80 anni di rapporti culturali tra Svezia e Italia

80 anni di rapporti culturali tra Svezia e Italia

È il 1941 quando, a seguito di un accordo bilaterale tra Svezia e Italia, viene fondato a Stoccolma il primo Istituto italiano, volto inizialmente alla promozione della lingua italiana in Svezia. Soltanto nel 1954 diviene Istituto Italiano di Cultura, destinato quindi a diffondere la cultura italiana, a cui segue, nel 1958, il trasferimento della sua sede da Linnégatan 5 a Gärdesgatan 14, dove si trova ancora oggi.

Proprio quest’anno ricorrono quindi gli 80 anni da quell’accordo che ha dato inizio a una serie di rapporti culturali e artistici, di cui oggi si rinnova la promessa di impegno di conoscenza reciproca.
In occasione di questo anniversario, l’Istituto ha deciso di pubblicare un volume per ripercorrere e tramandare questi primi 80 anni di rapporti culturali tra Svezia e Italia. “Enchanting Architecture” narra, attraverso un percorso di natura sia storica che artistica, gli eventi che portarono alla realizzazione di una delle più rappresentative architetture italiane all’estero, l’Istituto Italiano di Cultura di Stoccolma, progettato e arredato da Gio Ponti su impulso dell’ingegnere e industriale Carlo Maurilio Lerici, che ne fu anche il massimo finanziatore. L’idea alla base del progetto di Ponti è quella di un’architettura aperta agli stimoli della modernità, alleggerita nelle sue forme e consapevole della sua funzione.
Il volume, a cura di Maria Sica, direttore dell’IIC, nasce quindi per raccontare questo pezzo di storia: la storia di un dialogo tra due culture, quella italiana e quella svedese, che qui si incontrano e confrontano, ma soprattutto la storia dell’edificio e del progetto di Gio Ponti, che in questa occasione collaborò con l’architetto svedese Ture Wennerholm, oltre che con Pier Luigi Nervi all’ideazione dell’auditorium e con Ferruccio Rossetti all’ampliamento dell’atrio di ingresso.
“Enchanting Architecture” si apre con le introduzioni dell’Ambasciatore d’Italia a Stoccolma Mario Cospito, della Direttrice dell’Istituto Maria Sica e del curatore degli Archivi di Gio Ponti Salvatore Licitra e si compone di una serie di contributi di studiosi e accademici, che hanno l’obiettivo di presentare e approfondire gli aspetti legati alla committenza, alla progettazione e alla realizzazione dell’edificio e del design degli interni.
I contributi testuali sono accompagnati da immagini storiche e riproduzioni di schizzi, progetti e disegni provenienti dall’archivio dell’Istituto. A questo materiale, si aggiunge il nuovo reportage fotografico di Luciano Romano, incentrato sugli elementi architettonici e di design che connotano l’edificio. Insieme offrono una panoramica della nascita del progetto e della sua evoluzione nel corso degli anni.
Il volume, commissionato dall’Istituto Italiano di Cultura e curato dalla direttrice Maria Sica, è stato pubblicato da Five Continents Editions, prestigiosa casa editrice specializzata nell’editoria d’arte. I testi sono in inglese e italiano.
Fulvio Irace, professore ordinario in Storia dell’Architettura al Politecnico di Milano, ripercorre in “Aria d’Italia a Stoccolma” l’intera storia dell’Istituto, attraverso le fasi storiche della progettazione del nuovo edificio in Gärdesgatan, a partire dal primo progetto di Ture Wennerholm a cui si contrappone il progetto di Ponti. Comprendendo come la Svezia considerasse ancora l’Italia come un paese rustico e antico, Ponti decise infatti di presentare un progetto che si facesse veicolo di un’immagine modernista dell’Italia.
Domitilla Dardi, storica del Design e Design Curator presso il MAXXI di Roma, approfondisce il tema della propaganda dello stile italiano all’estero in “Chiaro, puro e solare”. Attraverso l’Istituto di Stoccolma, Ponti contribuisce infatti a esportare non solo una sua visione personale di stile, ma anche una precisa idea di Italia. L’Istituto rappresenta la sintesi del pensiero moderno di Ponti, che negli anni Cinquanta è ormai nel pieno della sua maturità e si presenta come art director in grado di dirigere l’integrazione tra architettura, arredo, interior design e arte. Gli interni dell’Istituto di Stoccolma sono l’esempio perfetto di questo ruolo di Ponti e del suo piano di esportare il Made in Italy, lo stesso che egli stava contribuendo a fondare anche in Italia attraverso la collaborazione con le maggiori aziende del settore, in veste di progettista e guida strategica.
Giovanni Bellucci, professore a contratto in Storia dell’architettura presso l’Università Politecnica delle Marche di Ancona, si concentra sull’edificio di Ponti per esaminare le connessioni tra lo stile architettonico italiano e quello svedese, che proprio nella progettazione dell’Istituto di Stoccolma vengono a incontrarsi. Ne “L’Istituto Italiano di Cultura di Stoccolma. Atteggiamento svedese per un’architettura italiana”, Bellucci fa rivivere le vicende e i rapporti che portarono alla realizzazione dell’Istituto, evidenziando le influenze tra l’approccio italiano e quello svedese, che si incontrano nelle figure degli architetti che collaborano a questo progetto, ovvero Gio Ponti, Pier Luigi Nervi, Ferruccio Rossetti e Ture Wennerholm, e che in Carlo Maurilio Lerici trovano la figura di raccordo e sintesi.
Antonello Alici, professore associato in Storia dell’Architettura presso l’Università Politecnica delle Marche di Ancona, analizza invece in maniera più ampia le relazioni culturali tra Italia e Svezia in “Viaggio al nord. L’Istituto Italiano di Cultura di Stoccolma nel contesto delle relazioni tra gli architetti svedesi e italiani”. L’Italia ha sempre rappresentato un luogo di riferimento per gli artisti nordici: oltre che occasione di formazione, il viaggio stesso permetteva incontri e favoriva rapporti. Alla fine dell’Ottocento, inizia a manifestarsi anche una tendenza inversa, ovvero il crescente interesse italiano verso i Paesi nordici, i quali necessitano ora di elaborare un linguaggio originale, alla ricerca di una propria autonomia culturale. Alici ripercorre le tappe fondamentali di questo lungo rapporto di scambio, con una particolare attenzione anche alle riviste che ne hanno reso testimonianza.
Fredrick Whitling, storico e ricercatore, dedica “Le due culture di Carlo Maurilio Lerici, industriale eclettico e mecenate di arte e scienza” a Carlo Maurilio Lerici, illustrandone la visione e gli interessi multidisciplinari, che spaziano dall’ambito scientifico a quello umanistico. Lerici è colui che si fa promotore della realizzazione di un istituto culturale a Stoccolma, finalizzato a consolidare le relazioni tra Italia e Svezia. I rapporti professionali di Lerici con la Svezia culminano proprio con il contributo finanziario volto alla costruzione della nuova sede dell’Istituto, grazie al quale si rende possibile la realizzazione del progetto di Ponti. È infatti Lerici che chiama Ponti a Stoccolma ed è sempre Lerici che entra in contatto con Ture Wennerholm. Il suo nome non solo si lega a quello dell’Istituto, denominato Istituto Italiano di Cultura C.M. Lerici, ma anche alla fondazione omonima, legata all’Istituto stesso e attiva ancora oggi con lo scopo di promuovere il lavoro di ricerca di studiosi italiani e svedesi in ambito umanistico e scientifico.
Adriana Rispoli, curatrice e critica d’arte, in “Amate l’arte_L’arte è una luce” ricorda infine gli interventi più recenti che hanno interessato l’Istituto di Stoccolma e in cui l’edificio si fa espressione dell’idea di osmosi tra arte e architettura, oltre che della teoria della totalità delle arti promossa da Ponti. Dal 2018 al 2020, l’Istituto ha ospitato una serie di interventi site-specific di arte contemporanea, in cui gli artisti coinvolti sono stati chiamati a reinterpretare la facciata dell’edificio pontiano. Passato e contemporaneità si fondono così nelle installazioni di Bianco-Valente (Relational, 2018), Mariangela Levita (TUTTO.Leonardo, 2019) e Monica Bonvicini (Power, Joy, Humor, Resistance, 2020). 

Redazione@progetto-radici.it

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