Giovani italiani in Australia : le farm come moderno ritodi passaggio

Giovani italiani in Australia : le farm come moderno ritodi passaggio


Lasciano l’Italia per cercare un’occupazione ma ciò che trovano, una volta giunti dall’altra parte del mondo, è molto di più. Sono giovani, italiani, e partono per andare a lavorare nelle lontane campagne australiane: a raccontare le loro storie ci ha pensato la Fondazione Migrantes, promuovendo il volume “88 giorni nelle farm australiane. Un moderno rito di passaggio”. Il volume, edito da Tau, è il risultato di un percorso di ricerca che ha visto gli autori – Michele Grigoletti e Giuseppe Casarotto – incontrare e dialogare, negli ultimi 5 anni, con centinaia di giovani italiani che hanno concluso questa esperienza di vita e di lavoro.

La ricerca – presentata l’8 luglio al Senato – ci fornisce alcuni dati che mostrano un costante flusso di giovani italiani verso l’Australia e un altrettanto costante utilizzo dell’esperienza degli 88 giorni nel settore dell’agricoltura. Più di 10.000 giovani italiani partono ogni anno verso l’Australia con il visto vacanza-lavoro e più di 2.000 giovani ogni anno usufruiscono del secondo visto. Negli ultimi tredici anni, dal 2005 al 30 giugno 2018, 114.804 giovani italiani di età compresa tra i 18 e i 30 anni sono giunti in Australia con un visto vacanza-lavoro. Di questi, 18.237 persone (15,9% del totale) hanno ottenuto il rinnovo di tale visto dopo aver completato 88 giorni di lavoro presso aziende agricole. L’Italia è la terza nazione europea che, dal punto di vista percentuale, rinnova maggiormente il secondo visto vacanza-lavoro in Australia – preceduta solo dai cittadini estoni e irlandesi – e gli 88 giorni sono un fenomeno costante tra i giovani italiani: sono il 24,8% gli italiani che rinnovano il visto per altri dodici mesi, rispetto al 14,2% dei coetanei francesi e al solo 7,7% dei giovani tedeschi.

“La mobilità giovanile – riflette don Giovanni De Robertis, direttore generale della Fondazione Migrantes – è un tema caro alla chiesa italiana, in un momento in cui l’attenzione è posta in modo ossessivo all’arrivo dei migranti dimenticando le partenze dall’Italia, sempre più consistenti”. De Robertis sottolinea alcuni punti di forza della ricerca: “Uno dei meriti di questo volume è quello di far emergere l’attenzione alle persone”. Il volume, conclude il direttore generale della Fondazione Migrantes, “ci offre la chiave vincente della mobilità”: credere in questa “esperienza positiva creando fiducia e mettendo al centro la persona, esaltando i meriti e accompagnando la persona in tutto l’itinerario. Dobbiamo credere che ciò sia possibile e lavorare al servizio di questo obiettivo comune”.

Ed ecco che entrano in gioco le istituzioni: la loro miglior risposta a chi è all’estero “è far sentire che l’Italia c’è comunque anche lì”, ha affermato Luigi Maria Vignali, direttore generale per gli italiani all’estero della Farnesina. Vignali ha sottolineato l’importanza della “consapevolezza del fenomeno della nuova emigrazione italiana, tanto più importante in quanto la retorica della fuga dei cervelli ha invaso il tema della nuova mobilità”. E invece “c’è ben altro – sottolinea Vignali – c’è la voglia di trovare se stessi, la voglia di cambiare, la capacità e la voglia di dimostrare di che pasta si è fatti”. Ecco quindi che “dobbiamo provare a immaginare delle risposte che questo paese e le sue istituzioni devono dare a nostri giovani”, ha affermato Vignali facendo l’esempio dei visti vacanza-lavoro: è necessario “rafforzare questo strumento importante, prevedere la possibilità di una terza permanenza, ampliare anche gli ambiti geografici”.

Sui visti vacanza-lavoro interviene anche Francesco Giacobbe, senatore del Pd eletto all’estero: uno strumento, spiega, che “permette alle persone di fare un’esperienza di lavoro all’estero e allo stesso tempo godersi il Paese in cui vanno, finanziando la vacanza con periodi di lavoro. Un’esperienza positiva perché permette ai ragazzi che vanno in Paesi lontani – come dall’Italia in Australia – di venire in contatto anche con un sistema produttivo diverso da quello italiano e fare un’esperienza diretta dello stile di vita, che li arricchisce dal punto di vista culturale”. Per i giovani, spiega Giacobbe, è “un’esperienza che permette di maturare e acquisire nozioni nuove” ma anche di “scoprire un’economia all’interno della quale vorrebbero rimanere”. Ecco perché “deve esserci un impegno da parte delle organizzazioni, della comunità e dei legislatori, di facilitare quella che sta diventando nel mondo moderno non più una migrazione ma una mobilità di persone”, prosegue il senatore eletto nella circoscrizione Asia-Africa-Oceania-Antartide. Grigoletti, uno degli autori della ricerca, spiega come il volume abbia voluto “dare voce ai giovani” e capire “cosa significasse per loro l’Italia e cosa ha significato l’esperienza delle farm. Capire i valori che questo duro lavoro ha fatto riscoprire loro”. Partendo e andando a lavorare nelle farm australiane “i ragazzi acquisiscono nuova consapevolezza. Partono per mettersi alla prova e tornano pensando di valere di più”, sottolinea Casarotto, l’altro autore della ricerca, spiegando anche perché il lavoro nelle farm può essere considerato un “moderno rito di passaggio”. Nelle testimonianze dei giovani, infatti, si ritrovano molti degli elementi tipici e fondanti dei riti di passaggio: la separazione, la fase liminale e la riaggregazione. Anche per i giovani “viaggiatori” nelle farm vi è una fase di separazione dalla propria famiglia e comunità, un distacco importante sia temporalmente sia fisicamente; il lavoro duro in zone rurali e quindi isolate rispetto ai centri urbani rappresenta bene una fase di liminalità, infine dopo gli 88 giorni di sacrifici il rientro alla vita di prima ma con uno “status” simbolicamente diverso documentato dal rinnovo del visto che riassume l’ultima fase.

La parte centrale del volume è composta dalla raccolta di più di 80 testimonianze scritte in prima persona dai giovani che hanno affrontato l’esperienza delle farm. Tra il primo e il secondo blocco di testimonianze sono inserite 20 pagine di illustrazioni: degli acquerelli nei quali la giovane illustratrice – Carlotta Duranti – ha voluto riassumere in maniera ironica le differenze tra Italia e Australia.

OGNI ANNO 10MILA ITALIANI IN AUSTRALIA CON IL VISTO VACANZA-LAVORO


Più di 10.000 giovani italiani partono ogni anno verso l’Australia con il visto vacanza-lavoro. Il dato emerge dal volume “88 giorni nelle farm australiane. Un moderno rito di passaggio”. Promosso dalla Fondazione Migrantes, organismo pastorale della Conferenza Episcopale Italiana ed edito da Tau, il volume è il risultato di un percorso di ricerca iniziato con la pubblicazione del volume intitolato Giovani italiani in Australia: un viaggio da temporaneo a permanente e corredato dal video-reportage 88 giorni nelle farm australiane e continuato successivamente all’interno del Rapporto Italiani nel Mondo 2017 con la pubblicazione del capitolo I rientri dall’Australia della generazione vacanza-lavoro: cambiamenti e aspettative future, nel quale si trovano le prime analisi di quello che oggi è diventata una ricerca completa. Tale percorso di ricerca ha visto gli autori – Michele Grigoletti e Giuseppe Casarotto – incontrare e dialogare, negli ultimi 5 anni, con centinaia di giovani italiani che hanno concluso l’esperienza di vita e di lavoro nelle lontane campagne australiane. Gli ultimi dati mostrano un costante flusso di giovani italiani verso l’Australia e un, altrettanto, costante utilizzo dell’esperienza degli 88 giorni nel settore dell’agricoltura; sono infatti più di 2.000 i giovani che ogni anno usufruiscono del secondo visto vacanza-lavoro.

IN 13 ANNI 114MILA ITALIANI IN AUSTRALIA CON IL VISTO VACANZA-LAVORO


Negli ultimi tredici anni, dal 2005 al 30 giugno 2018, 114.804 giovani italiani di età compresa tra i 18 e i 30 anni sono giunti in Australia con un visto vacanza-lavoro. Di questi, 18.237 persone (15,9% del totale) hanno ottenuto il rinnovo di tale visto dopo aver completato 88 giorni di lavoro presso aziende agricole. L’Italia è la terza nazione europea che, dal punto di vista percentuale, rinnova maggiormente il secondo visto vacanza-lavoro in Australia – preceduta solo dai cittadini estoni e irlandesi – e gli 88 giorni sono un fenomeno costante tra i giovani italiani: sono il 24,8% gli italiani che rinnovano il visto per altri dodici mesi, rispetto al 14,2% dei coetanei francesi e al solo 7,7% dei giovani tedeschi. Il dato emerge dal volume “88 giorni nelle farm australiane.

Un moderno rito di passaggio”. Promosso dalla Fondazione Migrantes, organismo pastorale della Conferenza Episcopale Italiana ed edito da Tau, il volume è il risultato di un percorso di ricerca iniziato con la pubblicazione del volume intitolato Giovani italiani in Australia: un viaggio da temporaneo a permanente e corredato dal video-reportage 88 giorni nelle farm australiane e continuato successivamente all’interno del Rapporto Italiani nel Mondo 2017 con la pubblicazione del capitolo I rientri dall’Australia della generazione vacanza-lavoro: cambiamenti e aspettative future, nel quale si trovano le prime analisi di quello che oggi è diventata una ricerca completa.

Tale percorso di ricerca ha visto gli autori – Michele Grigoletti e Giuseppe Casarotto – incontrare e dialogare, negli ultimi 5 anni, con centinaia di giovani italiani che hanno concluso l’esperienza di vita e di lavoro nelle lontane campagne australiane. Grazie all’elaborazione di circa 63 mila nuovi record, estratti da un database del Dipartimento d’Immigrazione australiano, vengono rivelate le principali zone di raccolta e i nomi delle località australiane dove i giovani lavorano. I dati esposti chiariscono che talvolta l’esperienza nelle lontane campagne australiane non si conclude dopo i necessari 88 giorni ma procede per alcuni mesi ancora, a significare che per qualcuno la campagna diventa una nuova dimensione di vita.

FARM AUSTRALIANE: IN UN LIBRO LE STORIE DEGLI ITALIANI


E’ stato presentato l’8 luglio a Roma il volume “88 giorni nelle farm australiane. Un moderno rito di passaggio”. Promosso dalla Fondazione Migrantes, organismo pastorale della Conferenza Episcopale Italiana ed edito da Tau, il volume è il risultato di un percorso di ricerca iniziato con la pubblicazione del volume intitolato Giovani italiani in Australia: un viaggio da temporaneo a permanente e corredato dal video-reportage 88 giorni nelle farm australiane e continuato successivamente all’interno del Rapporto Italiani nel Mondo 2017 con la pubblicazione del capitolo I rientri dall’Australia della generazione vacanza-lavoro: cambiamenti e aspettative future, nel quale si trovano le prime analisi di quello che oggi è diventata una ricerca completa.

Tale percorso di ricerca ha visto gli autori – Michele Grigoletti e Giuseppe Casarotto – incontrare e dialogare, negli ultimi 5 anni, con centinaia di giovani italiani che hanno concluso l’esperienza di vita e di lavoro nelle lontane campagne australiane. Il volume raccoglie più di 80 testimonianze, scritte in prima persona da chi ha affrontato l’esperienza delle farm, ed è corredato dalle fotografie che i giovani hanno scattato durante la loro avventura. Gli scatti mostrano le tappe del viaggio che il giovane deve affrontare per l’ottenimento del secondo visto vacanza-lavoro, tuttavia i testi ci parlano anche di un viaggio interiore, di crescita e di maturazione.

Dopo le farm i ragazzi si riscoprono più adulti, più liberi dalle paure, dai blocchi psicologici, più consapevoli delle proprie possibilità e meno spaventati dai propri limiti. Attraverso l’analisi delle testimonianze il volume svela perché gli 88 giorni nelle farm australiane possono essere considerati un “moderno rito di passaggio”, un periodo duro ma edificante nel quale si ritrovano molti degli elementi tipici dei riti di passaggio che sono sempre caratterizzati da tre fasi principali: la separazione, la fase liminale e la riaggregazione. I racconti autobiografici sono preceduti da alcuni saggi che ci permettono di capire le motivazioni della partenza, i benefici degli 88 giorni trascorsi in farm e i valori riscoperti da questa scelta di vita; rivelano le principali zone di raccolta e i nomi delle località australiane dove i backpackers lavorano e affrontano dal punto di vista socio-psicologico temi quali le potenzialità non sfruttate dei giovani, l’importanza della gratificazione e della meritocrazia nel lavoro, la riscoperta di una natura wild, di rapporti umani intensi e di un’esistenza più semplice e libera da convenzioni sociali. Il volume è accompagnato da acquerelli nei quali l’illustratrice ha voluto riassumere, in maniera ironica, le differenze tra Italia e Australia.

L’ITALIA COME UN GARAGE E L’AUSTRALIA COME UN’AUTOSTRADA


Molti ragazzi partono oggi dall’Italia per poi lavorare nelle farm australiane. A raccontare le loro storie è oggi il volume “88 giorni nelle farm australiane. Un moderno rito di passaggio”. Promosso dalla Fondazione Migrantes, organismo pastorale della Conferenza Episcopale Italiana ed edito da Tau, il volume è il risultato di un percorso di ricerca che ha visto gli autori – Michele Grigoletti e Giuseppe Casarotto – incontrare e dialogare, negli ultimi 5 anni, con centinaia di giovani italiani che hanno concluso l’esperienza di vita e di lavoro nelle lontane campagne australiane. Si tratta di giovani ricchi di energia, idee, entusiasmo – emerge dalla ricerca -. Sono inizialmente insicuri, confusi e titubanti ma anche volenterosi, capaci e intraprendenti; si impegnano fino all’estremo delle forze nell’affrontare sfide e difficoltà quotidiane per raggiungere l’obiettivo del secondo visto vacanza-lavoro, e ottengono piccoli e grandi risultati. Sono ragazzi innamorati dell’Italia che sentono il bisogno di un’esperienza totalmente nuova. Nei loro racconti portano un conflitto di appartenenza: l’Italia rimane la loro casa ma per poter crescere scelgono l’Australia. Sono come auto da corsa, percepiscono l’Italia come un garage e l’Australia come un’autostrada. Si sentono “Ferrari in garage”.

CINQUE PAROLE PER RAPPRESENTARE ITALIA E AUSTRALIA


E’ stato presentato l’8 luglio a Roma il volume “88 giorni nelle farm australiane. Un moderno rito di passaggio”. Promosso dalla Fondazione Migrantes, organismo pastorale della Conferenza Episcopale Italiana ed edito da Tau, il volume è il risultato di un percorso di ricerca che ha visto gli autori – Michele Grigoletti e Giuseppe Casarotto – incontrare e dialogare, negli ultimi 5 anni, con centinaia di giovani italiani che hanno concluso l’esperienza di vita e di lavoro nelle lontane campagne australiane. Il secondo capitolo del libro si incentra sull’analisi dei concetti espressi dai giovani italiani in risposta alle parole stimolo “Italia” e “Australia”. In tutto sono state raccolte 740 parole di risposta suddivise in cinque livelli e raggruppate in due categorie che identificano i significati positivi e quelli negativi; è stata poi conteggiata la frequenza delle ripetizioni e stilata la classifica delle risposte; infine sono stati mappati i percorsi d’associazione e approfondita l’analisi dei fenomeni inconsci attraverso il confronto tra le parole di primo e quinto livello.

È possibile affermare che l’Italia è definita come casa, famiglia, cultura, cibo e sapori ma allo stesso tempo si presentano immagini e sentimenti negativi quali corrotta e malgestita, vecchia e arretrata, chiusa e paradossale. L’Australia, invece, è spesso associata al concetto di opportunità e di libertà e ad altri termini positivi quali serenità, natura, meritocrazia, ricchezza e multietnica. Molte delle parole che i giovani italiani utilizzano per descrivere le due nazioni sono linguisticamente di significato opposto, l’Italia e l’Australia risultano essere agli antipodi non solo geograficamente ma anche dal punto di vista sociale, economico e culturale. Nella loro onestà però i giovani non risparmiano qualche parola di critica anche verso l’Australia perché, dopo una prolungata permanenza in territorio, hanno scoperto la solitudine e l’isolamento e hanno trovato un Paese apparentemente superficiale con valori culturali differenti. Il viaggio in Australia mostra esattamente i due lati della medaglia, da una parte l’opportunità di crescita e di realizzazione personale in un ambiente favorevole, dall’altra la lontananza dagli affetti e dalla propria radice culturale. I giovani dimostrano comunque di amare l’Italia e grazie a un periodo di distacco riscoprono l’unicità di questo rapporto d’amore.

VIGNALI (MAECI): IMPORTANTE FAR SENTIRE LA PRESENZA DELL’ITALIA


“La miglior risposta che le istituzioni possano dare a chi è all’estero è far sentire che l’Italia c’è comunque anche lì”. Lo ha affermato Luigi Maria Vignali, direttore generale per gli italiani all’estero della Farnesina, intervenendo a Roma alla presentazione del volume “88 giorni nelle farm australiane. Un moderno rito di passaggio”. Promosso dalla Fondazione Migrantes, organismo pastorale della Conferenza Episcopale Italiana ed edito da Tau, il volume è il risultato di un percorso di ricerca che ha visto gli autori – Michele Grigoletti e Giuseppe Casarotto – incontrare e dialogare, negli ultimi 5 anni, con centinaia di giovani italiani che hanno concluso l’esperienza di vita e di lavoro nelle lontane campagne australiane. Vignali ha sottolineato l’importanza della “consapevolezza del fenomeno della nuova mobilità italiana, tanto più importante in quanto la retorica della fuga dei cervelli ha invaso il tema della nuova mobilità”.

E invece “c’è ben altro – sottolinea Vignali – c’è la voglia di trovare se stessi, la voglia di cambiare, la capacità e la voglia di dimostrare di che pasta si è fatti”. Commentando alcune storie raccontate nel volume promosso dalla Migrantes, Vignali sottolinea che i giovani “partono anche con risentimento verso il Paese. Motivazioni forti che dobbiamo tener presenti, che non attengono alla sfera personale ma al sistema paese e a quello che ha da offrire”. La consapevolezza, ha spiegato il direttore generale per gli Italiani all’estero del Maeci, “deve essere anche rivolta a tre temi che rimangono costanti nella storia dell’emigrazione: la nostalgia, il risentimento e il riscatto. Tre temi che ritroviamo in queste storie”.

Ecco quindi che “dobbiamo provare a immaginare delle risposte che questo paese e le sue istituzioni devono dare a nostri giovani”, ha affermato Vignali facendo l’esempio dei visti vacanza-lavoro: è necessario “rafforzare questo strumento importante, prevedere la possibilità di una terza permanenza, ampliare anche gli ambiti geografici”. Nelle testimonianze raccolte nel volume i giovani portano un conflitto di appartenenza: l’Italia rimane la loro casa ma per poter crescere scelgono l’Australia. Sono come auto da corsa, percepiscono l’Italia come un garage e l’Australia come un’autostrada. Si sentono “Ferrari in garage”. Secondo Vignali è importante anche “dare risposte più ampie” e domandarsi “come tirar fuori la Ferrari dal garage, anche in Italia, organizzando dei riti di passaggio analoghi anche nel nostro Paese. Dobbiamo trovare dei percorsi da offrire anche a chi non se la sente di arrivare in Australia”, ad esempio.

Ma una volta che sono dall’altra parte del mondo, è necessario “far sentire che l’Italia c’è anche lì sfruttando la loro forza di aggregazione – sottolinea Vignali -. Le istituzioni italiane devono tener presente questa forza, devono dialogare con i ragazzi. Non devono farli sentire ‘dispersi’ nel deserto australiano. Questo per sfruttarne le energie positive, per metterli in comunicazione tra loro, per rivitalizzare anche il contributo delle nostre comunità all’estero, dell’associazionismo italiano”.

GIACOBBE (PD): RAFFORZARE IL SISTEMA DEI VISTI VACANZA-LAVORO


“Il visto vacanza-lavoro permette alle persone di fare un’esperienza di lavoro all’estero e allo stesso tempo godersi il Paese in cui vanno, finanziando la vacanza con periodi di lavoro. Un’esperienza positiva perché permette ai ragazzi che vanno in Paesi lontani – come dall’Italia in Australia – di venire in contatto anche con un sistema produttivo diverso da quello italiano e fare un’esperienza diretta dello stile di vita, che li arricchisce dal punto di vista culturale”. Così a 9colonne Francesco Giacobbe, senatore del Pd eletto all’estero, a margine della presentazione, in Senato, del volume “88 giorni nelle farm australiane. Un moderno rito di passaggio”. Promosso dalla Fondazione Migrantes, organismo pastorale della Conferenza Episcopale Italiana ed edito da Tau, il volume è il risultato di un percorso di ricerca che ha visto gli autori – Michele Grigoletti e Giuseppe Casarotto – incontrare e dialogare, negli ultimi 5 anni, con centinaia di giovani italiani che hanno concluso l’esperienza di vita e di lavoro nelle lontane campagne australiane. Per i giovani, spiega Giacobbe, è “un’esperienza che permette di maturare e acquisire nozioni nuove” ma anche di “scoprire un’economia all’interno della quale vorrebbero rimanere”. Ecco perché “deve esserci un impegno da parte delle organizzazioni, della comunità e dei legislatori, di facilitare quella che sta diventando nel mondo moderno non più una migrazione ma una mobilità di persone”, prosegue il senatore eletto nella circoscrizione Asia-Africa-Oceania-Antartide. In questo concetto di mobilità vanno inseriti i visti vacanza-lavoro: “fare un’esperienza nel mondo arricchisce e permette, al ritorno nel proprio Paese d’origine o se ci si stabilizza nel nuovo Paese, di portare una grande ricchezza e una maturità personale e lavorativa”.
Per vedere l’intervista video realizzata da 9colonne:

https://youtube.com/watch?v=Phe3Vz_1aZg%3Frel%3D0

GIACOBBE (PD): ESPERIENZA IN FARM DURA MA EDIFICANTE


È stata presentata l’8 luglio al Senato dal Senatore del Pd eletto all’estero Francesco Giacobbe la ricerca “88 giorni nelle farm australiane. Un moderno rito di passaggio”. Oltre ai due autori della ricerca Michele Grigoletti e Giuseppe Casarotto, sono intervenuti il direttore Genarle della Fondazione Migrantes Don Giovanni De Robertis, Riccardo Giumelli docente dell’Università di Verona, Eleonora Camilli redattore, le conclusioni sono state tenute dal Direttore Generale per gli italiani all’estero e le politiche Migratorie del MAECI Luigi Maria Vignali. “Credo che dal volume emerga un messaggio positivo della mobilità come esperienza arricchente e quanto sia importante accettare le sfide e le difficoltà che la migrazione comporta per mettere in atto un cambiamento di sé vero, reale, totale – ha commentato Giacobbe -. L’esperienza di vita e di lavoro in una farm australiana è un’esperienza dura ma edificante al punto da volerne proseguire la permanenza oltre il periodo minimo richiesto”. In conclusione il Senatore ha voluto sottolineare che “c’è un elemento fondamentale che accomuna i ragazzi che sono partiti per un’esperienza all’estero e quelli che sono rimasti in Italia: tutti vogliono un’Italia migliore”.

DE ROBERTIS (MIGRANTES): METTERE AL CENTRO LA PERSONA


“La mobilità giovanile è un tema caro alla chiesa italiana, in un momento in cui l’attenzione è posta in modo ossessivo all’arrivo dei migranti dimenticando le partenze dall’Italia, sempre più consistenti”. Così don Giovanni De Robertis, direttore generale della Fondazione Migrantes, intervenendo a Roma alla presentazione del volume “88 giorni nelle farm australiane. Un moderno rito di passaggio”. Promosso dalla Fondazione Migrantes, organismo pastorale della Conferenza Episcopale Italiana ed edito da Tau, il volume è il risultato di un percorso di ricerca che ha visto gli autori – Michele Grigoletti e Giuseppe Casarotto – incontrare e dialogare, negli ultimi 5 anni, con centinaia di giovani italiani che hanno concluso l’esperienza di vita e di lavoro nelle lontane campagne australiane. De Robertis sottolinea alcuni punti di forza della ricerca: “Uno dei meriti di questo volume è quello di far emergere l’attenzione alle persone”. Un altro aspetto che emerge dalla ricerca, sottolinea il direttore generale della Migrantes, è “l’immagine dell’Italia. Un’Italia definita casa, famiglia, cultura, cibo ma allo stesso tempo corrotta, malgestita, arretrata, paradossale. Qui sono toccati i punti che dovrebbero essere affrontati dal nostro paese e da chi lo dirige. Non sempre è una scelta libera quella di abbandonare il proprio paese”. Il terzo punto che la ricerca svela è la narrazione delle migrazioni: “Pagine positive – prosegue De Robertis – ma che mettono in luce le difficoltà dei giovani, la lontananza, la nostalgia, il duro lavoro, a volte lo sfruttamento nonostante la loro sia una migrazione dai paesi ricchi”. Il volume, conclude il direttore generale della Fondazione Migrantes, “ci offre la chiave vincente della mobilità”: credere in questa “esperienza positiva creando fiducia e mettendo al centro la persona, esaltando i meriti e accompagnando la persona in tutto l’itinerario. Dobbiamo credere che ciò sia possibile e lavorare al servizio di questo obiettivo comune”.

EMIGRAZIONE, DE ROBERTIS (MIGRANTES): SIA INSEGNATA NELLE SCUOLE


Insegnare la storia dell’emigrazione italiana nelle scuole. La proposta è stata ribadita da don Giovanni De Robertis, direttore generale della Fondazione Migrantes, intervenuto a Roma alla presentazione del volume “88 giorni nelle farm australiane. Un moderno rito di passaggio”. Promosso dalla Migrantes, organismo pastorale della Conferenza Episcopale Italiana ed edito da Tau, il volume è il risultato di un percorso di ricerca che ha visto gli autori – Michele Grigoletti e Giuseppe Casarotto – incontrare e dialogare, negli ultimi 5 anni, con centinaia di giovani italiani che hanno concluso l’esperienza di vita e di lavoro nelle lontane campagne australiane. Non deve essere “solo uno studio accademico – sottolinea De Robertis – ma qualcosa che ci deve muovere all’azione e al cambiamento”. La Migrantes è da sempre attenta a questo aspetto, come confermato anche dalla recente pubblicazione del RIM Junior, volume che racconta l’emigrazione italiana ai più giovani.© 9Colonne

Redazione

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