Fare cultura in tempi di pandemia: intervista alla direttrice Pappalardo (IIC-Madrid)

Fare cultura in tempi di pandemia: intervista alla direttrice Pappalardo (IIC-Madrid)

di Mauro Bafile

“Fare di necessità virtù. O, come disse il commediografo spagnolo Ramón de la Cruz nel lontano 1700: “hacer de tripas corazón”. Reagire. Reinventarsi. Offrire prodotti nuovi, attraenti, a volte non convenzionali.

Sempre di grande spessore culturale.

Se poi le nuove tecnologie danno una mano, benvenute siano. Ne sa qualcosa Marialuisa Pappalardo, direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura di Madrid. Ricevuto il testimone in piena pandemia, lungi dal perdersi d’animo, si è rimboccata le maniche. E ha dato un nuovo impulso all’Istituto e, soprattutto, ha imposto un proprio stile”.

Ad intervistarla è stato Mauro Bafile direttore de “La voce d’Italia”, quotidiano online di Caracas.


“– Sono arrivata a fine agosto – ha commentato alla Voce -. Non è stato un ingresso facile, ma mi sono detta: “Questo è il mio lavoro, è il nostro lavoro”. Con i colleghi, già nel corso della prima riunione, abbiamo deciso che si doveva comunque continuare ad offrire cultura, nel massimo rispetto delle normative sanitarie.


Ricorda che allora a Madrid i musei erano aperti, anche se l’accesso era permesso, di volta in volta, ad un pubblico ridotto. Il bellissimo Palazzo d’Abrantes del XVII secolo, sede dell’Istituto, dispone di due ampi saloni che possono ospitare mostre, conferenze, concerti.
– Abbiamo detto – ha proseguito -, organizziamo mostre. Controlliamo gli accessi. Conteniamo il numero delle persone entro i limiti permessi. Ci siamo, poi, inventati nuovi prodotti, in particolare nell’ambito digitale. Allora era complicato, lo è tutt’oggi, far venire artisti dall’Italia. Così abbiamo esplorato formule di collaborazione tra quelli italiani e quelli spagnoli.


Ha confessato che ci teneva in modo particolare “che il teatro dell’Istituto potesse tornare a risuonare di cultura”.
– Per me era fondamentale – ha commentato -. Vedere questo teatro vuoto, era un colpo al cuore. La Spagna, dal punto di vista culturale – ha aggiunto -, è particolarmente attiva. A Madrid la concorrenza è spietata ma anche molto stimolante. Abbiamo cercato di lavorare sulla letteratura, sulle arti performative. Abbiamo continuato progetti che erano stati avviati dalla precedente Direttrice; progetti che ho ritenuto molto validi. Il mio desiderio è stato quello di mantenere una continuità e di approfondire la nostra presenza anche in altri settori. Insomma, di proporre un’offerta quanto più ampia possibile. Altra cosa… aprirsi molto alla città – ha affermato, dopo un attimo di esitazione quasi stesse frugando, per un istante, nei suoi pensieri -; aprirsi molto alle collaborazioni con le altre istituzioni. Un esempio eccellente è il programma “Madrid Città Dantesca”. L’istituto è uno degli organizzatori insieme alle università “Complutense”, “Carlos III”, “Autonoma”, il “Círculo de Bellas Artes”, e tanti altri partner. Per me, per noi, è stato veramente un bellissimo risultato.


– La ricettività da parte delle istituzioni private… delle Università…del “Círculo de Bellas Artes”?
– Ottima – è la sua risposta immediata ed entusiasta -. Anche per loro avere un partner come l’Istituto, e ovviamente la nostra Ambasciata, è fondamentale. Non è solo una questione di prestigio. È un valore aggiunto. I rapporti tra Italia e Spagna sono strettissimi. Sono tante le iniziative che le fondazioni e i musei promuovono in modo autonomo. Noi cerchiamo di dare un valore in più a queste iniziative, magari sviluppando attività collaterali. Ad esempio, invitando l’esperto a dare una conferenza nell’Istituto. Prossimamente svilupperemo dei progetti con il Teatro Reale. Sono, appunto, attività collaterali. Il nostro contributo può essere quello di approfondire alcuni argomenti con esperti che vengono dall’Italia. È una formula, una forma di collaborazione assai gradita.


– I settori che più le piacciono…
– Sono di formazione musicista – ci ha detto con un sorriso solare -. La musica è la mia passione.
Ha poi precisato:
– Ciò che mi contraddistingue è la curiosità. Sono una persona molto curiosa. Al di là della passione per la musica, e più in generale per le arti performative, sono aperta a qualsiasi proposta culturale.


LA CULTURA, PANDEMIA E NUOVE TECNOLOGIE


Giunta in Spagna, la Direttrice Pappalardo si è trovata subito a dover gestire una situazione inedita: quella creatasi a seguito della pandemia. Quali difficoltà sono derivate dalla nuova realtà e come le nuove tecnologie hanno aiutato ad affrontarla? È una domanda alla quale ha risposto puntualizzando immediatamente:
– Il settore della cultura è stato uno dei più colpiti dalla diffusione del virus. E noi che siamo operatori della cultura, ci siamo trovati di fronte alla necessità di ripensare le modalità classiche di fruizione. È stato uno stimolo per pensare, come dicono gli inglesi, “out of the box”…; uno stimolo alla creatività. Le tecnologie digitali ci hanno sicuramente aiutato. Tutto quello che era in presenza, a livello di incontri, lo abbiamo trasferito sulla web. Abbiamo organizzato incontri tematici.


Spiega che i “webinar” obbligano a stare molto attenti ai tempi. Una durata che superi l’ora, ci ha detto, “vuole dire ammazzare l’audience”.
– Quindi – ha specificato – più programmazione, più controllo dei tempi e anche del numero dei relatori. Le poche cose che si potevano fare in presenza, le abbiamo realizzate nell’Istituto, sempre nel rispetto della normativa anti-Covid. Il resto, nel limite del possibile, è stato trasferito al formato “webinar”. E poi – ha aggiunto -, ci siamo inventati dei prodotti culturali nuovi, disegnati per il digitale. Abbiamo creato, per stimolare la curiosità del fruitore, una web-serie.
Riflessioni sulle arti, piccole pillole di appena 7 minuti. Un prodotto, ha spiegato la Direttrice Pappalardo alla “Voce”, pensato proprio per favorire “una riflessione sulle arti e, allo stesso tempo, stimolare l’incontro tra Italia e Spagna”.
– Sono stati girati in “location” straordinarie – ha sottolineato senza riuscire a nascondere un pizzico d’orgoglio -. Ad esempio, la gipsoteca del Museo di Bologna. Con questa stessa idea, abbiamo realizzato il ciclo della musica. Un incontro tra artisti spagnoli e italiani. Abbiamo reso un omaggio alla canzone italiana con Chano Domínguez e “Musica Nuda”. Chano Dominguez l’abbiamo registrato nel teatro dell’Istituto. Il duo “Musica Nuda”, Ferruccio Spinetti e Petra Magoni, invece, in Italia, in una bellissima terrazza con vista su Firenze. Il risultato è stato straordinario. Chano Dominguez, dopo aver ascoltato i brani, si è messo a improvvisare. È stato incredibile. La stessa formula è stata ripetuta per il jazz e per la classica.

Abbiamo sempre puntato all’eccellenza di artisti e musicisti. La formula, e qui entra in gioco la mia curiosità e quella dei colleghi, l’abbiamo riprodotta per fondere la musica elettronica di Khalab, dj italiano, con il flamenco contemporaneo di Rocío Molina, che ha costruito una bellissima coreografia. Il riscontro, da parte del pubblico, è stato straordinario.


PROGETTI PER IL FUTURO


Tanti, veramente tanti progetti. Il nostro Istituto è una fucina di iniziative. Il team diretto dalla dottoressa Pappalardo pare lavorare senza tregua. E, se consideriamo i prodotti offerti fino ad oggi, puntando soprattutto sulla qualità. La responsabile del nostro istituto ne parla con l’entusiasmo di una adolescente:
– Intanto concluderemo l’anno dedicato a Dante. A fine anno avremo una bellissima mostra sulle illustrazioni della Divina Commedia realizzate da grandi artisti, sia italiani sia internazionali. Poi è in programma l’allestimento di una mostra su Olivetti. È molto interessante. Si presenterà in occasione della settimana dell’architettura a Madrid. Si realizzerà in collaborazione con il Collegio degli Architetti di Madrid. Ci piace anche l’idea di andare un po’ fuori dall’Istituto; lavorare con istituzioni culturali locali per presentare eccellenze italiane. La mostra è un’occasione importante per parlare non solo di Olivetti ma anche della città di Ivrea, dichiarata patrimonio dell’umanità.
E poi sarà la volta di un appuntamento culturale atteso sempre con tanto interesse dalla nostra comunità e dai cinefili spagnoli: il Festival del Cinema italiano.

L’appuntamento con il “settimo arte” è previsto per novembre.
– È stata la mia prima sfida, appena arrivata a Madrid – ha ricordato alla “Voce” -. L’istituto doveva ripartire e c’era da organizzare il Festival, uno dei suoi eventi di punta. Dovevamo decidere se farlo e come farlo.
In quel periodo, come ha commentato la Direttrice Pappalardo, “a Madrid le sale cinematografiche erano aperte”. Ciò ha permesso combinare il digitale con la proiezione presenziale.
– Scelta la formula mista per la fruizione dei film – ha commentato -, l’inaugurazione è stata realizzata in digitale. Ed è andata bene, molto bene. Ci ha consentito di raggiungere anche il pubblico non “madrileño”.
Dopo il “Festival”, un nuovo importante impegno, ad ottobre, sarà la “Settimana della Lingua”. Anche questa sarà ovviamente incentrata sulle celebrazioni dantesche.


– Avremo un’importante partecipazione al Festival d’autunno di Madrid – ha proseguito snocciolando una dopo l’altra le iniziative, le più importanti, che bollono in pentola – . Porteremo il Teatro delle Albe di Ravenna, che presenterà lo spettacolo “Fedeli d’amore”, e organizzeremo un laboratorio teatrale. Sarà una sorta di percorso attraverso la Divina Commedia. Il Teatro delle Albe – ha spiegato – lavora molto sul teatro partecipativo. Abbiamo avviato alcune collaborazioni anche in altre città – ha commentato -. Il nostro impegno è quello di coprire un po’ tutta la circoscrizione.
Dopo una breve pausa per riordinare le idee, ha proseguito:
– Una cosa importante: faremo, in collaborazione con il “Círculo de Bellas Artes”, la lettura continuata della Divina Commedia. Sarà il 14 settembre, la data della morte di Dante Alighieri. Invitiamo la nostra collettività ad aderire a questa iniziativa candidandosi per la lettura. Chi desidera partecipare potrà farlo leggendo un pezzetto della Divina Commedia. Sarà un momento molto bello. Ricalca la lettura che, ogni anno, si fa del “Don Quijote”.
Ha sottolineato che l’organismo che dirige ha un titolo emblematico “Istituto a Porte Aperte”. E ha spiegato:
– Ci piace dare quest’idea. L’istituto è la casa della cultura dell’Italia… lo è per gli italiani, e lo è per gli spagnoli. Insomma, lo è per chiunque ami effettivamente il nostro paese, la nostra cultura.


UN SOGNO TRASFORMATO IN REALTÀ


Lo ha affermato senza falsa modestia. Con la semplicità e la gioia di chi sa d’aver raggiunto un traguardo, il suo traguardo, pur cosciente delle responsabilità che ciò comporta.
– Da un punto di vista professionale e personale, ho coronato quello che era un mio sogno – ha affermato con un pizzico di orgoglio -. Ho una formazione artistica musicale…
– In effetti, lei è concertista…
– Fino ai 22 anni, la musica è stata la mia attività principale – ha commentato -. Mi sono dedicata allo studio del pianoforte e concentrata nell’attività concertistica. Ho avuto l’occasione di suonare anche all’estero. Nel frattempo, mi ero iscritta presso la Facoltà di Scienze Politiche, avendo una grande passione per le tematiche e la politica internazionali. Come tanti altri ragazzi, sentivo un particolare interesse verso la difesa dei diritti umani. Uno dei grandi sogni alternativi era lavorare in un’organizzazione internazionale. Ho lavorato prima all’istituto per il Commercio con l’estero poi al Ministero degli Esteri. Sono approdata in Argentina, dove mi sono occupata di tante questioni: dall’assistenza ai connazionali alla promozione commerciale e culturale.
Dal 2006 al 2010, ha prestato servizio presso il Consolato Generale d’Italia a Mumbai, una realtà assai diversa da quella latinoamericana.
– Al nostro Consolato di Mumbai, non essendoci un Istituto Italiano di Cultura – ha raccontato – mi occupavo della promozione culturale. Ho fatto un concorso per diventare dirigente della promozione culturale. E lì le due anime, l’amore per l’arte e la passione per la politica internazionale, si sono finalmente incontrate. Per questo dico che ho coronato il mio sogno.
– India, Argentina e ora Spagna. Tre realtà molto diverse. Cosa le divide e cosa le unisce?
– L’Argentina è un paese di antica emigrazione italiana – ha spiegato -. È stata una esperienza molto bella. Il rapporto con la Collettività italiana mi ha arricchito tantissimo. È stata, dal punto di vista personale, una scoperta; la scoperta di una parte importante della storia del nostro paese. L’amore delle nostre comunità all’estero per l’Italia è sempre particolarmente vivo. È stato bello poter aiutare i connazionali in moltissimi casi, anche in situazioni particolarmente delicate.


Ha precisato che l’India è tutt’altra cosa, “perché la presenza italiana è di altro tipo”.
– È molto legata ad interessi commerciali – ha affermato -. E poi parliamo di numeri molto diversi: ufficialmente si stimavano circa 1.000 presenze. Diciamo che ufficiosamente… probabilmente erano di più. Ovviamente sono numeri totalmente diversi da quelli argentini. Al di là delle differenze, c’è un territorio comune: una grande passione per l’Italia, per la nostra la nostra storia e la nostra cultura. L’amore per tutte le eccellenze che l’Italia esprime: da quelle culinarie, al fashion e al design. Penso che quando ci si trova in un paese estero bisogna un po’ abbandonare il concetto classico di promozione. Bisogna capire quali sono i punti in comune, contaminarsi a vicenda per creare qualcosa di assolutamente nuovo, di più ricco. La cultura ci consente di incontrarci, di parlare la stessa lingua, anche quando parliamo lingue diverse.
– Tante volte, specialmente in America Latina, gli Istituti Italiani di Cultura si appoggiano molto sulle nostre comunità, perché sono numerose ed affamate di cultura italiana. In Europa è un po’ diverso. D’altronde lo sono le distanze. I moderni mezzi di trasporto permettono, a chi lo desidera, di trascorrere interi fine settimana in Patria. Quali difficoltà crea doversi rivolgere a comunità di vecchia emigrazione, come l’Argentina, rappresentata dalle terze e quarte generazioni, che mantengono un forte legame affettivo con l’Italia che conoscono solo attraverso i racconti dei nonni; e quali quelle che si affrontano quando si parla alla nuova emigrazione, come ad esempio quella della Spagna, giovane e in costante movimento?
– In Argentina lavoravo in Consolato – ha precisato -. Devo dire che la fame d’Italia è sempre fortissima. È vero, c’è un ricordo dell’Italia, detto tra virgolette, “antico”. Anche nei figli, nei ragazzi. Ad esempio, una grande passione per Rita Pavone, per alcuni personaggi storici della nostra cultura. E quello fa da gancio. Spesso proponevamo prodotti culturali che rielaboravano un po’ la memoria collettiva degli italiani, ma in chiave contemporanea. La risposta è stata sempre molto positiva. In Consolato in Argentina organizzavo due eventi: la Festa Nazionale e quella di Natale. Ricordo un evento che ho seguito personalmente: la storia della canzone italiana in coincidenza con i 150 anni della storia d’Italia. Gianni Borgna, ex assessore alla Cultura di Roma e presidente per molti anni della Fondazione Musica per Roma, faceva da narratore. È stata una narrazione della storia d’Italia attraverso quella della canzone. Fu uno spettacolo che toccò le corde profonde della nostra collettività. Ad esempio, quando parlava della canzone di Santa Lucia e raccontava che quello di Santa Lucia era l’ultimo porto che gli emigranti vedevano prima di partire per il Sud America. Si riuscì – ha commentato con soddisfazione – a fare effettivamente un prodotto culturale proposto in una chiave musicale contemporanea. Erano arrangiamenti assolutamente contemporanei eseguiti da un gruppo jazzistico. È una chiave di lettura che i colleghi dell’istituto Italiano di Cultura di Buenos Aires stanno sviluppando. A Buenos Aires, poi, c’è il “Teatro Coliseo”. È l’unico all’estero proprietà dello Stato italiano. Insieme, Istituto Italiano di Cultura e Ambasciata hanno una programmazione che si chiama “Italia Siglo XXI” che è proprio incentrata sull’Italia contemporanea, sulla cultura contemporanea. Da quanto mi è stato riferito, il riscontro è eccellente.


INNANZITUTTO, PROGRAMMAZIONE


Diretta, precisa ma anche generosa nelle spiegazioni. Pappalardo parla con serenità, ma con un entusiasmo contagiante. L’intervista si svolge in una delle tante sale della sede dell’Istituto. È una sala grande, spoglia dell’eleganza del resto del Palazzo d’Abrantes ma, forse proprio per questo, più accogliente, più intima.
– Dirigere un Istituto di Cultura in un Paese dove l’offerta culturale è enorme e assai variegata non deve essere facile. La vicinanza con l’Italia, comunque, rappresenta un vantaggio e facilita molto l’organizzazione. Non è lo stesso invitare un artista italiano oltreoceano, in America Latina, che in Spagna…
– L’improvvisazione, le cose fatte sul momento non funzionano – ha affermato innanzitutto -. Ci vuole programmazione. E sviluppare la collaborazione con le istituzioni locali. Questo aspetto è fondamentale, soprattutto se si parla di grosse manifestazioni. Mi diceva che Madrid è più semplice… Si, ma ora c’è la pandemia…
E ha fatto l’esempio del concerto “La Vita nuova. Cantata per narratore, soprano e piccola orchestra”, di Nicola Piovani, organizzato all’“Auditorio Nacional”.
– Era una cantata per piccola orchestra – ha precisato -, però parliamo sempre di oltre 20 elementi, più 5 solisti. Una manifestazione che, in tempi normali, era gestibile… Ma non in pandemia. Pensare di portare un’orchestra dall’Italia, a parte i costi, con la pandemia è… molto complicato. La risposta è stata subito quella di cercare una collaborazione locale. L’abbiamo trovata con la Orcam. Questo è il modo di lavorare che ci piace. È l’incontro tra culture. Noi abbiamo portato Piovani. I solisti li abbiamo incontrati con una orchestra locale di eccellente livello. Il risultato è stato davvero straordinario.
– Come si può conciliare la necessità di mantenere viva la cultura italiana tra gli italiani all’estero, a volte tra comunità giovani come quella spagnola ed altre di vecchia emigrazione come quelle d’oltreoceano, e l’esigenza di trasmettere la cultura italiana nel paese in cui si opera?
– Mah, non vedo conflitti – ha risposto immediatamente -. Come giustamente ha fatto notare, in Spagna abbiamo un tipo di immigrazione molto contemporanea. Il nostro focus è proprio quello di parlare di cultura italiana contemporanea. I legami tra Italia e Spagna sono fortissimi, anche a livello di istituzioni culturali. Quindi credo che uno dei nostri ruoli debba proprio essere quello di farci propagatori di nuove proposte: nei confronti delle istituzioni culturali spagnole ma anche nei confronti dei nostri connazionali. Quello che ci piace dire, ci teniamo tantissimo a dirlo, è che il nostro Istituto è un’istituzione culturale della città. Lo è un po’ il Palazzo d’Abrantes, che fa parte della storia cittadina; lo fa proprio come Istituto Italiano di Cultura. In questo Palazzo abbiamo ospitato Sciascia, Eco, grandissimi artisti, opere di Carla Accardi e di Pinuccio Sciola. Parlare di Dante è parlare di cultura italiana. E noi lo stiamo facendo in chiave contemporanea. Abbiamo parlato di Dante anche ai ragazzi della scuola.
Per concludere, ha ricordato proprio l’impegno con cui l’Istituto lavora per i più giovani. E ci ha parlato di come, in modo ludico, come già fatto con le letture di Geronimo Stilton – personaggio creato da Elisabetta Dami, autrice di libri per ragazzi -, si organizzeranno eventi ed attività.
– Avremo l’onore di poter vederla esibirsi al piano?
– Vedremo, forse piccole introduzioni musicali… – ha risposto accompagnando le parole con un sorriso – non so … per gioco e per passione magari faremo qualcosa …
La prendiamo sulla parola”. 

Redazione

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