Brasile: Il caffè e la fazenda

Brasile: Il caffè e la fazenda


Paola Cecchini

Dopo la fine del periodo coloniale, il Brasile subisce un cambiamento economico le cui avvisaglie si notano già ai primi decenni del XIX secolo.
Dopo l’era dello zucchero e dell’oro, inizia l’era del caffè che finirà per dominare la vita economica, culturale e sociale dell’intero Paese.
‘Come nel passato, la produzione agraria continua divisa e distribuita tra le diverse regioni del Paese, con un prodotto ciascuna, indipendentemente dalle altre e rivolta interamente all’esportazione. E’ come se fossero diverse unità economiche più o meno accidentalmente riunite nel corpo di una sola nazione o conducendo vita a parte -scrive Caio Prado Jr. nella História Econômica do Brasil. (1976)


Concorda con lui la storica Chiara Vangelista allorché sostiene che ‘si riproduce in sostanza quel fenomeno tipico della storia e dell’economia brasiliana: trasferimento del ruolo trainante da una regione all’altra e all’interno di ciascuna regione, il passaggio dall’economia di sussistenza all’economia di esportazione, fino al ritorno, in qualche caso, all’economia di sussistenza’. Il suo libro, ‘Le braccia per la fazenda. Immigrati e caipiras nella formazione del mercato del lavoro paulista (1850-1930)’, è pubblicato in Italia per i tipi di Franco Angeli Editore (1982).
La coltivazione intensiva del caffè inizia alla fine del XVIII secolo, lungo la valle del Paraíba, compresa tra São Paulo e Rio de Janeiro. Nella prima metà del secolo successivo, la valle è già completamente occupata dalle piantagioni, mentre dal porto di Rio viene imbarcato il prodotto per l’esportazione.
A partire dal 1870 le terre- già completamente sfruttate- sono abbandonate a favore della regione centrale dello Stato di São Paulo che diventa da quel momento il primo produttore nazionale di caffè. Tra il 1890 e il 1900 il caffè paulista rappresenta il 57% della produzione nazionale e ancor prima del 1900, il porto di Santos supera quello di Rio per la quantità di merce esportata.


Vengono istallate piantagioni a Bananal, Areias, Pindamonhangaba, Lorena e Taubaté, nella zona nord-orientale dello Stato, fino a raggiungere i municipi che diverranno simboli della nuova frontiera: Amparo, Campinas, São Carlos e Ribeirão Preto che di lì a pochi anni, diverrà la capitale mondiale del caffè.
Tra il 1919 e il 1920, il Brasile arriva a produrre più di due terzi di tutta la produzione mondiale e le fazendas pauliste vi contribuiscono per il 70%, vale a dire per quasi la metà della produzione del globo.
Le piantagioni si espandono fino alle regioni Araquarense, Alta Paulista e Alta Sorocabana, ai limiti occidentali dello Stato, al confine col Mato Grosso do Sul.
La coltura è condotta disordinatamente, senza alcuna programmazione, distruggendo foreste fertilissime, deviando ruscelli, costruendo dighe ed abbandonando le terre esaurite, per continuare altrove nella stessa maniera.
Come lo sono stati in precedenza i proprietari di engenho e delle grandi miniere, i fazendeiros diventano l’élite sociale brasiliana, anche se sono gli eredi dei primi pionieri che dissodarono il terreno per creare le piantagioni di canna da zucchero, acquisite per sesmarias, consuetudine o donazione diretta dalla Corona.
Nel suo ‘Rio Claro-Um Sistema Brasileiro de Grande Lavoura’, Warren Dean racconta che le sesmarias, concesse dal viceré o dal governatore, erano gli unici titoli di proprietà fondiaria riconosciuti dai tribunali fino alla ‘Lei das Terra’ (1850). Di norma ‘avevano una superficie pari a una lega quadrata (44 km2) e costavano, in spese di espediente, da 300 a 400 milreis, cifra che non era molto oltre la capacità del colonizzatore libero. Era più comune, però, che il governatore o viceré concedesse questo immenso favore sottoforma di terre gratuite a persone ricche e politicamente influenti nella città’.


Allorché il Paese conquista l’indipendenza, i fazendeiros diventano i rappresentanti della politica nazionale. Secondo quanto scrive Pierre Denis ne ‘Le Brésil au XX siècle’ (1911), scelgono i candidati politici da eleggere nell’Assemblea Parlamentare affinché promuovino le leggi che tutelano i loro interessi come persone, prima ancora di essere i portavoce degli interessi della classe di appartenenza, quale elemento omogeneo ed unitario.
In seguito diventano anche nobili: dal 1840 al 1889 l’Imperatore assegnerà loro 876 titoli nobiliari.
Lo sviluppo della coltura del caffè va di pari passo con quello della linea ferroviaria attraverso cui viene sostituito l’originario sistema di trasporto affidato ai tropeiros (allevatori e commercianti di muli e asini) che collegava la fazenda al porto.
Il primo tratto ferroviario viene inaugurato nel 1866 e congiunge il porto di Santos alla città di São Paulo; nel 1867 raggiunge Jundiaí. Dal 1870 si pongono le basi per le comunicazioni interne dello Stato: è per questo che molte fazendas portano i nomi dei tratti ferroviari che le attraversano.


L’ampliamento della rete ferroviaria produce l’estendersi dei cafezais (alberi di caffè) come illustra la tabella di seguito riportata:

Presso i centri di accoglienza, i fazendeiros illustrano agli immigranti le condizioni di lavoro: i contratti sono verbali e non offrono alcuna garanzia sulla serietà del proprietario terriero che li propone.


All’inizio della grande immigrazione, le case dei coloni sono costituite da ‘quattro pali piantati ai quattro angoli, quattro a metà e uno al centro, con le pareti costruite con un impasto di fango e su ciascuna una finestra ma senza vetri’. E’ quanto scrive Davatz T., in ‘Mem6rias de um Colono no Brasil’ (1850).
I coloni dormono su paglia di mais con cui ricoprono il pavimento di terra battuta. In teoria possono lavorare come braccianti (camarada), a mezzadria (parceria) o a cottimo (empreitada). Quest’ultima soluzione rappresenta spesso la modalità scelta.
Il salario si compone di tre parti:
-la prima è rappresentata da una somma, fissata ogni mille piante di caffè, che devono essere tenute pulite dalle erbacce (sarchiatura). Questo lavoro viene effettuato cinque volte l’anno ed un adulto accudisce di norma 2.000-4.000 piante;


-la seconda è rappresentata da una somma (all’incirca pari a quella annuale della sarchiatura), ricavata dal raccolto del caffè che inizia a metà maggio e si protrae fino ad ottobre (domeniche e giorni festivi inclusi). Il pagamento è effettuato ad alquiere (circa cinquanta chili di caffè raccolto). Fino al XIX secolo viene corrisposto una volta l’anno e solo dal secolo successivo i conti sono saldati trimestralmente;


-la terza, infine, è rappresentata dalle varie colture che il colono può piantare tra gli spazi interfilari (mais, manioca e fagioli) o in un terreno apposito (ciò è possibile solo nei cafezais nuovi, dove il terreno risulta più fertile). Questa parte del salario é quella che interessa maggiormente i coloni, tanto che le loro richieste di aumento salariale vertono spesso in un maggior numero di ore da dedicare alle proprie colture, le cui eccedenze sono vendute al mercato e costituiscono, pertanto, una rendita monetaria.
Entrando nella piantagione, il colono riceve un libretto (caderneta) in cui il fazendeiro segna a suo credito i lavori effettuati e a suo debito i generi acquistati nello spaccio della piantagione che spesso pratica prezzi esorbitanti.
Si tratta sovente dell’unico negozio in cui si può comprare a credito e talvolta, dell’unico in assoluto, dato che alcuni fazendeiros, soprattutto i primi anni, corrispondono il salario in buoni.


La campana scandisce l’inizio e la fine del lavoro nel campo, sotto la sorveglianza dei capangas. Nessuno può allontanarsi o ricevere parenti ed amici (domenica inclusa) senza l’autorizzazione del fazendeiro.
L’impatto col mondo del caffè è spesso traumatico: é un mondo chiuso, soggetto a proprie leggi. La vita che vi si conduce è monotona, isolata dal mondo esterno; anzi, specialmente nelle grandi fazendas, di norma molto distanti dai centri urbani, non giunge neppure l’eco di ciò che succede altrove.
A seguito della ‘Lei Aurea’, i fazendeiros si trasformano da padroni di schiavi a datori di lavoro libero. E’ un cambiamento drastico dal punto di vista giuridico ma molto graduale nella mentalità degli stessi ed anche nell’organizzazione della piantagione.
I coloni devono fare i conti con la loro mentalità schiavista che di certo non cambia da un giorno all’altro. Nelle relazioni dei consoli italiani a São Paulo sono registrati tantissimi reati di aggressione fisica sofferti dalle famiglie dei coloni: le violenze contro le donne italiane, ad esempio, sono molto diffuse, perché i fazendeiros non sono abituati a trattare con persone titolari di diritti. Abusano in ogni modo del loro potere nei confronti dei coloni, alterando pesi e misure (attraverso la sottostima dell’alquiere), confiscando i prodotti e soprattutto, utilizzando le multe per limitare le proprie uscite monetarie. Anche il più futile motivo (come il mancato rispetto della norma che impone lo spegnimento delle luci alle otto di sera) é sufficiente per detrarre dalla caderneta cifre considerevoli per il colono. Le multe divengono sempre più frequenti con il declino del prezzo interno del caffè.
Anche la situazione dal punto di vista sanitario non è buona: oltre ai rischi generali (malaria, epidemie di vaiolo e febbre gialla), i coloni sono minacciati da malattie molto pericolose: anchilostomiasi, tracoma e bicho de pé.
La situazione è aggravata da una totale mancanza di assistenza sanitaria nelle fazendas lontane dai centri urbani.

Di conseguenza le parcelle richieste dai medici in caso di visita a domicilio, sono altissime ed una malattia di breve durata può mandare in fumo i guadagni di mesi o anni di lavoro.
Una nota positiva é invece rappresentata dall’alimentazione. Specialmente dopo il primo raccolto, sulla tavola della famiglia colonica compaiono carne suina, riso, polli, ortaggi, fagioli, un’abbondanza di cibo soltanto sognata in Italia.


I coloni che lavorano nelle piantagioni non suscitano l’interesse dei pittori brasiliani. Almeida junior (1850-1899), tra i più importanti dell’Ottocento ed unico interprete del mondo rurale paulista, non li raffigura mai nei paesaggi che dipinge.
La situazione non cambia molto con l’avvento del Modernismo, movimento artistico iniziato a São Paulo nel gennaio 1922 con la ‘Semana da arte moderna’ e volto a cogliere gli elementi salienti dell’arte brasiliana. All’interno del Movimento (che tanto influenzerà la produzione intellettuale tra le due guerre) troviamo soltanto un quadro di Tarcila do Amaral, che in ‘Operários’ ritrae i nostri connazionali alle prese con i lavori edilizi in città.


E sarà infatti nel mondo urbano, soprattutto a São Paulo, che molti profughi delle fazendas approderanno per riconvertirsi professionalmente, dopo aver abbandonato il sogno a lungo cullato in Italia: quello di acquistare la proprietà della terra e diventare ricchi.

Gallery

       Stato di São Paulo, 1935. Fazenda di caffè. Preparazione del terreno
       Stato di São Paulo, 1935. Fazenda di caffè. Carico dei sacchi        sul carro dei tropeiros (allevatori e commercianti di muli e asini) che   collegavano lefazendas al porto di Santos
  Stato di São Paulo, 1935. Fazenda di caffè. Partenza di un carro verso il  porto
  Santos (São Paulo),1940. Trasporto di sacchi di caffè all’interno            di una nave ancorata nel porto

Redazione

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