Antonia Masanello l’eroina italiana dei Mille

Antonia Masanello l’eroina italiana dei Mille

di Daniela Piesco

Antonia Masanello rappresenta la summa dell’anticonformismo garibaldino, così indigesto ai propugnatori dell’idea di fare l’Italia senza l’aiuto delle masse.

Invero le battaglie che questa donna affrontò per l’indipendenza dell’Italia furono anche e soprattutto lotta per la sua stessa libertà e per l’emancipazione femminile .

La storia prende origine dal paese di Montemerlo.

Antonia venne al mondo da Antonio e Maria Lucca nel cuore della calda estate del 1833.Nulla si conosce dell’adolescenza di Antonia.Dopo essersi sposata con Bortolo Marinello il 12 novembre 1851 a Mestrino, un villaggio a poca distanza da Montemerlo dove i Masanello erano nel frattempo emigrati,a meno di 30anni , fuggì nottetempo , assieme al marito, sospettato di simpatie liberali, desideroso di arruolarsi con i Mille di Garibaldi.

Affidata in custodia la loro figlioletta, i due si diressero a Genova per l’imbarco, ma non giunsero in tempo per essere parte della storica spedizione. Non si persero d’animo: partirono di lì a qualche giorno con un piroscafo che lì sbarcò a Marsala con qualche altra decina di volontari e un carico di armi e munizioni.

Raggiunsero i Mille a Salemi giusto all’indomani della celebre battaglia di Calatafimi (15 maggio), vittoria inaugurale della leggendaria impresa. Antonia seguì il marito in combattimento e, ovviamente camuffata da uomo, contrastò ella stessa le milizie dell’esercito borbonico.

Il brevetto di caporale e il “congedo con onore” conseguiti sotto il falso nome di Antonio Marinello al termine della campagna, dopo la capitolazione della fortezza di Gaeta (13 novembre 1861), starebbero a confermare la condotta di impavido “combattente” della Masanello.

La donna montemerlana si arruolò sotto mentite spoglie

Antonia declinó le proprie generalità come Antonio Marinello (servendosi astutamente del cognome del marito): partecipò in tal modo, camuffata da uomo, all’intera campagna di liberazione contro l’esercito delle Due Sicilie, inquadrata nel terzo reggimento della brigata Sacchi.

Attraverso epoche e culture diverse, il travestimento nei panni maschili ha rappresentato per le donne lo stratagemma che concedeva loro di varcare i confini dell’identità prestabilita, di esprimere, imporre doti che altrimenti sarebbero state condannate all’invisibilità da norme culturali e giuridiche prima, piuttosto che da pregiudizi e divieti poi.

Le imprese garibaldine hanno registrato una folta partecipazione femminile: come giornaliste come Jessie White Mario(JessieWhiteMario.com), infermiere, finanziatrici, e via elencando .

Le donne si mobilitarono in vari modi per il Generale, il quale non mancò di riconoscere il loro contributo alla causa nazionale, rivolgendo decine di appelli e proclami, appoggiando, dopo l’Unità, la questione dei diritti del gentil sesso: una mobilitazione senza precedenti delle donne, che presero ad agire sulla scena pubblica con forme talora dirompenti sul piano reale e simbolico.

Firenze

In seguito si stabilì con la propria famiglia a Firenze: qui, colpita da tisi, terminò i suoi giorni poco tempo dopo, nella primavera del 1862. L’epitaffio dettato dal poeta Francesco Dall’Ongaro e impresso sulla lapide al cimitero fiorentino di S.Miniato, riassume compiutamente la singolare vicenda umana di Tonina:

L’abbiam deposta, la Garibaldina all’ombra della Torre di San Miniato con la faccia rivolta alla marina perché pensi a Venezia, al lido amato. Era bionda, era bella, era piccina ma avea cor di leone e di soldato. E se non fosse che era donna le spalline avria avute e non la gonna e poserebbe sul funereo letto con la medaglia del valor sul petto. Ma che fa la medaglia e tutto il resto? Pugnò con Garibaldi, e basti questo!”.

La popolarità goduta dalla donna montemerlana che incredibilmente aveva indossato la camicia rossa di Garibaldi, fu pari alla sua esistenza tanto breve quanto avventurosa e varcò i confini nazionali: delle imprese della nostra garibaldina si occupò addirittura un quotidiano di New Orleans, «The Daily True Delta», nell’edizione del 10 agosto 1862, che rievocò fra cronaca e leggenda “an italian heroin”, un’eroina italiana.

Antonia la donna che aveva dato la vita per fare l’Italia.

Solamente un secolo dopo, grazie alle ricerche di Alberto Espen, è stato dato un volto ad Antonia Masanello, giovane donna dal viso incorniciato da una fluente capigliatura riccioluta, trattenuta dal caratteristico copricapo indossato dai garibaldini

Per tramandare questo singolare personaggio, misconosciuto perfino nella propria terra, l’artista Piero Perin, originario di Cervarese e recentemente scomparso, ha plasmato un tondo in terracotta che rappresenta la Masenella, una giovane donna dai capelli ricci al vento fermati da un cappello con frontino
alla garibaldina e ampio orecchino pendente dal loro sinistro.

Soltanto una bandiera italiana modellata sul lato sinistro della scultura rievoca la guerra che ella combatté per l’unificazione dell’Italia. Con gesto munifico, l’artista ha recentemente donato questa sua opera alla biblioteca comunale di Cervarese
S.Croce, ubicata presso l’ex parrocchiale S.Michele di Montemerlo, affinché sia esposta al pubblico richiamando così alla memoria un tassello di storia locale finora coperto dall’oblio

Nell’ambito delle iniziative per il 150° dell’unità d’Italia, il comune di Firenze il 24 settembre 2011 ha omaggiato la garibaldina veneta con lo scoprimento di una lapide in suo onore presso il cimitero di San Miniato al Monte.

Daniela Piesco Vice Direttore Radici

Redazione

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.