Palafitte di Fiavè e Ledro

Palafitte di Fiavè e Ledro

DIECI ANNI DAL RICONOSCIMENTO UNESCO

Nel 2021 ricorrono i dieci anni dell’iscrizione nella lista del Patrimonio mondiale dell’UNESCO del sito seriale e transnazionale “Siti palafitticoli preistorici dell’arco alpino”. Ne fanno parte anche le palafitte trentine di Fiavé e Ledro, scelte assieme ad altre 109 aree archeologiche tra le oltre 1.000 realtà palafitticole situate in Italia, Francia, Svizzera, Germania, Austria e Slovenia.
Un anniversario importante e significativo per Fiavé – sottolinea la provincia di Trento – annunciando che, a completamento del Museo delle Palafitte, sta ora sorgendo il Parco Archeo Natura, la cui apertura è prevista nel prossimo giugno.
In occasione del decennale il Gruppo di Coordinamento internazionale del sito UNESCO ha messo a punto una serie di attività volte alla valorizzazione e alla divulgazione di questo inestimabile bene della collettività. Le iniziative sono raccolte sul sito web ufficiale.
Tra queste “10 years – 100 stories”, 10 anni – 100 storie, una vetrina digitale nella quale ciascuna realtà propone tre reperti particolarmente significativi o curiosi della propria collezione.
L’obiettivo è di offrire una panoramica del sito seriale UNESCO e presentare i ritrovamenti nei singoli siti palafitticoli e le loro caratteristiche. Un’esposizione dinamica dove per ogni oggetto sono riportati una breve descrizione, il materiale, la datazione e il museo nel quale è esposto. Cliccando sull’immagine si apre una scheda di approfondimento per chi desideri saperne di più: a cosa serviva l’oggetto, come è stato realizzato, cosa ci racconta della vita quotidiana di 4.000 anni fa.
Il Museo delle Palafitte di Fiavé ha scelto tre reperti molto particolari, sia per l’eccezionale stato di conservazione sia per la loro funzione.
L’ambiente della torbiera, povero di ossigeno, ha rallentato di molto la decomposizione degli oggetti consentendo la conservazione fino ai nostri giorni di materiali organici come il legno e addirittura le fibre vegetali. Sono realizzati in questi materiali i reperti di Fiavé dell’età del Bronzo esposti in museo e mostrati anche nella vetrina digitale: un copricapo in fibre di pino e viburno, un frullino in legno di abete per la produzione del burro e un recipiente in legno di conifera. Si tratta di testimonianze importanti che sottolineano l’unicità dei ritrovamenti di Fiavé e della straordinaria collezione di 300 oggetti in legno, unica in Europa.
Oltre alla vetrina digitale, il sito www.palafittes.org propone un viaggio di esplorazione virtuale nel mondo delle palafitte. Le sezioni sono ricche di informazioni sui siti e i relativi musei, sulle ricerche condotte dagli archeologi e non mancano immagini, spunti con cenni storici, curiosità, un blog dedicato al cibo e alla cucina, novità, progetti e notizie sui futuri eventi organizzati nei vari siti dei sei Paesi interessati. Ulteriori informazioni sono disponibili anche sul sito web delle palafitte italiane UNESCO.
IL SITO SERIALE UNESCO “SITI PALAFITTICOLI PREISTORICI DELL’ARCO ALPINO”
Sono 111 i siti archeologici, fra i quali anche Fiavé e Ledro, che insieme costituiscono i “siti palafitticoli preistorici dell’arco alpino” dal 27 giugno 2011 inclusi nella Lista del Patrimonio mondiale dell’UNESCO. I sei Paesi interessati sono, oltre all’Italia (con le regioni Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Provincia autonoma di Trento), Francia, Svizzera, Germania, Austria e Slovenia.
La decisione del Comitato del Patrimonio Mondiale di includere Fiavé e Ledro nella prestigiosa Lista è il riconoscimento ufficiale della validità e dell’importanza dei due siti trentini.
I motivi della candidatura sono legati a diversi aspetti, a partire dalla scarsa rappresentanza, nel patrimonio mondiale, della preistoria, rispetto alla quale le palafitte costituiscono uno dei fenomeni più appariscenti, molto conosciuti dal grande pubblico e nel contempo ricchi di testimonianze di valore storico.
I villaggi palafitticoli sono infatti una delle più importanti fonti archeologiche per lo studio delle comunità umane europee tra il 5000 e il 500 a.C. Le condizioni di conservazione in ambiente umido hanno permesso la sopravvivenza di materiali organici che contribuiscono in modo straordinario a comprendere il Neolitico, ovvero l’avvento delle prime società agrarie, l’età del Bronzo, caratterizzata dalla diffusione di tecnologie complesse come la metallurgia e gli scambi su lunga distanza, ed infine le interazioni fra gruppi umani e territorio a fronte dell’impatto dei cambiamenti climatici

Redazione

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