Una nuova narrativa per una nuova emigrazione

Una nuova narrativa per una nuova emigrazione

 

 

ROMA – Il fenomeno della nuova migrazione italiana. C’è questo argomento al centro del secondo incontro organizzato dalla Conferenza Permanente Stato-Regioni-Province Autonome–CGIE, in preparazione della Assemblea plenaria di tale organismo. A parlarne, dopo l’intervento introduttivo del Segretario Generale del CGIE, Michele Schiavone, del Direttore Generale per gli Italiani all’Estero della Farnesina, Luigi Maria Vignali, ci sono stati Elly Schlein, Vicepresidente della Regione Emilia-Romagna, Giulio Prosperetti, docente e giurista, nonché membro della Corte costituzionale, Manfredi Nulli, il Presidente della VI commissione CGIE, e Piero Bassetti, il Presidente della Associazione Globus et Locus.
La Vicepresidente della Regione Emilia-Romagna, in apertura di intervento, ha sottolineato l’importanza di tale assemblea, soprattutto in virtù del periodo che si sta vivendo in questo momento nel mondo: “un momento strategico, questo, per condividere riflessioni”. Poi, entrando specificatamente nel merito dell’incontro, Schlein si è concentrata su due argomenti secondo lei fondamentali per orientare risorse al futuro: “innovazione e continuità”.
Il volto dell’emigrazione è infatti cambiato molto, secondo la vicegovernatrice emiliano-romagnola: gli emigrati sono più giovani e più istruiti. Ma non solo, perché anche il contesto mondiale, con la globalizzazione, e con l’Unione Europea nello specifico, si è altrettanto evoluto. Questo porta infatti a una necessità, secondo Schlein decisiva: “cambiare paradigma e costruire una nuova narrazione del fenomeno migratorio”.
“Dobbiamo levare ogni stigma alla mobilità delle persone – ha sottolineato ancora Schlein -. L’Ue ha lavorato anche per questo, e c’è da esserne orgogliosi. Partire è un arricchimento, e questo arricchimento è ottimo anche per il paese, sia umanamente che professionalmente”.
E per creare questo nuovo paradigma, e questa nuova narrazione, è fondamentale anche la continuità di studio di questo fenomeno, senza “avere una lettura univoca dell’emigrazione, ascoltando le comunità e capendone le differenze”. E, magari, bloccando il vizio di questo paese di “pensare troppo all’immigrazione e troppo poco all’emigrazione”. È importante, secondo lei, “osservare i cambiamenti dei bisogni delle nostre comunità all’estero, prevedere e capire le loro necessità. E serve avere coerenza, che significa fare sistema. La Conferenza Permanente serve proprio a questo”.
Di Università, ricercatori italiani in Italia e all’estero, e di incentivi volti al loro rientro eventuale, ha parlato il docente Giulio Prosperetti, che vanta una lunghissima carriera accademica. Prosperetti ha infatti spiegato come gli “incentivi al rientro si fermano solo al punto di vista fiscale”. Cioè, ha spiegato: “il nostro sistema universitario è molto burocratizzato. Oggi la carriera universitaria si fa molto spesso nella stessa sede. Si gira poco anche in ambito nazionale e girare all’estero diventa un problema. Il reclutamento dei docenti è un problema grosso da questo punto di vista. Perché nessuno tra i selezionatori vuole anteporre chi viene dall’estero rispetto ai propri allievi cresciti in casa. Forse – ha proposto il professore – l’unico modo per creare condizioni di rientro incentivanti, è quello di pensare a concorsi riservati a ricercatori provenienti dall’estero. In modo da non creare concorrenza tra questi e quelli in Italia”. Ma i concorsi riservati, ha spiegando ancora Prosperetti, “spesso sono visti con sospetto. Però seguendo la logica burocratica attuale dell’Università italiana, finirà sempre per privilegiare gli allievi nazionali. Riservare posti a chi viene dall’estero mi sembra l’unica strada per incentivarne il rientro”.
Il professore ha poi voluto parlare di un altro tema per lui importante e preoccupante, ossia quello delle Scuole italiane all’estero: “abbiamo pochi istituti all’estero rispetto alla Francia, che ne ha 73, noi 8. E gli altri, quelli paritari, sono molto cari. È vero che abbiamo molti Istituti Italiani di Cultura nel mondo, ma è mai possibile che non si riescano a favorire scuole italiane all’estero?”, si è chiesto. “In tutto il nord America c’è solo una scuola italiana, a New York, neanche pubblica, ma parificata. Sono cose che lasciano perplessi rispetto all’interesse del nostro paese di propugnare la cultura italiana”.
È in seguito intervenuto anche Manfredi Nulli, Presidente della VI commissione CGIE, che ha assicurato impegno, da parte sua e della commissione che presiede, riguardo questi temi e riguardo specialmente l’ascolto delle comunità all’estero. La sua proposta, che ha cercato di spiegare nel suo intervento, “l’emigrazione non è più stanziale, ma sempre in movimento, e per questo serve un grande portale con cui fare sistema. Un risultato da portare a casa possibilmente entro quest’anno”. È quindi fondamentale, per Nulli, “fare rete, sia con social che non, in modo che le comunità siano uno strumento per l’emigrazione e l’integrazione di chi viaggia all’estero. Questo è un altro indirizzo per il fare sistema, sempre alla ricerca della valorizzazione della comunità italiana all’estero e per far sì che questa sia uno strumento di utilizzo positivo per implementare risorse italiane in paesi target”.
Ha concluso infine Piero Bassetti, Presidente della Associazione Globus et Locus, che anche lui ha orientato il suo intervento sulla differenza del fenomeno migratorio attuale rispetto a quello del passato: “per avere una politica che si occupi di migrazioni e mobilità – ha detto -, dobbiamo abituarci a vivere in un mondo in cui i confini non esistono. Bisogna cambiare paradigma: chi parte oggi non è un poveretto che ha bisogno di aiuto. L’Italia non espelle più nessuno. Bisogna riflettere sull’abolizione dei confini. È una differenza fondamentale rispetto al passato. Ed è fondamentale per me che gli italiani migranti portino valori all’estero, non solo il loro essere cittadino. Dobbiamo cambiare il nostro modo di pensare il fenomeno della mobilità. Noi non abbiamo più come geografia di riferimento lo Stivale, ma stiamo costruendo l’Europa unita, e il sistema di confinamento deve essere riferito a valori culturali e funzionali. Ridefinire il concetto di “estero”. Per politiche positive dell’emigrazione noi dobbiamo esaminare le situazioni delle diverse mobilità”.  

Redazione

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