Draghi, draghetto o dragone?

Draghi, draghetto o dragone?

L’avventura di Mario Draghi in qualità di Presidente del Consiglio dei Ministri ha radici temporali non troppo recenti. Di lui si è ampiamente parlato ben oltre 6 mesi or sono allorquando si è dato vita, con non poche perplessità, al Conte bis. Conte veniva da una prima esperienza come primo ministro nel corso della quale aveva conseguito scarsi successi nella prevenzione e nella lotta al Coronavirus;  non era stato, infatti,  in grado di approntare con la necessaria sollecitudine ed urgenza  un Piano Sanitario Nazionale in grado di incrementare sulla base delle previsioni degli esperti i posti letto, le terapie intensive, i tamponi ed a mobilitare  una maggior numero di medici; strategia che avrebbe consentito ab initio di aggredire il nemico pandemico ancora prima che si sviluppasse e si diffondesse raggiungendo percentuali assurde quanto dolorose che hanno determinato il decesso di oltre 100.000 italiani; molti di più di quanti sono caduti nell’adempimento del proprio dovere nel corso della II° Guerra mondiale.

Ad ottobre del 2019, peraltro, i servizi segreti avevano fatto tenere a Conte ed al Ministro della Salute Speranza un dossier nel quale li si informava che da fonti scientifiche e sanitarie  ben accreditate in Italia si stava diffondendo in maniera rapida e minacciosa  un virus, al quale era stato dato il nome di covid 19, proveniente dalla Cina, nazione nella quale si stavano già registrando milioni di contagi ed i primi decessi.

Nonostante l’allarme dato in tempo utile tanto Conte quanto Speranza hanno mostrato di fronte al grave problema una superficialità irresponsabile ed incredibile (i due per tale inadempienza oggi sono indagati da diverse procure). I primi provvedimenti sono  scattati a marzo del 2020 allorquando si è fatta partire la campagna di prevenzione e di lotta al virus per contenere i contagi e i decessi: Conte pensava  di risolvere il problema con i suoi ormai famosi DPCM,  con i quali chiudeva quasi tutte le attività economiche del nostro paese, segregava famiglie, giovani ed anziani in casa; (tanto in aperta violazione delle norme costituzionali, come peraltro sostenuto da costituzionalisti illustri, docenti universitari e diversi presidenti  della stessa Corte Costituzionale).

I risultati di tale strategia sono stati catastrofici, con le scuole nel caos tra dad e lezioni in presenza ma anche a causa della Ministra Azzolina la cui unica vera competenza a livello scolastico è sembrata essere era la sua perfetta incompetenza, con il deficit pubblico che è schizzato ad oltre 2.500 miliardi; con la chiusura sine die di teatri, cinema ,musei, il blocco presso che totale delle attività sportive in presenza.

Di fronte ad uno scenario così incerto ed inadeguato  e ad una situazione politica che sembrava mordersi la coda come un cane, con un governo che  a causa dell’eccessiva conflittuali tra i diversi partiti non era in grado di approvare quei provvedimenti urgenti di cui il Paese aveva bisogno  si avvertiva netta la necessità di una svolta, di un cambii di passo e di rotta. A mandare a casa Conte ci ha pensato però Matteo Renzi privando il suo governo della maggioranza al senato e costringendolo a presentare le sue dimissioni al Presidente Mattarella. Matteo Renzi bloccava  così una delle trame politiche più vergognose ed inquietanti dell’Italia Repubblicana; non va dimenticato che  pur di non perdere la beneamata poltrona si è tentato di mettere su un Conte ter con una nuova  maggioranza raffazzonata  ed ibrida costituita dai transfughi e voltagabbana di altri partiti sempre in cerca di un posticino nel governo o nel sottobosco politico.

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha per fortuna spezzato questa trama voltando pagina, accogliendo le dimissioni di Conte e conferendo nel contempo a Mario Draghi l’incarico di formare un nuovo governo di alto profilo con la presenza di tecnici dalle riconosciute competenze e professionali in grado di affrontare le gravissime emergenze  e traghettare il paese verso lidi procellosi.  Sergio Mattarella ha alle sue spalle una lunga  e qualificata esperienza politica e di partito, conosce molto bene per i ruoli istituzionali ricoperti l’apparto dello Stato;  lui e la sua famiglia hanno pagato un prezzo altissimo per il loro impegno politico avendogli la mafia siciliana ucciso il fratello Piersanti, Presidente della Regione Sicilia.

Il conferimento a Mario Draghi dell’incarico di formare un nuovo governo conteneva un auspicio ben preciso, diciamo pure un sogno, quello di giungere (per il bene del paese)  in tempi ristretti alla formazione di un governo non impastoiato e condizionato dai diktat dei partiti. Ma si sa che tra il dire ed il fare c’è sempre di mezzo il mare. Mario Draghi consapevole del fatto che non era un parlamentare, di non avere il sostegno di un suo partito e movimento politico doveva necessariamente tessete come un novello Cavour una tela complessa e difficile; per ottenere il consenso dei partiti al suo governo ed ovviamente i voti necessari per ottenere la fiducia e governare senza grossi patemi d’animo; l’obiettivo a parere dei politologi di rango non sembrava del tutto impossibile. Con la sua faccia da sfinge e la pazienza di un frate certosino egli ha avviato i colloqui di rito con tutti i partiti presenti in parlamento allargando le consultazioni anche alle forze sociali. Prima il programma di governo e poi la scelta dei ministri, la nota più nota dolente e complicata.

Draghi probabilmente aveva già pronta la sua squadra di tecnici per quello che egli definiva “il governo del paese” ma se avesse forzato la situazione rischiava di ritrovarsi senza una maggioranza sia al senato che alla camera. D’altra parte più di una poltrona era sta già prenotata dai partiti come conditio sine qua non per entrare a far parte della nuova compagine governativa. I pentastellati divisi ed in subbuglio avevano indicato in testa alla lista ovviamente Luigi Di Maio, che in questi anni non si è perso un posto nei governi che si sono succeduti, mostrando un attaccamento alla poltrona di tipo neuro fisiologico.

Di Maio campione di coerenza politica ha mostrato, pur di conservare la sua poltrona, di stare bene con la Lega di Salvini, con i  Fratelli d’ Italia della  Meloni, con il PD, con Forza  Italia e con Italia Viva, in sintesi con tutti i partiti dell’arco costituzionale presenti in Parlamento. Tutti i partiti hanno fatto scendere in campo i propri assi vedi Salvini che ha affidato la rappresentanza governativa della lega al fidatissimo Giorgetti, mentre Zingaretti ( che successivamente si è dimesso dall’incarico di segretario nazionale del PD) strozzato e condizionato dalle correnti interne ha fatto scendere in campo Dario Franceschini, Orlando e l’onnipresente Speranza, con la speranza che questa volta il ministro della salute avrebbe  ascoltato un po’ meno il suo consigliere Ricciardi, dipinto dai media come  profeta di sciagure e teorizzatore del lockdown come stile di vita,  per fare funzionare un po’ di più in piena autonomia il suo cervello; quanti lo conoscono giurano che sarebbe capace di farlo se lo volesse.

Tali condizionamenti hanno costretto Draghi a rinunciare ad un governo di soli tecnici per dare vita ad un governo in cui erano rappresentati anche i partiti che avevano assicurato il loro sostegno in termini di voti parlamentari. La mancata costituzione di un governo tecnico e di alto profilo ha da subito dato la stura a giudizi e valutazioni non troppo piacevoli; Draghi è stato subito definito un draghetto  così come draghetti sono stati definiti i suoi ministri. Giudizio immeritato se si pensa alle difficoltà che Draghi ha dovuto affrontare per formare il governo, stretto tra la richiesta di Mattarella (che poi ha preso atto delle stesse) e quelle dei partiti.  Draghi è sembrato, quindi, partire  in salita; ed anche quando all’atto dell’insediamento della sua compagine governativa si è raccomandato ai suoi ministri di non essere troppo ciarlieri e di non trascorre più tempo a fare interviste che a lavorare; ritenendo più utile lavorare per fare approvare i provvedimenti necessari al paese e poi rilasciare interviste. Tale raccomandazione non è sembrata molto gradita ai media ed ai social che nel contestarne la portata facevano ancora una volta  apparire Draghi come uno debole  comunicatore e un piccolo draghetto. Anche in questo caso gli attacchi sono sembrati ingiusti ed immeritati, l’esperienza del passato va tesaurizzata per evitare ogni inutile fibrillazione scaturente da affermazioni o informazioni premature se non addirittura estemporanee. Ma i giudizi erano per fortuna destinati a cambiare: Draghi ha da subito chiarito gli obiettivi del su governo: “Mettere in sicurezza il paese” attraverso una lotta serrata alla pandemia, ridurre i contagi, potenziare le strutture sanitarie soprattutto approntare un Piano vaccinale in grado di rendere immuni gli italiani nel giro di pochi mesi, dando la necessaria precedenza agli ultraottantenni ed ai soggetti fragili. L’appello di Draghi ovviamente andava esteso anche ad un altro settore di vitale importanza quello dell’economia, delle imprese, dei lavoratori e delle loro famiglie.

Ricordando che con recovery found si sarebbero potute reperire notevoli risorse; Draghi ha detto senza peli sulla lingua  che era necessario un cambio di passo rispetto al passato; pur ritenendo utili e necessari nel tempo medio i ristori e le altre provvidenze di sostegno egli ha sottolineato come il vero problema fosse quello di aiutare in concreto le imprese concedendo loro non solo ristori una tantum ma cospicui finanziamenti  in buona parte a fondo perduto in modo da consentire alle imprese ed alle aziende di  ristrutturare e riorganizzare le loro attività, di introdurre le necessarie innovazioni tecnologiche, acquistare i beni per la produzione e riassumere il personale in modo da riposizionarsi nelle nicchie di vendita  e di mercato sia in   Italia che all’estero, posizioni che si erano perse a cause delle chiusure imposte dal contagio pandemico.

Un altro significativo passaggio del suo programma di governo è rappresentato dal richiamo all’Europa. Per Draghi il sostegno a governo è sostegno ad un euro irreversibile; saldo e convinto deve essere l’ancoraggio europeo. «Fuori dall’Europa c’è meno Italia. Non c’è sovranità nella solitudine. Questo governo – ha detto Draghi – nasce nel solco dell’appartenenza del nostro Paese, come socio fondatore, all’Unione europea, e come protagonista dell’Alleanza Atlantica, nel solco delle grandi democrazie occidentali, a difesa dei loro irrinunciabili principi e valori».

Non solo. «Sostenere questo governo significa condividere l’irreversibilità della scelta dell’euro, significa condividere la prospettiva di un’Unione Europea sempre più integrata che approderà a un bilancio pubblico comune capace di sostenere i Paesi nei periodi di recessione. Gli Stati nazionali rimangono il riferimento dei nostri cittadini, ma nelle aree definite dalla loro debolezza cedono sovranità nazionale per acquistare sovranità condivisa» ha chiarito Draghi. E ha poi  aggiunto: «Proprio la pandemia ha rivelato la necessità di perseguire uno scambio più intenso con i partner con i quali la nostra economia è più integrata.

Per l’Italia ciò comporterà la necessità di meglio strutturare e rafforzare il rapporto strategico e imprescindibile con Francia e Germania. Profonda è la nostra vocazione a favore di un multilateralismo efficace, fondato sul ruolo insostituibile delle Nazioni Unite». Tra le altre priorità del governo necessarie per dare attuazione al tanto auspicato cambiamento del paese Draghi ha indicato quello della transizione verso uno sviluppo ambientale sostenibile, la riforma fiscale ed in particolare dell’IVA e dell’Irpef, il rilancio della galassia Scuola presidio fondamentale per lo sviluppo della cultura e per la formazione di cittadini di domani. Nella scuola occorre fare tutto il possibile per assicurare la didattica in presenza. Occorre rivedere il disegno del percorso scolastico annuale. Allineare il calendario scolastico alle esigenze derivanti dall’esperienza vissuta dall’inizio della pandemia.

Il ritorno a scuola deve avvenire in sicurezza. Non solo. Per il premier «dobbiamo tornare rapidamente a un orario scolastico normale, anche distribuendolo su diverse fasce orarie, ma dobbiamo fare il possibile, con le modalità più adatte, per recuperare le ore di didattica in presenza perse lo scorso anno, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno in cui la didattica a distanza ha incontrato maggiori difficoltà». Draghi ha citato un numero significativo: a fronte di circa 1,7 milioni di studenti delle superiori, nella prima settimana di febbraio solo poco più di un milione, vale a dire il 61,2% del totale, ha avuto assicurato il servizio attraverso la didattica a distanza. Altro punto nodale del programma di Draghi riguarda la strategia relativa ai progetti del Next Generation EU «non può che essere trasversale e sinergica, basata sul principio dei co-benefici, cioè con la capacità di impattare simultaneamente più settori, in maniera coordinata».

Le Missioni del Programma del Recovery plan «potranno essere rimodulate e riaccorpate, ma resteranno quelle enunciate nei precedenti documenti del Governo uscente, ovvero l’innovazione, la digitalizzazione, la competitività e la cultura; la transizione ecologica; le infrastrutture per la mobilità sostenibile; la formazione e la ricerca; l’equità sociale, di genere, generazionale e territoriale; la salute e la relativa filiera produttiva».

Ma nelle prossime settimane sarà rafforzata la dimensione strategica del Programma, «in particolare con riguardo agli obiettivi riguardanti la produzione di energia da fonti rinnovabili, l’inquinamento dell’aria e delle acque, la rete ferroviaria veloce, le reti di distribuzione dell’energia per i veicoli a propulsione elettrica, la produzione e distribuzione di idrogeno, la digitalizzazione, la banda larga e le reti di comunicazione 5G». Il Programma nazionale di Ripresa e Resilienza «indicherà a sua volta, gli obiettivi per il prossimo decennio e più a lungo termine, con una tappa intermedia per l’anno finale del Next Generation Eu, il 2026.

Non basterà elencare progetti che si vogliono completare nei prossimi anni. Dovremo dire dove vogliamo arrivare nel 2026 e a cosa puntiamo per il 2030 e il 2050, anno in cui l’Unione Europea intende arrivare a zero emissioni nette di CO2 e gas clima-alteranti». Un passaggio del suo discorso è dedicato anche al gender gap. «L’Italia presenta oggi uno dei peggiori gap salariali tra generi in Europa, oltre una cronica scarsità di donne in posizioni manageriali di rilievo. Una vera parità di genere non significa un farisaico rispetto di quote rosa richieste dalla legge: Queste dichiarazioni programmatiche che hanno rilanciato le quotazioni dell’ex Presidente della Banca d’Italia e della Banca Centrale Europea tanto che in pochi giorni il giudizio dei media e dei social è completamente cambiato promuovendolo da draghetto a dragone.

Ma Draghi va, comunque, per la sua strada, qualche giorno fa facendo visita al centro di vaccinazioni di Fiumicino nel ringraziare tutti gli operatori della sanità per la loro abnegazione ed il loro impegno ha ribadito che l’impegno prioritario del Governo è la lotta senza soste alla pandemia; ha, tra l’altro,  sottolineato che il governo acquisterà il maggior  numero di vaccini disponibili sul mercato, finanzierà e sosterrà la produzione di un vaccino tutto italiano,si attiverà affinchè si possa triplicare il numero dei vaccinati giornalieri passando dagli attuali 170.000 ad almeno mezzo milione al giorno .

L’obiettivo resta quello di giungere al periodo estivo con oltre l’80% di italiani vaccinati, il che consentirebbe un notevole allentamento delle misure restrittive che si è costretti a prendere per evitare ulteriori contagi e morti. Un programma serio, valido e credibile che però resta al momento in sospeso tra il fattibile e l’utopia. Insomma per sapere se Draghi sia un draghetto o un dragone dobbiamo aspettare almeno fino a dopo Pasqua.

Allora ne sapremo di più.

Giacomo Marcario

Redazione

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