La psicologia dei confini chiusi: la storia d’amore tra Australia e immigrati

La psicologia dei confini chiusi: la storia d’amore tra Australia e immigrati

di Massimiliano Gugole

 “Molti immigrati, italiani e non solo, residenti permanenti o meno, hanno vissuto momenti difficili da quando nel marzo 2020 l’Australia ha deciso di chiudere i propri confini internazionali. Tra questi “nuovi australiani” c’è chi avverte un certo senso di colpa nell’essere critico verso un Paese che ha offerto e continua ad offrire molto, un timore di essere percepiti come ingrati e poco disponibili al sacrificio”. Così scrive Massimiliano Gugole che su “Sbs Italian” introduce il quarto episodio della serie “La psicologia dei confini chiusi”, realizzata con Stefania Paolini, Professoressa Associata di Psicologia Sociale e Interculturale all’Università di Newcastle.


“”Tornatene a casa” o “torna da dove sei venuto”: queste frasi sono il timore o l’esperienza di chi tra gli immigrati ha provato ad esprimere una differenza di vedute a qualcuno che si considera più australiano di loro.
Secondo Stefania Paolini, Professoressa Associata di Psicologia Sociale ed Interculturale dell’Università di Newcastle, questo fa male perché ci ricorda che “non siamo ancora e, forse, non saremo mai completamente accettati”.
Esiste una ricerca che ha dimostrato come la percezione delle critiche da parte degli australiani sia diversa a seconda della provenienza di questi commenti negativi.


Le critiche all’Australia che vengono dagli australiani sono accettate con maggiore flessibilità e benevolenza rispetto a critiche che vengono da persone “straniere”, con background diversi.
L’assimilazione
Come ricorda Paolini, “nella maggior parte delle situazioni l’immigrato ha dato tanto e sta dando tanto ma anche riceve tanto ed ha ricevuto tanto”.
Anche la segnalazione di una “iperaustralianità” da parte di immigrati che abbracciano completamente gli atteggiamenti e stile di vita australiani non è sufficiente per essere considerati true blue.


La storia d’amore tra l’Australia e i suoi immigrati


Secondo Paolini, è utile sapere in quale fase del rapporto con l’Australia ci si trova.
“Nei primi anni dopo il trasferimento viviamo con una sottile aspettativa di poterci assimilare completamente con la società”, sostiene Paolini sulle basi della ricerca psicologica.
Questo periodo è definito luna di miele, quando chi arriva in un nuovo Paese ne è “innamorato”, ed è caratterizzata, prosegue Paolini, da “uno stato affettivo di ottimismo”.
Si parla successivamente, in maniera analoga al matrimonio, della crisi del settimo anno, “quando la consapevolezza dell’impossibilità di diventare veramente australiani entra nel nostro cervello e nel nostro cuore”.
Questo avviene solitamente dopo cinque-sette anni, e la professoressa Paolini dice che “non è un bel periodo”, caratterizzato da un “senso di depressione, delusione e senso di esclusione”.
La chiusura dei confini internazionali, secondo Paolini, potrebbe accelerare i tempi e far sopraggiungere questa crisi prima di quanto avverrebbe normalmente.


Come superare la crisi


Nella fase che segue la “crisi del settimo anno”, dice Stefania Paolini, “è come se tornassimo a riabbracciare il nostro retaggio culturale di origine e lo facessimo coesistere con quello locale”.
Questo processo, che in realtà inizia dai primi momenti dell’arrivo in Australia, è in questa fase “più maturo, più consapevole, meno romantico”.
In questa “nuova dimensione”, la professoressa Paolini dichiara entusiasta che è possibile trovare una serenità e sentirsi più liberi di esprimere il proprio, complesso sé.
Mi permetto delle eccentricità, delle stranezze che probabilmente non mi sarei permessa durante le fasi iniziali della mia immigrazione.
Accettare la nostra diversità, la nostra stranezza “con un sorriso” aiuta noi stessi a sviluppare consapevolezza e accettazione della diversità che è insita nell’essere umani”. 

Redazione

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