Alla Biblioteca Nazionale Braidense di Milano omaggio a “Marino Darsa, lo Shakespeare croato”

Alla Biblioteca Nazionale Braidense di Milano omaggio a “Marino Darsa, lo Shakespeare croato”

Una nuova straordinaria mostra si è aperta dal 22 luglio e sino al 17 settembre alla Biblioteca Braidense. Una rassegna che, attraverso opere preziosissime, tra cui alcuni esemplari unici al mondo, punta a valorizzare in particolare il lavoro di Marin Drzcic/Marino Darsa, il più importante drammaturgo croato della storia. Nato a Ragusa nel 1508, morto a Venezia nel 1567, Marino Darsa rappresenta per i croati ciò che Shakespeare è  per gli inglesi, Dante per gli italiani, Cervantes per gli spagnoli. Ed è proprio la Biblioteca Braidense, grazie a un progetto pluriennale, che oggi offre la possibilità di esporre gli unici volumi a stampa della sua vita, tutti stampati a Venezia.
La rassegna, a cura della prof.ssa Katja Bakija dell’Università di Dubrovnik, presenta opere che sono il risultato di una grande sinergia e passione e la testimonianza dell’amicizia culturale che unisce ed ha unito, in particolar modo nel periodo rinascimentale, le due sponde dell’Adriatico.

I libri in mostra testimoniano infatti la ricchezza della letteratura e della lingua croata e la rassegna stessa è una conferma dell’amicizia, della cooperazione e della compenetrazione delle culture. La sinergia delle istituzioni italiane, in particolare la Biblioteca Nazionale Braidense e le istituzioni croate, la Città di Dubrovnik, l’Istituzione Culturale Casa di Marino Darsa, il Ministero della Cultura e dei Media della Repubblica di Croazia, è un contributo alla promozione del comune patrimonio culturale e un impegno per futuri ponti tra le due città, Dubrovnik e Milano, due coste adriatiche e due paesi vicini e amici, Italia e Croazia.
“Questa mostra è un’altra dimostrazione dell’inter-penetrazione storica delle culture e delle lingue e parla di un momento in cui l’Europa era una realtà vissuta, con serbi bulgari e croati che comunicavano con francesi, italiani, inglesi e tedeschi, loro omologhi nella Repubblica delle Lettere”, ha affermato James Bradburne, direttore della Pinacoteca di Brera e della Biblioteca Braidense. “Il fatto che esemplari unici delle opere del più grande drammaturgo croato siano conservati alla Biblioteca Braidense testimonia il ricco interscambio di culture nel tardo Rinascimento”.


In mostra sono esposti libri croati rari e preziosi della Biblioteca Nazionale Braidense e libri sulla Croazia e di autori croati della collezione privata Pambianchi-Kramaric. I libri conservati nella collezione della Biblioteca Nazionale Braidense sono preziosi nel contesto dello sviluppo della storia culturale e letteraria di Dubrovnik e della Croazia e della sua considerazione nel contesto europeo. Molti uomini illustri di Dubrovnik nel XVI secolo furono educati infatti nei centri scientifici italiani: un gran numero di autori presentati in questa mostra ebbero la loro formazione culturale in Italia e molti di essi lavorarono in grandi città italiane (Milano, Siena, Venezia, Roma). Ma anche molti italiani, scegliendo Dubrovnik-Ragusa come residenza, hanno arricchito la storia culturale croata con la loro attività. Inoltre la rassegna mostra una selezione di titoli stampati nel periodo dal XVI al XX secolo. Fra i preziosi volumi della Braidense ci sono le opere di due illustri cittadini di Dubrovnik-Ragusa: oltre al commediografo Marin Drzcic/Marino Darsa, lo scienziato e diplomatico Rucer Josip Bosckovic / Ruggiero Giuseppe Boscovich.


Le opere di Marino Darsa sono prime edizioni e sono le uniche copie sopravvissute al mondo: a lungo considerate perdute, nel 2007 sono state ritrovate nelle ricche raccolte librarie della Braidense.


Pur essendo scarse le notizie sulla vita di Darsa, sono i luoghi italiani quelli più significativi della sua vita e della sua fortuna letteraria: educato a Siena, vissuto a Firenze, tutte le sue opere vengono stampate a Venezia, città in cui muore ed è sepolto, nella basilica dei Santi Giovanni e Paolo, San Zanipoco in veneziano.
Darsa non ha lasciato molte tracce materiali e pertanto la sua eredità italiana, in particolare la parte conservata in Braidense, è estremamente importante per la letteratura rinascimentale croata e italiana, in quanto Marin Drzic-Marino Darsa è considerato uno dei più importanti autori della commedia rinascimentale europea. Le prime due edizioni del dramma “Tirena” in cinque atti del 1551 e l’edizione del 1630 insieme a “Piesni” anch’essa prima edizione del 1551 fanno parte delle raccolte librarie della Braidense e sono tutte esposte in mostra.
Un posto importante nella mostra della collezione Braidense appartiene allo scienziato, matematico, fisico, astronomo, filosofo, diplomatico e poeta raguseo Ruer Josip Boskovic / Ruggiero Giuseppe Boscovich e anche al matematico e fisico Marin Getaldic / Marino Ghetaldi. Come professore di ottica e astronomia a Milano, Boscovich fu anche il fondatore dell’Osservatorio Astronomico di Brera. Ghetaldi divenne ben presto noto negli ambienti europei in quanto fu il primo scienziato a determinare con precisione i pesi specifici di sette metalli e cinque liquidi. Le loro opere sono state studiate da storici della scienza croati e mondiali e hanno lasciato un segno indelebile nel patrimonio scientifico di Dubrovnik, croato ed europeo.


Tra le altre rarità esposte due volumi della collezione Braidense e quattro volumi dalla collezione privata Pambianchi-Kramaric, delle principali opere di Marko Marulic / Marco Marulo, autore del primo poema epico in lingua croata che per questo motivo porta meritatamente il nome di padre della letteratura croata. Quest’anno ricorre l’anniversario della pubblicazione del primo poema epico, Judita, pubblicato esattamente 500 anni fa nel 1521. Fanno parte della mostra Braidense anche l’opera Imperium Orientale del bizantinista e numismatico Anselmo Banduri, le opere di Nikola Vitov Gucetic / Nicola Vito di Gozze, Benedikt Kotruljevic/Benedetto Cotrugli, Stjepan Gradic/Stefano Gradi, Sebastian Dolce/ Sebastiano Dolci e Francesco Maria Appendini che nella sua opera Notizie istorico-critiche sulle antichità, storia e letteratura de’ Ragusei offre una panoramica della storia politica e culturale di Dubrovnik.


Marino Darsa. Vita e opere tra Croazia e Italia


Nato a Ragusa nel 1508, ultimo figlio maschio di una agiata famiglia della borghesia mercantile che presto avrebbe perso ogni avere in rovesci finanziari, Marino Darsa frequenta la scuola umanistica della citta? natale al tempo in cui era diretta dal cele- bre umanista Elio Lampridio Cerva (I.L. Crijevic), poeta coronato.
Nel 1526 intraprende la carriera ecclesiastica subentrando a uno zio nel godimento di un privilegio ecclesiastico ereditario della famiglia, i cui proventi però non saranno sufficienti a garantirgli la serenità economica, che gli mancherà per tutta la vita. Forse per ragioni finanziarie, nel 1538 accetta l’incarico di organista della cattedrale. Nello stesso anno, con una sovvenzione dello Stato si reca all’Università di Siena dove studierà, presumibilmente, diritto canonico, discipline letterarie e musica, guadagnando presso la popolazione studentesca la popolarità necessaria per essere eletto, nel 1541, rettore della Casa della Sapienza (ossia della Casa dello studente): una carica annuale che all’epoca comprendeva le funzioni di rettore dell’università. In quella veste, per un anno partecipa alla vita pubblica, culturale e teatrale del- la citta? accanto ai notabili. Secondo dati degli archivi senesi, nel 1542 il magnifico rettore Darsa è coinvolto in un procedimento giudiziario per aver partecipato come attore ad una rappresentazione teatrale in una casa privata senese, essendo vietati all’epoca raduni e rappresentazioni.
Senza aver conseguito la laurea, e forse dopo aver soggiornato anche in altre città italiane, nel 1545 è sicuramente in patria, dove verso la fine dello stesso anno entra in contatto con l’avventuriero austriaco conte Christoph von Rogendorf, che seguirà a Vienna come cameriere; tornato nella sua città dopo pochi mesi, alla fine del 1546 sarà di nuovo al suo servizio, accompagnandolo stavolta a Costantinopoli come interprete, finendo pero? nuovamente per lasciarlo dopo breve tempo, forse a causa della losca natura delle attività del conte.
Nel 1548 inizia il decennio della sua attività drammaturgica e teatrale (probabilmente fu anche regista scenografo e attore) che si apre con la commedia Pomet, oggi perduta, a cui seguiranno altre commedie e pastorali sempre scritte in lingua croata. I ricercatori hanno stabilito una correlazione tra questa prima rappresentazione (la cui comicità doveva presumibilmente aver urtato la sensibilità di esponenti in vista della nobiltà cittadina) e l’attentato che l’autore subì nello stesso anno, nel quale solo casualmente non rimase ucciso. L’anno dopo si ha la prima rappresentazione della pastorale Tirena (rimessa in scena nel 1551), per la quale anonimi nemici lo accusano di plagio nei confronti del celebrato poeta raguseo Mauro Vetrani: questi però si schiera pubblicamente dalla parte di Darsa con un componimento poetico in cui, oltre a scagionarlo, ne loda le capacità artistiche. Dopo la rappresentazione della Beffa di Stanac nel 1550, l’anno successivo Darsa pubblica a Venezia, con il sostegno finanziario di alcuni amici, due libri, una raccolta di poesie per lo piu? di ispirazione petrarchista e una delle opere teatrali in versi Venere e Adone, Tirena e la Beffa di Stanac. Nello stesso anno 1551 viene rappresentato Zio Maroje, oggi la più celebre commedia in prosa di Darsa, conservatasi priva del finale. Ancora per alcuni anni le rappresentazioni si susseguono: nel 1552 Pjerin, commedia epitalamica come pure, nel 1554, Dz?uho Krpeta, entrambe conservate parzialmente; nello stesso anno si rappresentano le commedie, giunteci prive dell’inizio, Mande e Arkulin. E? ancora del 1554 la notizia di un’altra aggressione, stavolta verbale, subita dall’autore sulla pubblica via.
Nel 1555, di nuovo ad un banchetto di nozze, si rappresenta L’Avaro, anch’essa giuntaci priva del finale, il cui prologo annuncia per l’anno successivo una nuova commedia pastorale; nel 1556 sarà rappresentata Grizula, nota anche come Plakir, di cui si è perso l’inizio. Per quanto ne sappiamo, l’attività teatrale di Darsa si conclude nel 1559 con la rappresentazione del rifacimento di una versione italiana dell’Ecuba di Euripide, vietata per ben due volte l’anno precedente.
Non si ha documentazione di successive rappresentazioni di opere darsiane. Nel 1562 lo scrittore lascia Ragusa per Venezia, forse – come ipotizzano alcuni studiosi – per sottrarsi alla pressione che le direttive tridentine esercitavano sul clero raguseo. A Venezia, come cappellano del patriarca, resterà, con alcune interruzioni, fino alla fine della sua vita nel 1567.
Di estrema rilevanza è il soggiorno fiorentino e la celebre ‘tentata congiura’ del 1566, quando il drammaturgo indirizza almeno sette lettere ‘politiche’ a Cosimo I e Francesco de’ Medici allo scopo di convincere il duca ad un colpo di stato per abbattere il governo oligarchico nobiliare della piccola Repubblica ragusea, argomentandone per iscritto le carenze nella politica estera e interna.
Letterato e uomo di chiesa, poeta e commediografo, musicista e istrione, cameriere, interprete, scrivano, Darsa poco prima di morire arricchisce la già lunga serie dei suoi ‘Volti’ con la maschera seria del congiurato. Non è escluso che la sua morte, avvenuta a Venezia l’anno dopo in circostanze ignote, sia in qualche rapporto con la tentata congiura e la comprovata efficienza diplomatica del senato raguseo.
A Ragusa, fino alla comparsa di Darsa, il teatro laico è soprattutto pastorale e in am bito comico essenzialmente farsesco. Al Nostro spetta il merito di aver dato sviluppo alla commedia e legittimato e imposto l’uso della prosa sulla scena comica in una cultura letteraria e drammatica, quella croata, che riservava il volgare quasi esclusivamente ai generi versificati. (Notizie tratte dall’Introduzione di Rosanna Morabito al volume di Marino Darsa, L’Avaro (Lecce, Argo, 2009). (aise)

Redazione

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