Bruxelles guarda con curiosità e interesse al Salvini neo-europeista

Bruxelles guarda con curiosità e interesse al Salvini neo-europeista

BRUXELLES – Da tempo dico ai miei interlocutori europei, preoccupati dalle posizioni sovraniste di alcuni partiti italiani, che Matteo Salvini, un giorno o l’altro, dopo le felpe della lega padana e secessionista (quella che invocava il Vesuvio per risolvere la “questione napoletana”), e poi quelle nazionaliste piene di tricolori indossate assieme a quelle di tutte le regioni e i comuni d’Italia, dalla Sicilia alla Puglia, un giorno indosserà anche la felpa europea. Magari ricordando che la bandiera stellata a fondo blu dell’Ue è di ispirazione Mariana. E potrà farlo sventagliano e baciando a giusto titolo il rosario, nel ringraziare la Vergine di averci offerto, dopo secoli di guerre sanguinose, un lungo periodo di pace, libertà e prosperità democratica in Europa.
Dicevo che sarebbe bastato per questo che il vento gli indicasse che nel farlo avrebbe potuto ottenere un ritorno personale.
Sembra che quel momento stia arrivando, provocando la curiosità, l’interesse, e anche un certo sollievo da parte di Bruxelles e di una parte della comunità italiana che vive in Belgio. Salvini, folgorato sulla via di Draghi, sembra aver cambiato direzione di marcia. Sicuramente ispirato dalla parte più pesante della Lega.

Quella legata alla realtà economica e liberale delle regioni più produttive del nostro Paese. Meno di quella della “Roma ladrona” di alcuni politicanti. Quella cioè formata da imprenditori che sanno che non può esserci futuro per l’Italia al di fuori dell’Europa, come non può esserci Europa senza Italia. E che non vogliono diventare una colonia russa o cinese. Gente come Giorgetti e Zaia, per essere più chiaro.

Che difendono l’interesse italiano molto più dei megafoni da osteria del sovranismo peloso che a volte sento ancora a Bruxelles e leggo sui social. Nonostante il controcanto di europerlamentari seri e apprezzati anche dagli avversari politici come Anna Bonfrisco e Giannatonio Da Re, per fare un paio di nomi. Capaci di dare un’immagine euro-costruttiva a Bruxelles, pur nella critica legittima, che è utilissima per un partito a vocazione governativa. E quindi per il futuro del nostro Paese. Leghisti che ben sanno che, prima di “sbattere i pugni sul tavolo”, per ottenere consenso e risultati per l’Italia in Europa, in Europa bisogna esserci. Fisicamente: rimboccandosi le maniche e partecipando di persona ai lavori attorno ai tavoli di Bruxelles. Spesso certamente più faticosi e meno gratificanti nell’immediato del pontificare sui media e sui social per arringare le folle. Ma che permettono di fare davvero l’interesse degli italiani argomentando con la forza delle idee, delle proposte concrete e della serietà e credibilità, a cominciare da quelle personali.

Non si può poi sottovalutare, su questa linea, anche di euro-critica, pur sempre costruttiva, in Europa e per l’Europa, l’opera svolta nel centrodestra italiano, ma anche europeo, di Antonio Tajani. Artefice prima della svolta seriamente europeista del suo partito, anche se a volte col vento contrario del “nemo profeta in patria”. Forte della sua grande reputazione a livello internazionale (pochi sanno ad esempio che in Spagna, in un paese a guida comunista, gli hanno dedicato persino una strada per aver salvato numerosi posti di lavoro quando era Commissario all’Industria della Commissione Europea), non posso crederlo estraneo al passaggio di tutto il centrodestra italiano, a cominciare dalla Lega, su posizioni meno radicali e autolesioniste per l’Italia nei confronti dell’Europa.
Auspico quindi che Salvini, dopo il passaggio dal sovranismo padano a quello nazionale, possa un giorno convertirsi all’unico sovranismo che, pur nei limiti delle mie simpatie liberali e libertarie, mi sentirei di accettare e sostenere. E di considerarlo anche compatibile con il mio essere autenticamente patriota, ma non nazionalista, secondo la distinzione che faceva Charles De Gaulle. Il sovranismo europeo.
Qualunque siano tuttavia le ragioni ed il livello di sincerità e spontaneità attuali della svolta europeista di Salvini, e di sostegno a Mario Drradi, un gigante italiano ed europeo, devo comunque complimentarmi con Matteo Salvini per il suo recente cambio di marcia, che aiuterà sicuramente il nostro Paese.

Voglio solo sperare che Salvini – del quale dovrebbe essere chiaro che non sono un ammiratore personale – pur avendolo difeso dall’assurdo processo subito per decisioni politiche, discutibili ma assolutamente legittime, prese come ministro dell’interno – si voglia ispirare a un vero grande Magistrato come Paolo Borsellino, il cui nome campeggiava in una delle sue recenti mascherine gadget, e che sicuramente non era parte del “sistema” confessato da Palamara che ne ha giustificato l’ingiusto processo.
“Palermo non mi piaceva”, diceva il Magistrato eroe, “per questo ho imparato ad amarla. Perché il vero amore consiste nell’amare ciò che non ci piace per poterlo cambiare”.
Ora spetta però a tutti gli italiani smetterla, almeno per un attimo, col tifo da stadio ed il consueto attacco personale da Guelfi e Ghibellini ai rispettivi avversari politici.

Tendendo a quell’indispensabile unità nazionale che gli italiani sono già stati capaci di trovare nella fase costituente e poi per fare fronte alla vigliaccheria brigatista. Almeno durante il tempo necessario a Mario Draghi, dal quale non dobbiamo tuttavia attenderci facili miracoli, di spostare il Paese dall’orlo del baratro sul quale ci troviamo. Cominciando a pensare seriamente, finché non sia troppo tardi, al bene dell’Italia, che è anche quello dell’Europa. La quale è lungi dall’essere perfetta e compiuta, come non lo è del resto l’Italia. Ma assieme all’Italia resta pur sempre la nostra Patria e l’eredità ricevuta dai nostri padri. E spetta quindi a tutti noi, fuori da ogni dogmatismo guelfo o ghibellino che sia (compreso un certo europeismo buonista, a volte peloso e acritico, della gauche caviar), contribuire a migliorarla per salvarla. E con essa migliorare, proteggere e salvare l’Italia. 

Alessandro Butticé 

Redazione

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