Di che colore è lì il cielo?

Di che colore è lì il cielo?

Pensando alla Siria

Di Daniela Piesco Vice Direttore www.progetto-radici.it

Pensando alla Siria oggi, al volto rigato dalle lacrime e dal sangue che mostra al mondo, la tendenza è quella di dimenticare o di ignorare la bellezza che quello stesso volto possedeva prima che un conflitto quasi decennale interessasse i suoi territori.

Prima del conflitto, in ogni angolo del paese, era possibile ammirare resti di una cultura millenaria, resti di una serie di dominazioni (fenici, civiltà mesopotamiche, romani, arabi, mongoli e ottomani) che le consentirono di sviluppare una fiorente civiltà.

Oggi la maggior parte della ricchezza artistica rappresentata dai tesori archeologici presenti in Siria sono andati perduti e questo ha rappresentato una gravissima perdita, in termini di patrimonio artistico, della quale ha risentito l’intera umanità.

La Siria prima della guerra era un incredibile mosaico di diversità culturale, religiosa e geografica che con l’implosione del paese a causa del conflitto, muta quell’immagine del mosaico  in uno specchio rotto.
Eppure ogni pezzo continua ad avere  la capacità di raccontare la storia di quella società.
E l’ umanità che si ritrova in ogni frammento non ha paragoni.
Il racconto comincia inevitabilmente con l’assenza nella sua essenza più cruda e vera.

Il primo danno della guerra è certamente la scomparsa, o brutalmente il “cancel” delle persone:  quella di  chi stava in prigione o stava cercando di attraversare il Mediterraneo o quella di tutti coloro che hanno dovuto cancellare la loro partecipazione alla vita.

Quella di chi grida in silenzio, di chi perde  sangue,di chi porta il nero della vedova, o ancora di chi soffoca, di chi vive la morte dell’altro o dell’altro che  muore la vita del primo ,ma sempre e comunque di chi  resiste.

La Siria diviene la scena di due soldati che vorrebbero stringersi la mano: fanno il movimento ma non ci riescono perché uno di loro ha perso la mano in guerra.

La Siria diventa il racconto dei figli di un’epoca in cui il confine tra sfera pubblica e privata è talmente sottile che il solo atto di parlare può mettere a repentaglio la sicurezza dei cittadini. È il dipinto  di una società che, avendo perduto sogni e speranze, è pervasa da un senso di vergogna e di morte imminente. È la società in cui i sentimenti personali e gli ideali politici si dissolvono sotto la pressione devastante della prigionia e della mancanza di speranza. Una società amara dove  la dittatura e’ riuscita a insinuarsi nella sfera più intima della vita privata, giungendo a corrodere perfino sentimenti come l’amore e l’amicizia.

Oggi  gli orrori di una rivoluzione che si è trasformata in guerra civile, l’ascesa del jihadismo, l’afflusso crescente dei miliziani stranieri che vengono a rubare ai siriani la loro rivoluzione ci allontanano dalle migliaia di testimonianze coraggiose che pure giungono ,sulla condizione della gente comune che lotta per sopravvivere, nonostante  le macerie continuano ad accumularsi e l’odio divampare.

Visioni drammatiche che si sovrappongono, laceranti, ai ricordi di chi della Siria conservava l’immagine di un Paese meraviglioso, ricco di cultura, di arte, di senso dell’ospitalità.

Milioni di profughi hanno trovato e trovano temporaneamente salvezza in campi costituiti da tendopoli, all’interno dei quali vivono in condizioni precarie, al punto che anche il freddo intenso può portarli alla morte.

Vivere in tali condizioni non è neanche più vivere.

E a risentirne sono in particolar modo i bambini, sono i loro i soggetti più colpiti. Alcuni di loro non hanno mai conosciuto un’esistenza normale e probabilmente non la conosceranno mai, oppure l’hanno vissuta per un periodo così breve da averla dimenticata.

Numerosi sono anche i siriani che tentano la fuga attraverso il Mediterraneo.Ma nel mare,spesso, annegano tutte le speranze, annega un passato sofferto e la promessa negata di giorni futuri più sereni.

La fotografia del corpo senza vita  del  piccolo Aylan Kurdi, risvegliò le coscienze, in maniera così forte  eppure così evanescente .Di fatto una così elevata attenzione nei confronti della crisi umanitaria oggi in atto, è durata quasi quanto il tempo di quello scatto ,in seguito sembra essere sopraggiunto l’oblio.

Considerando il fatto che tanti siriani hanno rischiato la vita per poter lasciare testimonianza di ciò che il loro paese ha attraversato, dal momento che ogni tentativo di filmare quello che avveniva veniva represso con la violenza dal regime di Bashar al-Assad, chiudere gli occhi sarebbe un modo di non onorare il loro sforzo, un modo per far sì che il sacrificio che hanno compiuto per denunciare le violenze e le violazioni subite sia stato vano.

Di che colore è li il cielo?
Forse nero e senza stelle come descritto dalla poetessa siriana Aicha Arnaout nella sua poesia “Esilio”.

Non è possibile però comprendere davvero come si sia arrivati ad una crisi umanitaria di tale portata senza conoscere gli avvenimenti che hanno portato allo scoppio di questa guerra che appare essere interminabile.

La guerra in Siria è scoppiata il 15 Marzo 2011, sull’onda della Primavera araba, l’insieme di proteste e rivolte di piazza che tra la fine del 2010 e l’inizio del 2011 hanno mosso il Medio e Vicino Oriente e il Nord Africa, alla ricerca di una democratizzazione contro gli autoritarismi. Le prime insurrezioni contro il governo centrale siriano avevano lo scopo di spingere alle dimissioni il presidente Bashar al-Assad, in carica dal 2000 e successore del padre Hafiz al-Assad.

La brutale repressione delle proteste da parte del governo siriano ha innescato una guerra civile che ha portato al coinvolgimento di alcuni Paesi confinanti e della comunità internazionale. Di fatto, la Turchia sostiene il fronte dei ribelli, così come Arabia Saudita e Qatar. Tra i Paesi occidentali, Stati Uniti e Francia sono anch’essi dalla parte dei ribelli. Cina e soprattutto Russia sostengono il regime di Assad.

Nel 2013 all’interno del fronte dei ribelli, fino ad allora guidato dall’Esercito Siriano Libero, formato da ufficiali disertori, è aumentata l’influenza delle formazioni islamiste, che hanno cominciato a operare in maniera sempre più autonoma. Si è andato organizzando un nuovo gruppo composto da miliziani non siriani: è così che nasce l’Isis, il sedicente Stato Islamico che, dalla Siria, innesca una jihad globale.

I militanti dell’Isis hanno promosso vere e proprie pulizie etniche di stampo religioso all’interno della stessa Siria.

Sono vari gli Stati che hanno interessi nel teatro di guerra siriano: in primis la Russia, che esporterebbe il 6% delle sue armi a Damasco, sarebbe creditrice degli Assad, avrebbe siglato contratti per lo sfruttamento del gas trovato nel Paese e non vorrebbe rinunciare a un avamposto nel Mediterraneo – la sua base militare di Tartus.

Non mancano interessi francesi, pronti all’interventismo per rispolverare il proprio ruolo di potenza e accaparrarsi il mercato siriano delle infrastrutture e degli idrocarburi.

Per quanto riguarda la vendita d’armi, sicuramente l’Italia è stata un buon fornitore d’armi per Damasco prima del conflitto. Dopo il mancato rinnovo dell’embargo a maggio, l’Unione Europea non ha vietato la vendita di armi in Siria, se non al regime di Assad, per cui di fatto ogni Paese ha avuto il via libera. Nessuno, compreso il nostro, ha ufficializzato la vendita di armi ai ribelli, sebbene ufficiosamente la Francia aiuti la resistenza in tal senso.

Oggi il conflitto siriano ancora continua e non si sa se e quando si giungerà alla sua fine, considerando anche gli interessi che ci sono in gioco, nonostante il popolo siriano sia ormai allo stremo.

Il numero delle vittime innocenti di questo mostro chiamato guerra ha raggiunto dimensioni spropositate, così come quello dei profughi siriani, talmente tanti da rendere quasi impossibile una loro stima precisa, le cifre approssimative che giungono a noi sono spaventose, spaventose al punto che non si vorrebbe credere alla loro veridicità.

Ebbene mi domando di nuovo:

Di che colore è li il cielo?
Io credo azzurro nonostante tutto.
Azzurro come la resistenza vitale di un paese che vuole ancora un futuro.

Daniela Piesco

Vice Direttore www.progetto-radici.it

Redazione

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