Lo scambio simbolico e gli stadi della vita

Lo scambio simbolico e gli stadi della vita
                                 

                                      Di Apostolos Apostolou 




                                 (La fotografia è di J. Baudrillard) 

L’uomo nella sua natura, è un’animale capace di pensare. Il pensiero (noesis – dianoia – intelletto – pensiero) corrisponde alla parola latina “cogitatio”. La parola “pensiero” ha quattro significati: si può definire come qualsiasi attività intuitiva. Il primo significato è il più vasto del termine. Con esso s’intende qualsiasi attività spirituale o l’insieme di tali attività. Il pensiero di Spinoza, di Cartesio, di Leibniz, di Kant, ecc. Il secondo significato è quello per cui il termine indica l’attività dell’intelletto in genere in quando distino dalla sensibilità e dall’attività pratica. Cosi ogni azione come pensiero, esige un’applicazione pratica e allora nasce la pratica filosofica. Nel mondo ci sono molti modelli della vita. Si può dire che ogni popolo, ogni paese, ha avuto una propria scala della vita, o possiamo dire che ha trovato gli stadi della vita. Tutte le civiltà, nei loro valori immediati per l’uomo nascono si sviluppano, declinano e muoiono. Ma di ognuno di esse rimane il patrimonio della scala di vita che come le onde del mare, corrono gli oceani degli stadi della vita, fino agli estremi limiti del mondo, lasciando su ogni spiaggia il loro segno. Molti di questi segni saranno cancellati dalle ondate successive ma l’uomo potrà raccoglierne qualcuno e sarà capace di svilupparlo. Cosi la vita si può dividere in stadi.

Carl Gustav Jung, fondatore della psicologia analitica, che ha descritto il ruolo dei complessi e l’inconscio collettivo, parla di due periodi di fondamentale importanza: quello prima dei trentacinque anni e quello dopo questa età. Prima dei trentacinque anni, la persona è piena di forza utilizzata per apprendere un mestiere, per il matrimonio, per i figli; dopo i trentacinque anni, la persona è meno energica ed ha acquisito saggezza. Secondo William Shakespeare, l’uomo passa dagli stadi: Bambino – allievo – amante – soldato – giudice – vecchio rimbambito. E secondo Athur Rimbaud l’uomo passa dagli stadi: Profeta – viaggiatore – vagabondo – credente. (voyant, voyageur, voyou, voué). Un proverbio indiano narra che ci sono quattro stadi della vita dell’uomo. Il primo è lo stadio in cui s’impara; il secondo è quello in cui s’insegna, o si servono gli altri; nel terzo si va nel bosco, il bosco profondo del silenzio, della riflessione, del ripensamento, ma anche aprirà (il terzo stadio) o potrà riordinare con gratitudine tutto ciò che ho ricevuto, ricordare le persone che ho incontrato, gli stimoli che mi sono stati dati e che in questi ventidue anni non sono riuscito a elaborare – nel bosco, passeggiando tra gli alberi, si rimettono in ordine le memorie. Nel quarto stadio, particolarmente significativo per la mistica e l’ascetica indù, si impara a mendicare; l’andare a mendicare è il sommo della vita ascetica. Qui possiamo ricordare che negli stadi del cammino della vita, Kierkegaard distingue tre condizioni o possibilità esistenziali fondamentali, alle quali egli da il nome di “stadi”, poiché possono essere considerati come momenti successivi dello sviluppo individuale.

Queste determinazioni sono lo stadio estetico, lo stadio etico e lo stadio religioso. La vita estetica questo tipo di vita è quello scelto dall’esteta, ovvero colui che considera la vita un’ opera d’ arte. Poi secondo Kierkegaard esiste la vita etica. La vita etica è rappresentata dal buon marito fedele il quale segue la morale. E nell’ultima fase secondo Kierkegaard esiste la vita religiosa. La vita religiosa è “il rapporto assoluto con l’Assoluto”.Ovvero l’uomo scegliendo questo tipo di vita può raggiungere l’infinito e può liberarsi della disperazione e dell’angoscia. Secondo la dottrina detta degli Ashrama, la vita si svolge in quattro stadi successivi, Brahmacharia l’apprendistato, / Garhasthya la sovranità, / Vanaprastha l’eremitaggio, / Samnyasa l’abbandono.

G. Vico sostiene che ci sono tre stadi della storia che presentano le fasi della vita. Il primo stadio, o età degli dei – subito dopo la formazione del consorzio civile – è segnato dall’incontrastato dominio dei sensi e della fantasia, dai quali gli uomini come fanciulli si fanno guidare. All’età degli dei segue l’età degli eroi: in questa fase parte degli attributi divini vengono assorbiti dalla condizione umana: vige la legge del più forte. La terza età è l’età degli uomini ed è dominata dalla ragione: nasce il senso del dovere e la subordinazione alle leggi che il consorzio sceglie per il bene comune.

Dalla storia conosciamo che l’uomo aveva una serie passaggi codificati per esistere come membro della società di tempi antichi secondo l’antropologia. Ci sono riti, e i riti sono stadi della vita o la scala della vita. I riti della vita hanno tre fasi secondo degli antropologi: la separazione; la transizione che permette l’adattamento alla nuova condizione;il re-inserimento che segna il rientro nella società, ma in una posizione differente. Il rito era nei tempi antichi il modo per affrontare e risolvere le crisi di passaggio che caratterizzano le fasi diverse dalla vita: nascita, adolescenza, vita adulta, menopausa fino alla morte.

Oggi che la velocità è arrivata a permeare ogni aspetto della società moderna abbiamo una antropologica crisi perché nessuna fase di passaggio ne è esente, mentre il rito che permetteva il suo superamento positivo è scomparso, lasciando un vuoto di senso e significato. Possiamo dire che oggi l’accelerazione è diventata l’imperativo che domina non solo l’innovazione tecnologica, ma anche i gesti della vita di ogni giorno, in una guerra perenne contro le limitazioni di spazio e tempo. Per la mente dell’uomo moderno, lo spazio e il tempo sono essenzialmente delle limitazioni. I riti di passaggio ben precisi, erano la transizione da una fase all’altra della vita. Cosi, abbiamo una particolare fase del ciclo di vita determinava, abbiamo l’identificazione con dei ruoli personali, familiari e sociali ben chiari e determinati.

Con il nuovo scambio simbolico non esistono le fasi o gli stadi della vita. In questo momento, come dirà Baudrillard, le persone sono in una nuova era di simulazione in cui la riproduzione sociale (l’elaborazione delle informazioni, la comunicazione e via dicendo) sostituisce la produzione in quanto forma organizzatrice della società. Perché oggi viviamo come sostiene Baudrillard “La fine del lavoro. La fine della produzione. La fine dell’economia politica. La fine della dialettica significante/significato che facilita l’accumulo di conoscenza e di significato, del sintagma lineare del discorso cumulativo. E, nello stesso tempo, la fine dello scambio valore/uso che è la sola cosa che rende possibili l’accumulo e la produzione sociale. La fine della dimensione lineare del discorso. La fine della dimensione lineare dei beni. La fine dell’era classica del segno. La fine dell’era della produzione”. In un’epoca che i segni e i codici proliferano e producono altri segni in cicli senza fine, la vita sociale e la cultura sono tutte governate dal modo di simulazione, tramite il quale i codici e i modelli determinano come i beni siano consumati e usati, come sia spiegata la politica, come la cultura sia prodotta e consumata, e come la vita quotidiana sia vissuta. E nella vita quotidiana gli stadi sono vuoti, come codici, modelli e anche sono segni vuoti, perché vivono in una “iperrealtà” di simulazioni in cui le immagini e l’attività dei segni sostituiscono i concetti.

Apostolos Apostolou
Scrittore e Docente di Filosofia

Corrispondente Progetto Radici Atene, Grecia

Redazione

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