiale e con la presenza dei giudici onorari (salvo che per le competenze monocratiche previste in sede penale) e le sezioni circondariali, che operano in composizione monocratica e senza l’apporto dei giudici onorari, ripropone le rilevanti difformità esistenti tra tribunale ordinario e tribunale per i minorenni. Appare non condivisibile l’attribuzione al giudice monocratico di tuttala materia de potestate, comprensiva dei procedimenti relativi a fattispecie gravissime e tali da giustificare la decadenza dalla responsabilità genitoriale, nonché l’assunzione di provvedimenti incisivi e urgenti ai sensi dell’art. 403 c.c., come gli allontanamenti dei minori. Questa soluzione, che priva il giudice delle garanzie della collegialità e della multidisciplinarietà, che la stessa Corte Costituzionale ha più volte ritenuto un valore, si tradurrà inevitabilmente nel rischio di assumere decisioni non adeguatamente ponderate, ovvero che, a fronte di situazioni gravissime, non siano adeguatamente incisive. Inaccettabile appare l’attribuzione al giudice monocratico dei provvedimenti di cui al titolo I e I-bis della legge 4 maggio 1983, n. 184, comprensivi anche della delicata ipotesi degli affidamenti etero – familiari, che nella prassi, normativamente recepita dalla legge n. 173/2015, ben possono trasformarsi in affidamenti provvisori o “a rischio giuridico”, ove venga promossa la procedura di adottabilità, o in adozioni in casi particolari. Si determinerebbe, dunque, una dannosa frattura tra la decisione assunta dal giudice monocratico – si ribadisce in assenza di tutti gli strumenti di cui dispone l’attuale tribunale per i minorenni per formulare il progetto di vita più adeguato al minore – e le attribuzioni del giudice collegiale in sede distrettuale, a composizione mista, competente per la procedura di adottabilità e di adozione. Tale previsione collide con i più recenti orientamenti in tema di rispetto della continuità affettiva”. “Le competenze della sezione distrettuale vengono sostanzialmente svuotate, diventando essa prevalentemente giudice del reclamo dei provvedimenti della sezione circondariale. Preoccupa anche che i reclami avverso i procedimenti de potestate verrebbero decisi da un collegio privo della componente onoraria, che invece permarrebbe nel collegio della corte di appello, che tratterebbe le impugnazioni avverso i provvedimenti emessi dalla sezione distrettuale. Non può non segnalarsi l’evidente depauperamento del ruolo dei giudici onorari, il cui apporto viene escluso proprio nella materia de potestate, in cui è fondamentale la formazione multidisciplinare. Questa impostazione si tradurrà inevitabilmente nella lievitazione degli incarichi di CTU, mentre comunque il giudice monocratico è lasciato solo nel delicato processo decisionale, in cui prezioso si rivela, nell’esperienza dei tribunali per i minorenni, l’apporto dei giudici onorari anche, ma non solo, per la valutazione del merito tecnico degli elaborati peritali.  Un ulteriore elemento di svalutazione della figura del giudice onorario è la previsione del loro inserimento come componenti dell’Ufficio del Processo, così attribuendo loro una funzione servente, così snaturando il loro ruolo di portatori di saperi extra – giuridici e di soggetti investiti di una responsabilità decisionale”. Dalle argomentazioni dedotte e richiamate si evince come il forte ridimensionamento delle funzioni della componente onoraria costituirebbe un vulnus non lieve alla lunga tradizione giuridica maturata nella storia dei Tribunali minorili: si tratta di una vera e propria ‘diminutio’ della cultura multidisciplinare dei tribunali minorili che si sono avvalsi della funzione del giudice onorario come “tecnico” depositario di un ‘sapere esperto’ a valenza integrativa e complementare della giurisprudenza minorile. E’ persino  grave che i giudici onorari e il loro apporto sia così gravemente sottovalutato e messo al margine delle attribuzioni e delle competenze della giustizia minorile e familiare. La ricchezza delle esperienze maturate dai giudici onorari nei rispettivi ambiti di espletamento professionale è sempre stato un valore aggiunto di cui, in sede di istruttorie, di audizione dei soggetti minori e dei loro genitori e familiari, nelle camere di consiglio, nella valutazione della potestà genitoriale,  il tribunale si è sempre largamente avvalso proprio a motivo della multidisciplinarità richiesta dalla specificità “giudiziaria” dei soggetti minori: ci sono ambiti esperienziali che resterebbero inesplorati o coperti da coni d’ombra, come i vissuti personali, le emozioni, i sentimenti, le dinamiche relazionali e familiari, lo stesso contesto di vita amicale e comunitaria, gli insuccessi, il rischio educativo e il disagio scolastico, gli abbandoni, le ripetenze, le inadempienze all’obbligo formativo che richiedono la presenza e la valutazione di veri esperti del settore, non certo estranei alle dinamiche che afferiscono a tali problematiche. Certamente più ricchi di esperienze maturate nel rispettivo campo e forieri di indicazioni, suggerimenti, valutazioni pertinenti ove spesso non dirimenti di quanto si possa ricavare dal ricorso ad esperti esterni, spesso sedicenti tali o da CTU limitate in termini spazio-temporali. L’auspicio è ovviamente che in sede di decreti delegati, il Governo possa e voglia rivedere il significato, il valore e il portato collaborativo e competente di queste figure che dal testo del disegno di legge appaiono sottodimensionate, svalutate e messe all’angolo con funzioni meramente accessorie, opinabili o aleatorie. E – sottolineando questa speranza – non si può tacere o non ricordare quanta “cultura dell’attenzione” verso il mondo spesso inesplorato o sottostimato dei minori si è accumulata in decenni di collaborazione, di riflessione, confronto e proposta tra giudici togati e giudici onorati- davvero nel preminente interesse del minore- e di una pluralità di supporti tecnici e competenti che la sua centralità esistenziale vista in un contesto antropologico ampio e aperto a più contributi, postula da sempre, per la natura specifica del suo portato umano e ontologico. Viene da pensare a quella “giustizia mite” che si è costruita tassello su tassello attraverso convegni, conferenze e contributi pubblicati sulla Rivista Minori Giustizia, organo dell’AIMMF, ricordando la guida  determinante del suo Direttore Piercarlo Pazè e di quello attuale, Claudio Cottatellucci, la vocazione ad essere giudice e poi Presidente di Tribunale minorile, infine Vice presidente della Commissione per le adozioni internazionali di Laura Laera, nonchè la lunga prestigiosa esperienza di due mitiche Presidenti come Melita Cavallo e Livia Pomodoro. Si tratta di esperienze umane e professionali di inestimabile valore che non possono essere cancellate perché esprimono il senso di una vera e propria “missione” che andrebbe ascoltata, rispettata e fatta valere in sede di auspicabili correttivi attuativi. Francesco Provinciali Fonte: Diritto penale e uomo DPU- Rivista internazionale di Diritto e Scienza – Fascicolo 11/2021

Redazione

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