“Arteflorando…e la forza del colore”

“Arteflorando…e la forza del colore”

di Adele Quaranta *

“Leverano in fiore” è un concorso di arte floreale, sempre svolto a maggio, ma quest’anno, nel rispetto delle normative anti-covid, effettuato dal 10 al 12 settembre 2021 – con il sostegno dell’Amministrazione Comunale e della Presidenza del Consiglio Regionale Pugliese –, insieme alla manifestazione internazionale Arteflorando (settima edizione nel 2021, di cui le prime quattro tenute a San Pietro in Lama e le rimanenti a Leverano, poco distante dal precedente comune menzionato).

Il tema scelto per questa edizione è stato “Arteflorando… e la forza del colore”, perché i colori sono in grado di influenzare l’umore, caratterizzare un sito nel corso di un periodo di tempo specifico, incidere significativamente in termini emozionali e rinvigorire gli animi. L’evento ha assunto, pertanto, straordinari connotati di forza, coesione, identità della comunità ospitante, tanto da divenire, grazie a un lavoro di passione, ricerca e tecnica, patrimonio immateriale, storico e culturale locale.

Dopo un anno di blocco anti-covid, il comparto floricolo è stato inteso, dagli organizzatori della performance, come strumento di rinascita economica della cittadina salentina – situata nella sezione nord-occidentale e dotata di circa 14.000 abitanti –, in quanto ha richiamato fioristi provenienti sia dall’Italia che dall’Estonia, Belgio, Russia, Spagna, Messico, Lettonia e Olanda, i quali hanno addobbato le vie del centro storico con grande abilità, fantasia e professionalità, accostando colori e profumi, musica e spettacolo, fiori freschi a quelli secchi, in linea con le vicende vissute, il buio dei mesi scorsi e la luce degli orizzonti.

Piazze, corti, torri, palazzi, vicoli del borgo sono stati abbelliti, pertanto, dalla creatività di 250 floricoltori, i quali hanno partecipato con installazioni ludiche in grado di richiamare tematiche ambientali, attraverso l’essenza effimera del fiore, composizioni varie, bouquet, etc.

La manifestazione ha consentito anche di conoscere il pregevole patrimonio artistico ed architettonico di questa cittadina di antiche origini. Secondo l’illustre storico locale Geronimo Marciano (1571-1628), fu fondata, infatti, nel 540 dagli abitanti superstiti dei vicini casali di Sant’Angelo e Torricella, scampati, nel 538, alla furia di Totila (nato a Treviso, fu eletto re nel 541), il quale, abile capo militare e politico, conquistò, nel 543, quasi tutti i territori d’Italia appartenenti all’Impero Romano d’Oriente.

Occupata la sezione settentrionale della Penisola, si spinse, infatti, nel Meridione, espugnò Roma e Napoli, annesse la Corsica, Sardegna e Sicilia e sconfisse i Bizantini in Lucania. Simbolo del centro abitato è la torre eretta, nel 1220, secondo la tradizione, dall’imperatore Federico II a guardia della linea costiera contro le incursioni piratesche. Presenta una base quadrata, struttura parallelepipeda ed è articolata su 4 piani, collegati da scale che conducevano anche ai sotterranei destinati alla raccolta di provviste in caso di assedio.

I solai lignei intermedi sono crollati, ma si conservano la bella copertura ogivale con costoloni bicromi (a conci bianchi e scuri alternati) ed un camino con coppia di capitelli decorati. In seguito, la cittadina fu protetta anche da un circuito di mura provviste di relativo fossato, costruito da Tristano Chiaromonte nella prima metà del XV sec. e consolidato, nella prima metà del secolo successivo, da Carlo V.

Dopo il controllo di varie famiglie (Castriota, Squarciafico, Pinelli e  Pignatelli), nel 1806, con Giuseppe Bonaparte, si svincolò dalla feudalità. All’interno della torre è allestita una Mostra permanente sul pittore Geremia Re (1894-1950) e Girolamo Marciano, medico, scrittore, filosofo e umanista di Leverano, dove, nel 1627, ricoprì la carica di sindaco. L’allestimento si completa, oltre che con supporti multisensoriali (presenti all’esterno con mappa tattile e lingua dei segni) attivabili mediante QRCODE – inseriti nel Progetto “Leverano…si racconta”, a cura dell’Amministrazione Comunale –, anche con il contributo multimediale (ricostruito con tecnologia 3D) riproducenti ambientazioni del XIII-XIV secolo, utili per comprenderne la funzione.

I piani sono animati, per questo motivo, da personaggi in costume, intenti a svolgere le attività quotidiane di una guarnigione a guardia del territorio contro gli attacchi provenienti dal mare.

Attigui al borgo antico, sono la Chiesa di Santa Maria delle Grazie ed il Convento. Quest’ultimo, edificato nel Cinquecento, si sviluppa attorno ad un chiostro, di forma rettangolare, dotato di ventiquattro ogive che poggiano su colonne poligonali terminanti con capitelli.

Le volte furono affrescate nel XVIII secolo con rappresentazioni di scene bibliche ed effigi di vari Santi. Nel 1807, a causa della soppressione degli ordini religiosi, il monastero venne chiuso e fu riaperto nel 1935. 

La Chiesa di Santa Maria delle Grazie, risalente alla seconda metà del Quattrocento,presenta un semplice prospetto monocuspidale con elementi tardo-romanici – s’intravedono anche su due paraste d’angolo e una lunetta semicircolare –, cui furono sovrapposte alcune decorazioni barocche sul portale e sul finestrone centrale. L’interno, ad unica navata con copertura lignea a capriate, evidenzia sia vetrate laterali monofore, sia un grande arco trionfale che separa l’aula dalla zona presbiteriale.

La Chiesa Matrice, dedicata alla Santissima Annunziata, sorge su una struttura preesistente e si contraddistingue per le dimensioni monumentali (i lavori di edificazione iniziarono nell’agosto del 1582 e terminarono nel 1622), ma il terremoto del 20 febbraio 1743 provocò il crollo della torre campanaria ed  ingenti danni all’edificio, ricostruito grazie al contributo della comunità locale.

Il prospetto si eleva per ben 25,5 mt su una piccola piazzetta e non presenta elementi di particolari rilievi ornamentali. Il progetto è attribuito all’architetto Giovanni Maria Tarantino di Nardò, come emerge dal confronto con la chiesa neretina di San Domenico. L’edificio sacro è in stile pre-barocco e rappresenta un esempio di transizione dal Rinascimento al Barocco (rinascimentale risulta anche l’impianto architettonico della parte anteriore, ma la decorazione, al contrario, è d’ispirazione barocca).

Una cornice marcapiano dentellata separa la facciata in due ordini, mentre le imponenti colonne binate la suddividono, verticalmente, in tre parti. L’ordine inferiore è costituito da quattro basamenti con colonne scanalate, mentre il portale principale è sormontato da un timpano triangolare spezzato.

La facciata si arricchisce all’ordine superiore, alleggerendo il rigoroso e austero apparato murario, con una svettante cuspide rettangolare di stile catalano-durazzesco, che ospita una loggia affiancata da una coppia di nicchie vuote – un tempo accoglievano probabilmente statue in pietra – ed una cornice (tra i dentelli ricadono alcune maschere apotropaiche, allo scopo di allontanare le influenze maligne).

Di particolare interesse risulta l’originale decorazione della grande finestra traforata che si apre al centro del secondo piano, accostata a nicchie vuote e delimitata, lateralmente, da due pilastri composti da una testa maschile, un corpo di foglie d’acanto ed un mascherone poggiante su una zampa d’animale, mentre sull’architrave è scolpito un motivo vegetale, con un putto al centro e un grifo ai lati. La cupola, rivestita all’esterno da maioliche colorate, è stata ristrutturata interamente nel 1829, dopo il crollo del campanile, ricostruito nel Novecento in sostituzione dell’originario.

Le porte di accesso anticipano la suddivisione della chiesa in tre navate. Il soffitto della prima è a capriate lignee, ma risulta completamente nascosto da un enorme cielo appeso che, al contrario delle laterali in muratura con volte “a stella”, tipiche della tradizione leccese, ha una copertura a tegole. Il dipinto ritrae, in un medaglione centrale, l’Annunciazione della Vergine. Lungo la navata centrale sono posizionati, inoltre, il pulpito di legno (probabilmente della prima metà del Settecento) e, sul lato opposto, l’organo settecentesco a canne. Al centro di un’ampia scalinata è collocato l’altare maggiore, una grande struttura bianca in pietra e stucchi con cupola ad ombrello ad otto spicchi, sulle cui vele sono dipinti i quattro evangelisti: i santi Luca, Matteo, Giovanni e Marco.

Il transetto è separato, dal coro retrostante, da un secondo e maestoso arco intagliato in pietra, recante la data 1602, decorato con motivi vegetali e figure, mentre il coro ospita la struttura lignea a 24 seggi del 1615 ed è dotato di una volta a lunetta, un’antica statua del santo protettore (Rocco) e alcuni dipinti seicenteschi raffiguranti la Deposizione dalla Croce, nonchè gli apostoli Andrea e Giovanni.

Di particolare importanza artistica, sono l’altare dedicato alla Madonna del Carmelo, unico in stile barocco, in quanto caratterizzato dalle tipiche colonne tortili, che affiancano la pala di San Francesco, la cappella dedicata al SS. Sacramento ed un ampio tempietto a pianta ottagonale, costruito nel 1725.

Probabilmente su un preesistente edificio, risalente al Quattrocento, è stata edificata, nel 1625, la Chiesa di San Benedetto, che, all’interno, presenta diversi elementi di notevole interesse artistico: un bassorilievo in cartapesta del 1919 raffigurante Sant’Antonio da Padova, una tela del XVII secolo riproducente la Madonna con Bambino ed i santi Benedetto e Antonio da Padova, un dipinto di fine Seicento dedicato alle Anime del Purgatorio, una statua della Madonna delle Grazie e un’altra di cartapesta che riproduce San Benedetto.

L’edificio sacro, sede della confraternita delle Anime Purganti, in occasione dell’evento floreale, è stato decorato con una pregevole varietà di piante grasse.

Fra i palazzi, si annovera la casa natale di Girolamo Marciano (1571-1628), in posizione angolare sull’omonima via. È dotata di due piani, interamente realizzati in conci di pietra leccese. La copertura dell’edificio è a capriate lignee, ricostruita ex novo, mediante un delicato intervento di restauro, nel 1995, allorquando l’edificio è divenuto di proprietà comunale, ma, per il precario stato di conservazione, non è ancora visitabile.

Lo scrittore è autore della Descrizione, origine e successi della provincia d’Otranto –  quattro libri, pubblicati solo nel 1955 a Napoli e curati da D. Capasso e F. P. Del Re –, opera di carattere enciclopedico, pseudoumanistico, didascalico e celebrativo, nella quale si narrano le vicende storiche, archeologiche, etnografiche e geografiche di Terra d’Otranto (vasto territorio esteso dall’attuale provincia di Matera al Capo di Leuca).

Un significativo processo  di trasformazione rispetto al passato, ha evidenziato la struttura socio-economica della comunità leveranese.

Oltre mezzo secolo fa, infatti, la popolazione si dedicava prevalentemente all’agricoltura, basata sulla coltivazione dell’olio (per la produzione sia di olio che di olive), vite, fruttiferi, colture industriali (tabacco), cereali ed ortive. Ubicata nella fertile pianura dell’entroterra ionico-salentino, Leverano domina la piana digradante verso il mar Ionio (dal quale dista circa 10 km) e si attesta come un importante centro agricolo sia per il commercio delle primizie, sia per la coltivazione, in pieno campo ed in serra (l’80-90% della produzione agricola complessiva) di ortaggi (soprattutto, melanzane, caroselli, zucchine, fagiolini, peperoni e pomodori) e frutta (tra cui, meloni ed angurie), irrigati con risorse idriche prelevate direttamente dai pozzi o impianti gestiti dal Consorzio Speciale per la Bonifica dell’Arneo.

Le derrate agroalimentari vengono commercializzate dalla “Cooperativa Agricola San Rocco” (sorta nel 1973), che, inizialmente e fino agli anni ‘90, ha inglobato, circa 600 aziende condotte da floricoltori rientrati nel paese di origine da Viareggio (“emigrazione di ritorno”).

Fattori esterni, tra cui la concorrenza di commercianti napoletani, hanno stimolato, in seguito, il sodalizio a concentrare le attività sulle ortive, anche se, nell’ambito del territorio comunale continuano ad operare imprese floricole in grado di soddisfare la domanda locale. Composta da circa 230 soci – sia leveranesi che provenienti da alcuni centri abitati limitrofi –, è dotata di oltre 300 ettari di colture protette, garantisce a distributori e consumatori un costante standard produttivo, qualitativo e quantitativo, grazie al controllo di tutte le fasi colturali previste sia dalle direttive ISO 9001 che dalle “Norme regionali di difesa integrata”, emanate dalla Regione Puglia ed incentrate sull’applicazione di procedure di controllo dell’impatto ambientale, a garanzia non solo della qualità e prezzo finale, ma altresì della tutela della salute dei consumatori.

I raccolti, selezionati per quantità e qualità, vengono, quindi, confezionati e venduti, nella misura di circa il 70-75%, alla grande distribuzione (in prevalenza supermercati pugliesi e nazionali), mentre le risorse finanziarie ricavate, al netto delle spese, vengono distribuite fra i soci, in quanto il sodalizio non persegue fini di lucro.

L’irrigazione e la riconversione delle aree, ancorate ad un’agricoltura estensiva tradizionale, hanno favorito l’insediamento di colture nuove ad alto reddito, tra cui le floro-vivaistiche, scaturite dall’elevata specializzazione della manodopera locale e della piccola imprenditoria del settore, maturata in lunghi anni di permanenza in aree ad alta vocazione (Sanremo, Viareggio, Olanda, etc.).

La merce confluisce nel “Mercato dei Fiori” – esteso su un’area di circa 16.000 mq (di cui 2.200 mq coperti) –, gestito dall’amministrazione comunale, dove i venditori pagano spazi o box ed i compratori un ticket all’ingresso, mentre le contrattazioni per la vendita e l’acquisto dei fiori e piante avvengono “all’araba”, cioè senza intermediari.

La struttura si propone, infatti, di aiutare le numerose aziende locali puntando sul contatto diretto tra circa 400 produttori – provenienti soprattutto da Leverano e centri abitati salentini – e 200 commercianti originari non solo dai paesi limitrofi, ma anche da Lecce, Brindisi, Taranto, Bari e Napoli.

Un interessante mercato parallelo, non quantificabile è, inoltre, quello di alcuni commercianti che acquistano direttamente sul posto ed esportano i prodotti, lavorati e selezionati, in Olanda, Polonia, Romania, Croazia, etc.

La coltivazione olivicola locale ha origine antichissime, come emerge da tantissimi documenti e, fino ad un recente passato, ha svolto il ruolo di fonte di sostentamento e di integrazione economica per molte famiglie.

La maggior parte della materia prima viene trasformata nell’ “Oleificio Cooperativo della Riforma Fondiaria di Leverano”, sorto nel 1964 – nel 1953, già “Cooperativa dei Servi Collettivi per la Riforma Fondiaria Puttini”, cioè centro di raccolta dei prodotti agricoli (tra cui il grano) e degli scarti della potatura e rimonda –, con 1.100 soci, 1.300 ettari di superficie olivetata, 83.000 piante (molte secolari) e circa 35.000 ql di olive molite. Purtroppo, la crisi dell’olivicoltura, scaturita dalla xylella, ha contribuito al calo sia della quantità delle bacche che dell’olio destinato alla vendita e, naturalmente, dei soci (precipitati, nel 2020, a 139) e dei dipendenti stagionali e fissi.

Il settore, è stato messo, ulteriormente, in ginocchio dall’emergenza sanitaria, situazioni difficili e dure prove, ma il sodalizio ha ricostruito e riorganizzato, in modo radicale il settore puntando sulla riconversione spronando i produttori a sperare nella ripresa e resilienza, cioè la capacità di resistere, comprando le olive provenienti da altre aree – soprattutto, dal Tarantino – non attaccate, al momento, dal batterio.

Insediate su un’area vitivinicola di particolare pregio, oggi investite a produzioni a DOC e IGP, ricadono le due maggiori realtà rappresentate da “Azienda Agricola Conti Zecca” e “Cantina Sociale Cooperativa Vecchia Torre”. La prima, racconta una storia di passione, innovazione e tradizione lunga cinque secoli, allorquando la famiglia napoletana Zecca decise di trasferirsi in Puglia (più precisamente a Leverano) e dedicarsi all’agricoltura, in particolare, alla coltivazione della vite e dell’olivo nel rispetto di consuetudini nobili e antichissime.

Attualmente, è composta da un complesso aziendale esteso nelle province di Lecce e Brindisi, su una superficie di circa 800 ettari, di cui il 40% (320 ettari) coltivato a vigneto, distribuito su quattro grandi tenute, ubicate nei comuni di Leverano e Salice Salentino (una delle zone di produzione dei principali vini DOC del Salento). Il punto di raccolta e vinificazione delle uve è situato nel primo centro abitato ed è ancorato ai vini DOC e IGP rossi, bianchi e rosati. I vitigni coltivati sono, soprattutto, quelli autoctoni salentini (Negroamaro, Primitivo, Malvasia bianca, Moscato e Vermentino) con un contributo modesto di varietà alloctone (Chardonnay, Cabernet Sauvignon).  Nei rosati – prodotti da uve a bacca nera, ma con tempi di contatto tra le bucce e il mosto decisamente più brevi rispetto ai rossi – la percentuale alcolica tocca i 12/12,5° ed i vini hanno origine, in prevalenza, da vitigni di Negroamaro, a volte, in assemblaggio con piccole percentuali di altre tipologie, sempre locali.

Caratteristica fondamentale della filosofia aziendale è la tutela dell’ambiente, del lavoro in campagna e della biodiversità dei terreni, nonché della salvaguardia della salute dei consumatori, obiettivi raggiunti puntando su tecniche di agricoltura sostenibili (tra cui basso apporto di prodotti chimici e trattamenti non aggressivi), basati sull’implementazione di un sistema di tracciabilità supplementare in grado di documentare la corretta gestione del processo e l’applicazione dei requisiti previsti dal protocollo. Dal 2017 il Ministero delle Politiche Agricole ha conferito all’Azienda Agricola Conti Zecca la Certificazione SQNPI (Sistema di Qualità Nazionale di Produzione Integrata), che assicura al consumatore la coltivazione dei prodotti con tecniche rispettose dell’ambiente e della salute dell’uomo.

Il secondo sodalizio (“Cantina Sociale Cooperativa Vecchia Torre”), nato circa 60 anni, è scaturito dall’iniziativa di piccoli proprietari terrieri, braccianti, docenti e un sacerdote, i quali diedero vita ad una nuova realtà, in grado di produrre ricchezza e sviluppo.

La capacità produttiva annuale supera, infatti, i 3,5 milioni di bottiglie, scaturite dalla trasformazione di circa 20.000 q di uva, conferita da 1.100 soci, i quali coltivano, nel complesso, 1.110 ha di vigneto (la resa unitaria, in media, è di 90 hl di vino), mentre il fatturato complessivo si attesta sopra i 20 milioni di euro all’anno. L’azienda immette sul mercato vini DOC (rosso, bianco e rosato), oltre a spumanti (bianchi e rosati) e IGP (rossi, bianchi e rosati).

I primi devono avere una gradazione alcolica finita pari almeno a 12° e scaturiscono da vari vitigni (Negroamaro, Primitivo, Malvasia nera, Sangiovese, Montepulciano, Syrah, etc.), mentre quella dei secondi (derivati da Malvasia bianca, TrebbianoBombino bianco, Vermentino, Chardonnay, etc.) è attestato sugli 11°.

Nei  rosati – prodotti da uve a bacca nera, ma con tecniche di vinificazione, modalità produttive  e qualità organolettiche differenti dalla vinificazione del vino rosso – i valori toccano gli 11,5° ed i vini derivano, soprattutto, da Negroamaro, Primitivo in rosato, Malvasia nera, etc.

Vecchio e nuovo, tradizione e innovazione, teoria e pratica, caratterizzano altre aziende attive nell’ambito del territorio di Leverano, che evidenziano passione, attività sperimentali, tecniche avanzate, imprenditorialità ed ottica interdisciplinare, producono ricchezza e sviluppo, garantiscono benessere e creano nuovi posti di lavoro.

Tra queste, ricordiamo “Birra Salento”, sponsor ufficiale di vari eventi (Miss Mondo Italia), sostegno a favore di associazioni, partecipazione a numerosi eventi e fiere – tra cui, il Cibus di Parma ed il Vinitaly di Verona, vetrine che mettono in risalto le bellezze e potenzialità di quest’area salentina a livello nazionale ed internazionale –, impegno in progetti di ricerca, sperimentazione ed innovazione nell’ambito del DisTeBa dell’Università del Salento, etc. L’azienda è nata dalla realizzazione di un sogno post anni Sessanta del secolo scorso, quando Fernando Zecca, padre di Maurizio (l’attuale presidente dell’impresa), scriveva da Friburgo – comune svizzero, situato al centro della regione storica della Nuitonia –, dove lavorava in un birrificio, ai familiari ed amici lasciati nel Salento: «Il tempo, la storia di ognuno di noi, annoda i fili del destino e se i rami più importanti si spezzano, le radici restano ben ancorate alla terra e intrecciate tra loro».

Da una piccola ditta, nata tra soppalchi e scantinati, che oggi porta il nome di Mebimport, leader nella distribuzione di bevande per horeca e superhoreca, è iniziata una nuova avventura: un birrificio artigianale (nel cuore del Salento), che si avvale di anni di intenso lavoro e di numerosi collaboratori. Oggi, dove crescono da anni uliveti e vigneti, si fa strada anche l’orzo con l’intento di continuare a valorizzare la ricchezza del territorio.

Il percorso “brassicolo” verrà completato nel 2022, con la realizzazione di una malteria ubicata a pochi passi dalle aree in cui oggi cresce l’orzo e dove, nei prossimi mesi, verrà sperimentato un altro ingrediente fondamentale per la nascita della birra, il luppolo. Grazie a questi numerosi progetti, si potrà  raggiungere il percorso di filiera completa nel territorio salentino: ciò che nasce dalla terra, si trasforma in prodotto finale nello stesso luogo. Un esempio pratico di territorialità viene evidenziato, anche, da una delle qualità birraie “Agricola”.

Il nome è nato per rendere omaggio ai lavoratori locali, i quali, nella pausa-lavoro si recavano nei bar per consumarla, in grado di ricordare loro, in qualche modo, i sapori del territorio. “Agricola”, protagonista indiscussa e sponsor ufficiale del video di “Karaoke” di Alessandra Amoroso e i  Boomdabash, vuole raccontare, pertanto, non solo al palato, ma anche al cuore delle persone, un viaggio sensoriale ed emozionale alla scoperta della storia del territorio e delle sue tradizioni.

L’azienda attraversa, da tempo, una fase espansiva, grazie alla qualità e delicatezza dei prodotti (selezionati da mastri birrai e ricercatori), alle numerose tecniche avanzate e all‘instancabile passione del suo timoniere, che hanno trasformato “Birra Salento” in una realtà leader nel mondo brassicolo nazionale e non solo.

Ripartire dalla natura e dalla tradizione è la filosofia alla base della “Moringa Salento”, che unendo l’antica medicina ayurvedica con quella salentina, ha creato un perfetto connubio tra scienza e natura ed è riuscita ad adattare – tra le prime in Europa – una pianta di origine tropicale (la Moringa oleifera, chiamata “albero della vita” o “albero miracoloso”), considerata, anche dalla FAO, una risorsa alimentare e medicina naturale.

É presente nel Salento, in particolare a Leverano, dove occupa circa 10.000 mq, in coltivazione totalmente biologica, completamente protetta da reti anti grandine o aggressione da insetti. In questo modo, le piante, esenti da pesticidi, contaminazioni funginee e batteriche e con presenza di metalli pesanti al di sotto del limite di rintracciabilità, strettamente monitorate e controllate, garantiscono elevati standard qualitativi, consentono di sfruttare al meglio le straordinarie proprietà nutrizionali ed i principi attivi naturali – vitamine A, E, C e gruppo B, sali minerali (tra cui il potassio), etc. – e realizzano una linea di integratori per favorire l’innalzamento delle difese immunitarie, contrastare le malattie neurovegetative, l’aumento delle placche aterosclerotiche e lo sviluppo dei radicali liberi (e, quindi, l’invecchiamento cellulare), equilibrare la pressione arteriosa, etc.

La preziosa polvere verde può essere usata, inoltre, come spezia, consumata in qualità di bevanda ed impiegata in cucina per preparare pane, pizze, patè vari, etc. , in quanto migliora la digeribilità dei cibi, apporta un gusto gradevole e benefici salutistici (moringina e trigonellina, resistenti al calore, sono utilizzate in funzione antinfiammatoria e antiglicemica).

L’azienda ha creato, infine, una linea di cosmetici ricca di principi attivi e funzionali, volti a prevenire gli inestetismi della pelle e l’invecchiamento cutaneo.

“Made in Italy” e punto di riferimento per le imprese salentine, è il “Credito Cooperativo di Leverano”, modello unico per lo sviluppo del territorio, in cui la buona finanza si coniuga con la mutualità, evoluzione sociale e benefici prodotti, reinvestiti in loco allo scopo di stimolarne la crescita economica.

Si tratta, infatti, di una banca non speculativa, che, gestita da soci, non prevede distribuzione di utili, ma evidenzia particolare  attenzione alla sfera sociale, con aiuti a disabili, anziani e fasce più deboli, donazioni agli ospedali locali di apparecchiature per allestire terapie intensive contro il Covid 19 o per la preparazione di farmaci antiblastici per inibire la crescita delle cellule tumorali, realizzazione ed ampliamento di una casa di riposo, nonché ausilio a studenti tramite l’erogazione di borse di studio, supporto ad associazioni culturali, di volontariato, sportive e religiose, valorizzazione dell’agricoltura e turismo, sostegno all’economia reale ed alle imprese obbligate a investire sul territorio (solo il 5% può essere impiegato fuori dall’ambito di competenza), peraltro agevolate, rispetto ad altre banche, da benefici aggiuntivi e crediti a tassi d’interesse contenuti.

La BCC si configura, soprattutto, come un valido riferimento per le piccole e medie aziende salentine, che, sono riuscite a reggere il durissimo colpo inferto dalla pandemia, ormai alle spalle ed a manifestare un’interessante ripresa economica. La banca, in crescita in merito ai principali indicatori economico-patrimoniali, è articolata in 10 filiali dislocate in altrettanti comuni e dispone di un organico complessivo, al 30 giugno 2021, pari a 48 dipendenti.

Nel primo semestre, l’utile netto ha raggiunto i 5,5 milioni di euro, mentre i nuovi finanziamenti, erogati a famiglie ed imprese, hanno superato i 25 milioni di euro, per effetto dell’incidenza del comparto mutui, mentre la crescita dei depositi a risparmio e dei conti correnti si è attestata su circa 49 milioni di euro.

Leverano, quindi, con il suo patrimonio storico ed architettonico, la bellezza dei luoghi, laboriosità delle piccole e piccolissime imprese (moderne ed innovative), assume le caratteristiche, rispetto ad altri paesi salentini, di un centro abitato vitale e proiettato verso il futuro, grazie alla forma, molto dinamica, del cooperativismo e coesione sociale, che, dalla difficile realtà odierna, ha tratto nuovi stimoli e ispirato uno stile di vita ancorato alla valorizzazione del bene comune.

Tale modello è nato per aiutare piccoli proprietari impegnati, prevalentemente, nella monocoltura, per combattere l’usura e valorizzare la cooperazione sociale e mutualistica senza fini di speculazione privata. I diversi soggetti economici, unendo le forze, hanno saputo contrapporre la propria capacità di “fare rete” alla recessione, inflazione e deflazione,  regolamentato il mercato a vantaggio dei produttori e commercianti, raggiunto traguardi importanti con la commercializzazione e trasformazione dei prodotti e valorizzato il lavoro.

In tal modo, si sono difesi dall’usura, criminalità organizzata, spinte speculative ed intermediari, stimolando l’assunzione di comportamenti virtuosi e superamento del particolare a favore della collettività. Infatti, negli anni ’40/’50, numerosi mediatori controllavano i mercati e le aziende, stabilivano anche i prezzi per conto di terzi e le esportazioni di prodotti verso l’Italia settentrionale.

Pertanto, la cooperazione sociale e mutualistica slegata da obiettivi speculativi privati, puntando sul protagonismo responsabile e radicamento territoriale, con una politica a sfondo sociale, ha garantito non solo opportunità e benessere, supportato nel tempo soci e compratori, incrementato la produttività delle aree arretrate, aumentato l’offerta e abbattuto i prezzi e margini di guadagno dei mediatori, ma altresì accentuato la qualità e freschezza dei prodotti ortofrutticoli e floreali, nonchè la dinamicità produttiva e commerciale, l’innovazione e la ricerca.

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* Adele Quaranta, autrice del corredo fotografico (realizzato con il cellulare), già Ricercatrice di Geografia economico-politica presso l’Università del Salento, è Presidente dell’Associazione Culturale  G.ECO.S. («Geografia Ecosostenibilità Sviluppo»), impegnata sia nella promozione e salvaguardia del territorio a livello locale e globale, sia nella diffusione della cultura, sostenibilità, buone prassi e sviluppo socio-culturale dei giovani, attraverso numerose attività laboratoriali (si veda: www.gecos40.it). Collabora, infine, con riviste e associazioni rivolte alla conoscenza, salvaguardia e valorizzazione dei territori italiani e stranieri, nonché con emittenti televisive locali (in particolare, Telerama e Terre del Salento, attive nelle province di LecceBrindisi e Taranto).

 

Adele Quaranta

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