Il visconte dimezzato, metafora dell’uomo odierno

Il visconte dimezzato, metafora dell’uomo odierno

di Daniela Piesco

Il ‘visconte dimezzato’ ,come è noto è una fiaba a carica realistica.

L’opera è stata scritta nel 1952 ed è ambientata in Boemia e Italia (Terralba) nel XVII secolo. Si tratta della prima parte della trilogia “I nostri antenati” che annovera anche “Il barone rampante” e “Il cavaliere inesistente”.

L’autore ,Italo Calvino,scriveva che: “forse l’inconsistenza non è nelle immagini o nel linguaggio soltanto: è nel mondo,” e in una sola frase descriveva gli anni Ottanta, ma anche, senza saperlo, il nostro Duemila.

Invero ho deciso di rileggerlo sotto l’ombrellone perché Medardo appare essere l’esatta personificazione dell’uomo odierno , immerso nella guerra della pandemia che ha prodotto, tra le sue tragiche conseguenze, un incremento delle condizioni di disagio psichico.

L’uomo odierno appare essere , cioè, a metà proprio come il visconte di Calvino .

A metà tra la paura, sentimento che proviamo quando il pericolo è noto,e l’ansia che caratterizza il nostro stato d’animo quando siamo in allarme per qualcosa che non conosciamo.

Quando l’ansia supera una certa soglia subentra l’angoscia, da angustia, stretto, ristrettezza di respiro, e il passaggio successivo è il panico con la disorganizzazione della mente.

Ci siamo sentiti uomini e donne dimezzate cioè incompleti e, fratturati tra bene e male.

Le due metà si sono cercate , e purtroppo l’unione dei due ‘mezzi ‘ che avrebbe portato alla rinascita dell’uomo intero e completo anche nell’animo,non sempre e non in tutti i casi c’è stata.

Perché se ne è parlato poco, ma nelle settimane del lockdown , mentre aspettavamo trepidanti il bollettino quotidiano della Protezione civile dei nuovi contagi e dei decessi , si sono registrati nel nostro Paese 42 suicidi (due tra il personale medico sanitario) e 36 tentativi di suicidio.

Tutti ci sentiamo in qualche modo incompleti” disse Calvino in un’intervista..

L’incompletezza umana teorizzata da Calvino appare in tutta la sua chiarezza nei dubbi del carpentiere..

“E al carpentiere veniva il dubbio che costruir macchine buone fosse al di là delle possibilità umane, mentre le sole che veramente potessero funzionare con praticità ed esattezza fossero i patiboli e i tormenti

Piuttosto egli scrisse nella prefazione al volume “I nostri antenati” del 1960, che nel romanzo prevale l’uomo «dimidiato», l’uomo diviso, rappresentato dalle due metà del visconte: segno di tempi in cui l’uomo si sentiva effettivamente tale, ma forse anche riconoscimento che la totalità è un miraggio.

Tuttavia l’essere umano contiene in sé il bene ed il male: questa è l’essenza del suo limite ma anche il seme della sua grandezza, purché riesca a dominare la componente negativa senza perdere la straordinaria ricchezza che, paradossalmente, deriva proprio dalla sua fragilità e dalla sua fallibilità.

In un’intervista con gli studenti di Pesaro dell’11 maggio 1983, trascritta e pubblicata in “Il gusto dei contemporanei” Quaderno n.3, Italo Calvino spiega così la scelta di dimezzare il personaggio nel suo romanzo: “Quando ho cominciato a scrivere Il visconte dimezzato, volevo soprattutto scrivere una storia divertente per divertire me stesso, e possibilmente per divertire gli altri; avevo questa immagine di un uomo tagliato in due ed ho pensato che questo tema fosse un tema significativo, avesse un significato contemporaneo.Tutti ci sentiamo in qualche modo incompleti, tutti realizziamo una parte di noi stessi e non l’altra. Per fare questo ho cercato di mettere su una storia che stesse in piedi, che avesse una simmetria, un ritmo nello stesso tempo da racconto di avventura, ma anche quasi da balletto.Il modo per differenziare le due metà mi è sembrato che quella di farne una cattiva e l’altra buona fosse quella che creasse il massimo contrasto.

Il divertimento, è molto importante;

“Credo che il divertire sia una funzione sociale, corrisponde alla mia morale! Penso sempre al lettore che si deve sorbire tutte queste pagine, bisogna che si diverta, bisogna che abbia anche una gratificazione; questa è la mia morale: uno ha comprato il libro, ha pagato dei soldi, ci investe del suo tempo, si deve divertire. Non sono solo io a pensarla così, ad esempio anche uno scrittore molto attento ai contenuti come Bertolt Brecht diceva che la prima funzione sociale di un’opera teatrale era il divertimento.”

Il contesto storico del visconte dimezzato come quello pandemico…

Il contesto storico della fiaba calviniana appare simile a quello pandemico :basta leggere la stessa magistrale descrizione che Calvino ne fa.

Eravamo nel cuore della guerra fredda, nell’aria era una tensione, un dilaniamento sordo, che non si manifestavano in immagini visibili ma dominavano i nostri animi. Ed ecco che scrivendo una storia completamente fantastica, mi trovavo senz’accorgermene a esprimere non solo la sofferenza di quel particolare momento ma anche la spinta a uscirne”.

Difatti questa tensione è evocata dallo scenario con cui si apre il romanzo: un campo di battaglia nella Boemia del Seicento in cui cavalca il visconte Medardo di Terralba, cavaliere cristiano pronto a combattere contro l’esercito turco.

Tutto cambia nell’attimo in cui un colpo di cannone lo colpisce in pieno petto, ma al posto di ucciderlo sul colpo lo taglia in due metà che assumono ognuna vita e moralità proprie.

Una è malvagia, perversa, arrogante, dotata di un humour tagliente, mentre l’altra è buona, gentile, caritatevole, altruista ai limiti della pedanteria.

Un contrasto in cui è evidente l’influenza de Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde di R. L. Stevenson, scrittore di cui Calvino si è dichiarato estimatore in diverse occasioni.

I bambini speranza del futuro

Ma perché affidare la narrazione ad un bambino?

Un altro personaggio che ricopre un ruolo importante nel corso del libro è sicuramente il nipote di Medardo, di cui non viene mai svelato il nome, che assolve la funzione di narratore interno.

Il racconto è quindi leggermente filtrato attraverso la sua ottica di bambino, e alcune volte questo rende ancora più assurdo lo svolgimento dei fatti.

Il bambino nacque da una fuga d’amore che la sorella maggiore di Medardo ebbe con un bracconiere. Dopo che morirono entrambi i genitori, il nonno Aiolfo decise di prendersi comunque cura di lui, affidandolo all’educazione della balia Sebastiana, cui anche all’epoca dei fatti egli era particolarmente legato.

Il nipote del visconte racconta di come trascorreva il suo tempo giocando da solo, anche se a volte aveva il permesso di partecipare alle attività di ricerca del dottor Trelawney sui fuochi fatui. E narra anche di come, seppur giunto ormai al difficile periodo dell’adolescenza, amasse ancora rintanarsi nel bosco a inventarsi delle storie i cui protagonisti, principi o buffoni che fossero, erano fatti con degli aghi di pino. 

Chi non è mai restato sorpreso grazie ad una frase semplice e sincera detta da un bambino?

I bambini hanno la capacità di risvegliare dentro di noi sentimenti importanti che finiscono per perdersi nel corso degli anni, nelle difficoltà quotidiane, come per esempio la gioia, la speranza, il rinnovamento.

Con la loro semplicità di Anima nel modo di vedere i problemi del mondo, ci danno gli esempi di come possiamo affrontarli e trasformare le nostre vite.

E dunque senza voler rimpicciolire la complessità dei rapporti umani tra gli adulti, ci si può immaginare come sarebbe l’umanità se anche nel mondo dei più grandi fosse così? 

E così nel Visconte dimezzato l’assurdità del mondo degli adulti è ancora più evidente grazie alla scelta di Calvino di affidare la narrazione alla voce del nipote di Medardo, un bambino che non è stato ancora contaminato dalle scissioni della società, e quindi ancora integro, libero, non represso.

Il senso della leggerezza

Alla luce di questi concetti diventa ancora più interessante il senso di Calvino per la leggerezza espresso anche in un’altra sua opera: l’incipit di Marcovaldo.

“Il vento, venendo in città da lontano, le porta doni inconsueti, di cui s’accorgono poche anime sensibili, come i raffreddati del fieno, che starnutano per pollini di fiori d’altre terre”.

Nella società in cui viviamo, siamo immersi nella pesantezza di tutti i giorni, nello stress, nella rabbia, nell’insoddisfazione, nelle delusioni, nelle aspettative e così via.

Tutto ciò spesso ci fa dimenticare la natura stessa di vita, il carpere diem, l’amore dell’attimo fuggente, la vera importanza che si deve dare alle cose, perché tutto è un divenire, come diceva Eraclito, e perciò transitorio.

Così, come spunto di riflessione, pensiamo all’eleganza della leggerezza, capace di liberare dai “macigni sul cuore” e di elevare alla forma mentis massima. Come una metamorfosi, le ali prenderanno il posto delle catene.

Alla fine Medardo schiuse gli occhi, le labbra; dapprincipio la sua espressione era stravolta: aveva un occhio aggrottato e l’altro supplice, la fronte qua corrugata e là serena, la bocca sorrideva da un angolo e dall’altro digrignava i denti. Poi a poco a poco ritornò simmetrico”.

Il battibecco fra le due metà termina con un furioso duello ..

Il Visconte dimezzato ritornó simmetrico dopo un duello di spada , e a mio parere, Calvino lo descrive benissimo dicendo che ‘… l’uomo s’avventava contro di sé. con entrambe le mani armate d’una spada’.

Alla fine, i due rivali riescono reciprocamente a ferirsi, abbattendo ciascuno la propria spada a ridosso della piaga originaria che li aveva precedentemente dimezzati.

Il dottor Trelawney riesce a bendare strettamente le due metà insieme, e dopo alcuni giorni in cui si pensava il visconte potesse anche morire, questi riesce invece a salvarsi miracolosamente ancora una volta, ritornando un uomo intero.

Come però precisa l’autore, anche se il visconte era tornato perfettamente normale e a Terralba si pensava che si aprisse un’epoca felice e fiorente, ‘è chiaro che non basta un visconte completo perché diventi completo tutto il mondo’.

Daniela Piesco Vice Direttore Radici

Redazione

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