Insegnamento della lingua italiana in svizzera

di Allegra Giulia Perboni

ZURIGO – “Come si diffonde la lingua e la cultura italiana in Svizzera? Perché parlare italiano è considerato un valore aggiunto e come si approcciano allo studio della lingua gli studenti della Confederazione? Ne abbiamo discusso con Massimo Melocco, insegnante e segretario presso il CASLI (Com. Assoc. Scolastico per la Lingua italiana). Massimo, di origini friulane, approda in Svizzera alcuni anni fa, quando vince il concorso ai tempi bandito dal Ministero degli Esteri e inizia ad insegnare presso le scuole di lingua e cultura italiana a Zurigo”.
D. Massimo, quale è stata la spinta per spostarti fuori dall’Italia?
R. Il motivo scatenante è stato l’interesse per un’esperienza all’estero. In Italia lavoravo come insegnante, con un ruolo nella Scuola Primaria, condizione necessaria per poter tentare questa strada. Quando ho passato il concorso nazionale, ho avuto la possibilità di scegliere tra le Circoscrizioni Consolari di San Gallo, Zurigo e Stoccarda e sono felice di aver optato per Zurigo.
D. Com’è strutturato il concorso per insegnare italiano in Svizzera e dove consente di lavorare?
R. Il concorso si rivolge agli insegnanti di ruolo per tutti gli ordini, dalla materna alle superiori. Inizialmente bandito dal Ministero degli Esteri e successivamente gestito dal Ministero dell’Istruzione, ha presentato tra i requisiti richiesti la conoscenza certificata di livello B2 di una delle quattro lingue straniere principali, inglese, francese, tedesco e spagnolo, che determina la selezione della destinazione finale. L’offerta tra le realtà scolastiche dove inserirsi nel mondo, una volta passata la selezione, varia molto: ci sono le vere e proprie scuole italiane, le scuole bilingui, le sezioni italiane nell’ambito di scuole straniere e poi i corsi di lingua e cultura italiana, dove lavoro. Questi ultimi sono stati ufficializzati negli anni ‘60, con lo scopo di offrire un’istruzione di base, quindi fino alla terza media, ai figli degli italiani immigrati all’estero, soprattutto in Europa e in Svizzera in particolare.
D. In base alla tua esperienza come insegnante di lingua e cultura italiana, quale credi che sia la percezione della cultura italiana rispetto a quella dell’italiano immigrato in Svizzera?
R. Gli Svizzeri hanno indubbiamente una grande ammirazione per la cultura italiana nelle sue innumerevoli declinazioni. Musica, pittura, letteratura e tutte le forme d’arte sono estremamente apprezzate. Altrettanta passione è condivisa per il paesaggio italiano, per la nostra cucina e per le auto. Nei confronti del singolo, là dove si parla di individui capaci di rispettare le regole di questo paese, non ho mai percepito discriminazione. Nonostante certi stereotipi ho anzi avuto modo di riscontrare un certo calore da parte della popolazione svizzera, in particolare durante una breve esperienza come maestro di coro presso la parrocchia locale. Inoltre, dopo 60 anni d’immigrazione, i nuovi italiani hanno indubbiamente la strada spianata, rispetto alle generazioni precedenti.
D. Parliamo invece della lingua: viaggiando per la Svizzera si ha la sensazione che tutti sappiano almeno un po’ di italiano. Si tratta di un fattore che influenza positivamente l’insegnamento?
R. Oggi siamo in presenza della terza, a volte della quarta generazione di emigranti ed è un fatto positivo sentire i nipoti o i pronipoti dei primi arrivati parlare ancora un buon italiano. Naturalmente l’immersione linguistica limitata dovuta alla scolarizzazione in tedesco e, a volte, anche a matrimoni misti, ha portato ad un impoverimento della lingua d’origine, soprattutto nel lessico e in certe strutture morfo-sintattiche. Il fatto di non poter immergersi totalmente nella lingua rende più difficoltoso agli allievi l’apprendimento dell’italiano. Tuttavia una caratteristica peculiare della Svizzera è la diffusione del multilinguismo e un grande interesse per la comunicazione, che fa passare in secondo piano la ricerca della perfezione. Questo fa sì che le persone, a tutti i livelli – anche nel Consiglio Federale – si esprimano discretamente anche in italiano, senza farsi condizionare da errori che possono occorrere durante una conversazione.
D. Addentriamoci nel vivo dei tuoi corsi di cultura e lingua italiana. Come sono le tue classi?
R. In generale i corsi sono estremamente eterogenei. Io insegno a bambini dai 6 agli 11 anni. Nei miei gruppi ci sono bambini appena arrivati dall’Italia, con una conoscenza perfetta dell’Italiano, che condividono le lezioni con bimbi che sanno ancora pochissime parole. I gruppi sono formati da un numero medio di 11-12 alunni, ma in certi casi si può arrivare anche a 20 e oltre. Per aiutarmi ad ovviare a questa difficoltà mi aiuto con la musica – è stata la prima materia che ho insegnato quando mi occupavo di canto corale con i bambini e con gli adulti – che considero da sempre un canale dall’enorme potenziale didattico. Considerata la giovane età dei miei scolari, le canzoni, sia quelle storiche del repertorio infantile, ma anche quelle del Festival di Sanremo, mi vengono spesso in aiuto per aiutare i giovanissimi a memorizzare il lessico e per migliorare la pronuncia.
D. Qual è l’andamento delle iscrizioni ai corsi di Lingua e Cultura?
R. Oggi su 14 Cantoni della Svizzera centro-orientale possiamo contare quasi 4000 alunni. Quindici anni fa erano 4.500 solo nei 9 Cantoni della vecchia Circoscrizione Consolare di Zurigo, quindi sicuramente l’andamento segnala un calo. È un peccato se si pensa che per frequentare questi corsi viene richiesto un contributo volontario di 200 franchi, molto poco se paragonato ai costi dei corsi lingua di altri enti privati. Il supporto delle famiglie è però necessario perché i fondi che arrivano da Roma, pur sempre cospicui, non sono sufficienti per coprire tutte le spese.
D. Perché parlare italiano è considerato un valore aggiunto?
R. Fabbriche, imprese e turismo necessitano di figure che sappiano parlare italiano correttamente, per via dei rapporti commerciali con l’Italia e con la Svizzera Italiana. Per questo, chi vuole, può proseguire gli studi fino ad ottenere una *certificazione ufficiale che attesta il livello e la conoscenza della lingua. Si tratta di un attestato che può fare la differenza, come mi hanno confermato genitori di allievi che hanno trovato lavoro e che hanno potuto contrattare stipendi migliori proprio grazie alla conoscenza di questa lingua.
D. Volendo fare un paragone tra la tua esperienza di insegnante prima in Italia e poi in Svizzera, hai avuto modo di notare delle differenze tra gli studenti dei due paesi?
R. Credo che la maggiore differenza stia nell’atteggiamento di genitori e figli. In Svizzera i genitori si schierano sempre dalla parte dell’insegnante, soprattutto davanti a casi di bambini problematici, mentre in Italia si verifica più facilmente l’opposto. Inoltre i bambini svizzeri sono educati fin da piccolissimi all’autosufficienza, basti pensare che vanno a scuola da soli sin dai primi anni. Di conseguenza sono bambini, quelli svizzeri, che imparano a essere indipendenti e che sanno difendersi da soli, se necessario. Alla base di tutto questo, c’è il grande senso del rispetto e il voler essere rispettati che resta uno dei valori cardine della società svizzera.
D. Chiudiamo con qualche indicazione pratica, come fare per iscrivere i propri figli ai corsi di lingua e cultura italiana?
R. Se i genitori sono iscritti all’AIRE, il Consolato di Zurigo manda ogni anno un invito ufficiale direttamente a casa per posta. In media vengono inviate 7.000 lettere tra tutti i cantoni della circoscrizione. Qualora la famiglia non sia iscritta all’AIRE invece è necessario informarsi presso il Consolato, telefonando oppure visitando le pagine web dedicate, tra cui segnalo: www.corsizurigo.ch per Zurigo e www.corsilinguacultura.ch per Basilea.
D. Per chi fosse interessato al tema della diffusione della cultura italiana in Svizzera quali altri portali consigli di visitare?
R. I tre enti fondamentali sono: la Società Dante Alighieri, UNITRE, Istituto Italiano di Cultura di Zurigo e l’ECAP”. (aise) 

Antonio Peragine

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