Perché filosofi e poeti amano la libertà dei gatti

Perché filosofi e poeti amano la libertà dei gatti

Una breve riflessione o problematica sulla libertà. Quando filosofi e poeti cercano il fascino e la vertigine della libertà.

Di Apostolos Apostolou

«Ho studiato molti filosofi e molti gatti: la saggezza dei gatti è infinitamente superiore.» Hippolyte Taine

Perché i filosofi parlano di fascino, e di mistero, dei gatti? Jean-Jacques Rousseau diceva: “Gli artisti, i ribelli e gli introversi preferiscono i gatti; i soldati, gli estroversi e gli autoritari preferiscono i cani”. Ogni uomo ha le sue uniche e dissimili rappresentazioni sensoriali, cosi l’uomo organizza una comprensione intuitiva della simbolica del linguaggio. Il “dialogo” con un animale non richiede il rispetto di regole sociali ed è tutto basato su spontaneità e naturalezza, a volte assenti nei rapporti tra esseri umani. Inoltre, sono assenti le tensioni provocate dalla competizione perché l’animale non giudica e rende inutile l’instaurarsi di meccanismi psicologici ostili.

Di solito dicono che l’animale accetta ogni persona senza guardare i suoi difetti e non si fa condizionare dal denaro, dall’età, dalla bellezza, dalla posizione sociale. F. Nietzsche scriveva che a volte mia gatta assomiglia ad un uomo! E M. Foucault accarezza il gatto (come ci vediamo in una foto) con un tatto – contatto corporeo, con una conoscenza dei confini della propria individualità. Guy Debord, giocava ogni giorno con il proprio gatto. K. Axelos, piangeva la morte del suo amato gatto che dormiva (come diceva lui) sul libro di Fenomenologia di Spirito ( di Hegel). La comunicazione che s’instaura con un animale utilizza un canale linguistico speciale improntato su naturalezza e semplicità: strofinamenti, carezze, gioco, sguardo negli occhi, che permettono un momento di opportuna distensione. Conoscono ogni tuo gesto, ogni tua parola, anticipano i nostri desideri. Sono insieme saggezza, dolcezza, bellezza.
Il rapporto con un gatto è fonte di piacere e rilassatezza, infonde sicurezza e tranquillità. Pablo Neruda scriveva: “ So tutto sulla sua vita ed i suoi misteri, ma non sono mai riuscito a decifrare il gatto”.
Il gatto è un inno alla libertà. Perciò poeti e filosofi hanno ispirato. E chiamiamo libertà quando l’esistenza auto-trascenda ogni individualità determinata ed esista come auto disposizione alla relazione. Il gatto indica come senso del motore (secondo Aristotele) e come alterità. i Greci a dare il nome al gatto, attorno al 500 prima di Cristo. Lo chiamarono “ailouros”

Con questo nome i Greci vollero indicare il gatto come “l’animale che agita la coda” e come libertà. E la libertà è il desiderio della vita come auto- trascenda. La differenza tra il bisogno come impulso e il bisogno come desiderio della libertà, (differenza tra il soddisfacimento del bisogno fisico e la domanda di relazione dell’altro che è la libertà) sembra coincidere con il salto immenso ed evolutivamente inesplicabile dalla necessità alla libertà. Quando Lacan diceva che il soggetto nasce al posto dell’Altro (lettera maiuscola) significa che il soggetto nasce quando al posto dell’ “Altro” appare il significate della libertà. Cioè; la libertà di qualcosa di più del bisogno biologico desiderio,un salto del riferimento auto- trascendente. Con altre parole possiamo dire che la concretizzazione del desiderio vitale in una referenzialità auto – trascendente cioè l’ “Altro” della libertà. Il desiderio non si attua solo con le prescrizioni – possibilità biologiche dell’individuo fisico, ma con possibilità del valore auto- trascendente.

Pam Brow scriveva:” Un gatto è bellissimo da una certa distanza: visto da vicino è un’inesauribile fonte di meraviglia”. Ecco l’auto- trascendente. E l’auto- trascendente esiste nell’immaginazione, e come conosciamo alla radice della scrittura c’è l’immaginazione. Perciò i filosofi e gli scrittori amano il gatto. Per l’auto-trascendente della libertà e per l’immaginazione. Il poeta Sofocle (496-406 aC) a chiedersi, in una sua tragedia: “E’ possibile che un gatto cresca fino a diventare un leopardo?” (Lo schema è: auto-trascendente + immaginazione = Libertà). I gatti piacere nel pieno esistere e che solo realizza quando hanno la possibilità di esprimersi esaurientemente; non mirano ad ottenere potere sugli altri, ( tutti conosciamo che Il potere usa la paura perché ha paura) che sarebbe oltretutto fonte di stress nel timore di perderlo nuovamente, esattamente lo stress continuo cui siamo sottoposti noi umani.

I gatti erano anche sacri ad Artemide, dea della caccia e signora degli animali, una delle divinità più popolari di quel tempo. Artemide, tra i suoi tanti e straordinari poteri, aveva anche la capacità di entrare nel corpo di un gatto o di assumerne la forma. Qui la metafora come gioco di fattori soprannaturali enigmatici indica che esiste sempre una distanza cognitiva della libertà tra la comprensione dei significanti e la conoscenza esperienziale dei significati. Sono molti, infatti, gli autori che hanno dedicato opere al gatto.

Apostolos Apostolou Atene , Grecia.

Redazione Radici

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