Corridoi Covid Free, Governo italiano si muove ma il Kenya non c’è

Corridoi Covid Free, Governo italiano si muove ma il Kenya non c’è

Di Freddie del Curatolo

La buona notizia è che finalmente, dopo mesi di appelli, richieste, pressioni, incontri a vari livelli, il Ministro del Turismo italiano Garavaglia ha deciso di presentare al suo Governo una proposta per aprire alcuni corridoi “Covid-free” per permettere agli italiani di poter andare in vacanza il prossimo inverno nelle mete esotiche che prima della pandemia costituivano uno dei sogni e delle attrazioni per migliaia di connazionali.

La cattiva notizia è che, come avevamo già prospettato (ma sperando in un’inversione di tendenza) il Kenya non è inserito nell’elenco delle possibili destinazioni.

Si apre così l’articolo a firma di Freddie del Curatolo, pubblicato sul portale MalindiKenya.net, che lo stesso del Curatolo dirige nella cittadina africana.


Come scrivono le principali testate online di viaggi, esiste già una trattativa e i corridoi riguarderebbero Mar Rosso, Maldive, Seychelles, Repubblica Dominicana, Aruba e, cosa ancor più deprimente per il Kenya, l’isola di Zanzibar.
“Lo scopo sarebbe quello di assicurare dei canali sicuri dall’imbarco in aeroporto fino all’arrivo nella struttura turistica – scrivono le agenzie di viaggio sui loro siti di riferimento – Ciò consentirebbe agli operatori di promuovere viaggi in alcune destinazioni limitate, anche in presenza di divieto per motivi turistic
i“.


Ma non solo, a quanto trapela dal Ministero, le Nazioni comprese in questa possibile apertura, pur essendo attualmente comprese nell’elenco E, dei Paesi in cui il turismo è vietato e al ritorno dei quali bisogna osservare un periodo di 10 giorni di quarantena, potrebbero essere invece inserite nel gruppo D, che recentemente è stato aperto al turismo, proprio a determinate condizioni e solo per i possessori di Green Pass, ma senza isolamento fiduciario al ritorno.

E per il tipo di turismo che frequenta il Kenya vorrebbe dire poter ripartire presto in buono stile.
Le condizioni sono chiare: se le nazioni non possono garantire percentuali vicine al 50% di vaccinati (e questo non lo può garantire quasi nessuno, ad eccezione di piccole realtà come Maldive e Seychelles ad esempio) almeno bisognerà vaccinare tutti gli operatori turistici, da quelli negli aeroporti ai transfer, ai dipendenti degli hotel ed eventuali guide safari e campi in savana.

Ma le vacanze invernali saranno considerate soprattutto come “balneari“ e all’interno delle strutture.


Ma il Kenya, come detto, non viene citato, nonostante le nostre insistenze a considerare la salvifica mole di lavoro e di possibile guadagno che il ritorno del turismo in destinazioni che in buona parte dipendono dagli italiani porterebbero.


Le motivazioni sono da ricercare in diversi fattori: in primis quelle prese in esame sono destinazioni abbastanza circoscritte: tranne forse Santo Domingo, che è un’isola ma abbastanza grande e con possibilità di mescolarsi con la popolazione locale, gli altri paradisi esotici sono isole come Maldive e Seychelles, abituate ad un turismo da hotel e spiaggia, che facilmente possono garantire una “bolla” vaccinando tutti gli operatori del turismo.

Idem per le singole mete del Mar Rosso, da Sharm El Sheikh ad Hurgada e Marsa Alam, dove peraltro il Governo egiziano è già molto avanti con l’immunizzazione di tutti coloro che lavorano nel settore dell’ospitalità.


Nel caso di Zanzibar invece è meno comprensibile un’apertura (benché siamo lieti che ciò avvenga, per il turismo e la situazione simile alla nostra in Kenya della popolazione locale rimasta senza lavoro) in quanto solitamente chi si reca in vacanza sull’isola tanzaniana comunque effettua escursioni, se non safari sulla terraferma. Ed attualmente la situazione vaccinale è simile, se non peggiore, a quella del Kenya.

Ma il Kenya è una nazione grande e dispersiva, quindi si dovrebbe parlare solo di determinate zone, come la Contea di Kilifi per Malindi e Watamu o quella di Kwale per Diani. Dall’aeroporto di Mombasa sarebbe possibile organizzare transfer dedicati, con personale vaccinato e trovare poi sistemazioni certificate “green”.


Tuttavia Nairobi non è esente da colpe: la lentezza del processo vaccinale e la mancata priorità, dopo gli operatori sanitari e le forze di polizia, a chi lavora nel turismo, hanno reso più difficile la realizzazione delle richieste dell’imprenditoria turistica, specialmente italiana e i vari appelli, compreso il nostro con voi lettori del portale degli italiani in Kenya.


Ora la palla passa al Ministro della Sanità Speranza e al Presidente del Consiglio Draghi. Ci sono due mesi per mettere in atto questa proposta, ma anche per cercare di inserire le destinazioni keniane della costa nella lista.

Dall’altra parte, ci si attenderebbero iniziative a livello di Contea, oltre che dal Ministero del Turismo locale, ma per ora, come cantavano gli Area, “tutto tace””.aise

Redazione

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