L’appello dei capi militari di 12 Paesi (anche italiani) a fermare le stragi in Myanmar 

L’appello dei capi militari di 12 Paesi (anche italiani) a fermare le stragi in Myanmar 

 Francesco Russo

I capi delle forze armate di 12 nazioni – tra cui l’Italia – hanno condannato la violenta repressione della giunta militare contro i manifestanti che chiedono il ripristino del governo civile del Myanmar, deposto lo scorso 1 febbraio dall’esercito, che ha arrestato la leader Aung San Suu Kyi e decine di politici. Sabato i militari hanno ucciso a colpi d’arma da fuoco almeno 90 persone, tra cui sette bambini, in quello che è stato il giorno più sanguinoso dal colpo di Stato, un massacro, coinciso con la festa delle forze armate che, secondo fonti locali, avrebbe un bilancio ancora più pesante, pari ad almeno 114 morti. 

“Come capi della Difesa, condanniamo l’uso di forza letale contro persone disarmate da parte delle forze armate birmane e dei servizi di sicurezza associati”, si legge nel’inusuale comunicato congiunto, firmato dai capi di stato maggiore di Usa, Canada, Regno Unito, Germania, Italia, Grecia, Danimarca, Paesi Bassi, Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda.  “Un esercito professionale segue le regole di condotta internazionale e la sua responsabilità è proteggere – non colpire – il popolo che serve“, prosegue la nota, “esortiamo le forze armate del Myanmar di lavorare per ripristinare il rispetto e la credibilità persa con le loro azioni di fronte al popolo birmano”.

Con la strage di sabato è salito ad almeno 423 vittime il bilancio della repressione delle manifestazioni che da due mesi sfidano l’esercito golpista. La popolazione è scesa di nuovo in piazza per commemorare le vittime della carneficina. Nuove proteste sono state segnalate nelle città di Bago, a Nord Est di Yangon, e a Moe Kaung, nello Stato del Kachin. 

Un nuovo fronte si sarebbe poi aperto nel Nord Est, dove l’esercito birmano avrebbe bombardato le posizioni delle milizie della minoranza Karen, causando tre morti e otto feriti. A riferirlo è Hsa Moon, un’attivista per i diritti umani della comunità Karen. I bombardamenti aerei, i primi da anni a colpire i Karen, sono stati lanciati per liberare una base militare dell’esercito che era stata occupata dai miliziani. La giunta militare non ha rilasciato commenti sull’accaduto né ha confermato il bilancio dei bombardamenti.

Alla grande parata militare avvenuta ieri nella capitale Naypyidaw hanno assistito le delegazioni diplomatiche di otto nazioni, tra cui Cina e Russia. Immagini trasmesse dalla televisione mostrano il viceministro della Difesa russo, Alexander Fomin, tra il pubblico della parata, durante la quale il capo della giunta, il generale Min Aung Hlaing ha attaccato i manifestanti, definendoli “terroristi”, e ha promesso il ripristino della democrazia dopo nuove elezioni. L’ambasciata Usa a Yangon ha invitato i cittadini americani a limitare i loro spostamenti dopo che, nella giornata di ieri, colpi d’arma da fuoco sono stati esplosi contro un centro culturale statunitense. 

Redazione

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