La nostra idea del mondo

La nostra idea del mondo

 Circolano milioni di notizie, repliche, opinioni, smentite. Nel mondo globale è normale che ciascuno dica la sua e lo faccia usando la molteplicità di mezzi di comunicazione di cui oggi disponiamo: molte parole finiscono subito dimenticate, altre ne alimentano di nuove in un crescendo ossessivo e assordante.

Sembra che non ci si possa sottrare da questa consuetudine che ha preso il sopravvento al punto che disponendo di moltissime opinioni finiamo per non averne una propria, meditata, convinta e decisa. Subiamo una sorta di condizionamento inconsapevole che ci rende incerti, possibilisti, insicuri e ondivaghi.

Praticamente la nostra vita si regge sulle informazioni: chi lo sa le usa per renderle il vero potere forte, capace di condizionare la politica, l’economia, la finanza, ma anche il nostro personale umore, i discorsi da bar e le chiacchere da pianerottolo.

Dovremmo riflettere più spesso sul fatto che la nostra concezione del mondo non si fonda sulla conoscenza diretta delle cose, dei fatti e degli avvenimenti e nemmeno sull’esperienza ma è sempre una conoscenza mediata da fonti esterne (di cui spesso ignoriamo l’attendibilità) che ci restituiscono un  prodotto – la notizia appunto – senza minimamente domandarci da chi siamo inconsapevolmente orientati. E così politica, sistema elettorale, ambiente, salute, stili di vita, comportamenti individuali e sociali sono permeati di relativismo e intercambiabilità, viviamo in un universo puntiforme, senza centro e senza periferia, dove tutto è provvisorio ed effimero perché la vita stessa diventa un’imprevedibile sequela di circostanze quasi mai fondate su un progetto, peraltro alla prova dei fatti insostenibile e spesso smentito. Partecipiamo, amiamo, odiamo, persino uccidiamo in nome di immaginifiche rappresentazioni mentali che ci conducono verso scelte sovente irrazionali e dissociate dalla realtà, in nome di presunti valori oppure in nome del nulla. Pensiamo al fondamentalismo religioso, pensiamo alle vite bruciate nell’autodistruzione dai giovani privi di affetti veri o di speranze realizzabili.

Il dissolvimento della memoria condivisa ci preclude alle riflessioni sulla Storia – maestra di vita – mentre l’assenza di guide politiche capaci ed autorevoli ci fa vivere e rivivere fino al nichilismo l’autoreferenzialità del presente, come in una pièce del teatro dell’assurdo, dove è l’attesa di qualcosa di indefinito o vagamente desiderabile il vero protagonista dell’esistenza.

Siamo come assorbiti in un circolo vizioso di luoghi comuni, dicerie, abitudini, circondati da molte opinioni ma da pochi buoni esempi, postuliamo la democrazia diretta senza renderci conto che si riduce ad un cenacolo di frequentatori del web, a volte molto supponenti e pieni di sé.

Ci manca l’umiltà del dialogo, siamo orfani del pensiero critico, risolviamo ogni problema applicando  improbabili sillogismi privi di logica, riduciamo i valori sedimentati nella cultura tramandata a giochi di parole, giudizi affrettati, frasi fatte. Viviamo senza esserne pienamente consapevoli in un mondo fondamentalmente violento: quando i fatti di cronaca ci ricordano questa realtà chiediamo verità e giustizia ma poi dimentichiamo in fretta. Non bastano fiaccolate e palloncini liberati al cielo per rimuovere l’indifferenza e l’egoismo che sostanziano un’idea del mondo svuotata di valori.

Francesco Provinciali

Redazione

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