Indagine nei Comites e CGIE: Servono? Ritardi, costi elevati e poca reale utilità

Indagine nei Comites e CGIE: Servono? Ritardi, costi elevati e poca reale utilità

I comitati degli italiani all’estero (Comites) sin dalla loro creazione nel 1985 dovrebbero fungere da organismi rappresentativi della collettività italiana, i cui membri vengono eletti direttamente dai connazionali residenti all’estero in ciascuna circoscrizione consolare esistente al mondo, dove almeno tremila connazionali risultano iscritti nell’elenco aggiornato di cui all’art. 5, comma 1, della Legge 459/2001.

In rappresentanza degli italiani residenti in circoscrizioni con meno di questo volume i Comitati possono essere nominati dall’Autorità diplomatico-consolare.

Ascoltando diverse fonti autorevoli e informate sui fatti mi sono chiesto quale sia la situazione oggi, vista da Roma e dall’interno degli stessi organi di rappresentanza.

Doveroso ringraziare per le informazioni ricevute l’On. Fucsia Fitzgerald Nissoli, parlamentare di Forza Italia, eletta dagli italiani all’estero, come pure il prof. Gerardo Petta e il sig. Ippazio Calabrese, membri Comites in Svizzera in rappresentanza di circa 200.000 italiani iscritti AIRE nei cantoni che fanno riferimento al Consolato di Zurigo.

Il problema dei ritardi nell’espressione di voto.

“Sappiamo tutti che i Comites si trovano già in regime di proroga per quanto concerne la scadenza del mandato prevista per il 17 aprile 2020” afferma giustamente l’Onorevole Fucsia Fitzgerald Nissoli, ribadendo, inoltre, che il decreto legge c.d. Milleproroghe ha stabilito il rinvio della data per lo svolgimento delle suddette elezioni, indicando un arco temporale molto ampio (tra il 15 aprile e il 31 dicembre 2021). Questo ha prodotto un’ingiustificabile incertezza sui tempi e un’eccessiva discrezionalità mentre anche il fatto di prevedere un voto per corrispondenza, preceduto dalla richiesta dell’elettore di esprimere il voto, la cosiddetta opzione inversa per cui voti se lo richiedi, richiederebbe date certe per garantire l’organizzazione del percorso elettorale.

Le iniziative nel rispetto del diritto di rappresentanza degli italiani all’estero

“Per questa ragione – ci fa sapere l’On. Nissoli –  ho presentato un ordine del giorno, accolto dal governo (n. 9/2325-AR/111. Fitzgerald Nissoli). In sede di approvazione del disegno di legge di conversione del decreto legge Milleproroghe, lo scorso 19 febbraio 2020, ho chiesto che il governo definisse una data certa per le elezioni dei Comites, visto che non è stata ancora definita.

Il 17 settembre scorso ho presentato una risoluzione in Commissione Esteri in cui il Governo si impegna “a definire con urgenza una data certa per lo svolgimento delle elezioni dei Comites, nel rispetto dei tempi legislativamente indicati”.

Giusta e ammirevole la battaglia della signora Fucsia Fitzerald Nissoli. L’onorevole ci ricorda che “al fine di sensibilizzare per tempo le nostre numerose collettività all’estero e accrescere la loro partecipazione al voto, ritengo – e conclude-   che l’elezione dei Comites sia un appuntamento democraticamente molto rilevante ed atteso dai connazionali; quindi va considerato in maniera adeguata dal governo e da tutta la politica nazionale”.

Utilità degli organi di rappresentanza, costi e risoluzioni concrete.

L’ho chiesto al prof. Gerardo Petta, attuale membro del Comites di Zurigo, che mi scrive:

“Continuo a pensare, insieme ad altri,  che i Comites risveglino scarso interesse nei cittadini e svolgano di fatto una funzione poco utile. Una indicazione in tal senso viene, ad esempio, dalla bassissima partecipazione alle elezioni per il rinnovo dei Comitati. Basti ricordare che all’ultimo rinnovo dei Comites, nell’anno 2015, ha votato soltanto il 3.75 per cento degli elettori. Questo dato offre, da solo, il senso di un fallimento.

Un altro segno negativo è la rinuncia da parte degli stessi Comites ai compiti di critica e di stimolo, che aiutino a migliorare la qualità dei servizi consolari.

Assistiamo con una punta di sconforto alle relazioni, secondo noi troppo strette, che intercorrono tra i presidenti dei Comites con i consoli e con gli ambasciatori. Lo diciamo francamente: non ci piace l’eccessiva intimità di rapporti, il darsi del tu, le comuni visite in pizzeria, l’andare a braccetto così come si fa tra vecchi amici.

Noi pensiamo che spetta ai Comites chiedere conto ai Consoli del mediocre stato dei servizi consolari.

Invece, spesso, assistiamo solo ad appelli in cui si chiede alla Farnesina e al governo l’assegnazione di nuove risorse. Tali richieste, sia ben chiaro, riflettono un’esigenza reale, ma sono anche un comodo alibi, secondo noi, per non affrontare i più pressanti problemi di natura organizzativa”.

Riduzione dei parlamentari e spese dei Comites in termini di reale utilità.

Il prof. Gerardo Petta, stimato membro del Comites di Zurigo, sostiene che la riduzione dei parlamentari all’estero si sarebbe potuta evitare, eliminando proprio due organismi inutili dell’emigrazione, come i Comites e il CGIE. Entrambi hanno una spesa elevata, circa 25 milioni di Euro per i 5 anni del loro mandato. Solo per le ultime votazioni del 2015 sono stati spesi circa 9 milioni di Euro, dato che, a elezioni in corso, si è dovuto spostare la data perchè si erano iscritti per il diritto di voto pochissimi connazionali. Comunque alla fine, nonostante la proroga di circa 6 mesi, ha votato solo, come ho accennato precedentemente, il 3,75 % degli elettori (in poche parole i nostri amici). Dire che i Comites e il CGIE rappresentano la comunità italiana all’estero è una presa per i fondelli.

A capo di questi organismi ci sono, guardando al presente storico e non solo, sempre gli stessi personaggi, impedendo così quel riciclaggio di pensiero e di potere a garanzia dell’uguaglianza di trattamento e della certezza di diritto che, mi permetto di ribadire a tutti i parlamentari, in modo equo ed equidistante.

I Comites e il CGIE potrebbero essere forse rimpiazzati da un nuovo organismo per l’emigrazione, con rappresentanti in loco nominati in proporzione alla consistenza numerica dei vari partiti presenti nel Parlamento italiano e dell’espressione di voto espresso partito per partito e avere la stessa proporzione parlamentare in rappresentanza degli italiani fuori dai confini nazionali. Il vantaggio sarebbe anche economico, questo nuovo organo della collettività italiana risulterebbe quasi a costo zero e sarebbe certamente molto più utile  ed efficace.

Parole importanti basate sull’esperienza. Il Ministro Luigi di Maio e tutto lo staff istituzionale della Farnesina dovrebbero iniziare a riflettere con l’intenzione di valutare e proporre soluzioni accettate e quindi condivise dall’elettorato residente all’estero, non venire soltanto sotto elezioni a raccontarci belle favole per bambini ad ogni tornata elettorale per poi sparire nella nebbia romana.

Farnesina, Comites e CGIE rappresentano ancora l’emigrazione italiana?

Su questo argomento interviene Ippazio Calabrese, membro Comites di Zurigo, il quale mi ricorda che Comites e CGIE sono i più a diretto contatto con la comunità italiana. Dovrebbero  d’ufficio  rappresentarla proattivamente, prevenendo ogni situazione al fine di evitare qualsiasi diverbio, vigilare e mantenere alte le antenne, stando accorti sopratutto a che certe situazioni noiose non si pongano in essere.

Per statuto il Comites non ha forza politica, di conseguenza è libero dal doversi affezionare ad un particolare colore politico, pensato e voluto per garantre l’imparzialità di trattamento tra italiani.

È anche vero  che, a volte, si dovrebbe avere il coraggio di prendere decisioni o posizioni anche impopolari o scomode, oltrepassare il confine di silenzio di partito, avere magari in futuro più poteri per poter mediare con le istituzioni nel rispetto dell’incarico a noi oggi dato in modo diretto e democratico.

Questa è certamente un’ottima riflessione e una valida soluzione perchè le nostre comunità italiane nel mondo ci seguano e possano contare su di noi per poter essere davvero dei validi rappresentanti quando saremo chiamati  ad esplicare la nostra funzione al loro servizio.

Il nostro Stato ha un modo di fare un po’ sui generis: annulla senza mai proporre alternative, «arrangiatevi!». I nostri rappresentanti politici eletti all’estero dovrebbero sostenerci indipendentemente dal partito che essi rappresentano, devono imparare ad essere uniti negli intenti e nelle risoluzioni.

Auspicherei   –  conclude il rappresentante del Comites di Zurigo –  che i Comites  possano ricevere dalla nuova  riforma più competenze,  oltre alla possibilità di poter locare degli  uffici di rappresentanza in modo da dare e ricevere  informazioni direttamente dai connazionali, rilevare anomalie e disagi dei residenti all’estero, proporre iniziative valide per il bene dei connazionali nonché per il Paese Italia, soprattutto in questo momento di preoccupazione e  confusione mondiale causato dalla pandemia.

Credo fermamente che i parlamentari eletti all’estero debbano comportarsi come se fossero degli arti allungati oltre la frontiera, pronti a sostenere sempre l’emigrazione italiana nel mondo, non solo quando conviene per fini elettorali.

Attualmente il Governo dimentica gli italiani nel mondo ma non dimentica gli immigrati che arrivano in Italia. Per costoro il tempo in Parlamento lo si trova sempre! Sia per discutere il loro presente che il  loro futuro. Al contrario verso decine di milioni di italiani all’estero si porge con insufficiente volontà e determinazione, pur dovendo coscientemente pensare agli italiani in primis e dopo a chi vorrebbe diventarlo.

Personalmente credo che il tempo dedicato agli italiani, ovunque essi risiedono, debba essere rispettato in relazione alla percentuale di elettori. Infatti l’8% del diritto di voto complessivo viene espresso all’estero. È quindi giustamente esigibile che venga spesa da tutto il Parlameento la stessa percentuale in termini di tempo del lavoro parlamentare, tempo che andrebbe utilizzato per rispondere alle istanze ricevute, per risolvere le problematiche da sempre presenti, per  incentivare e migliorare  le interazioni tra tutte le parti, nell’interesse del Paese e dei cittadini  italiani sul pianeta Terra, perchè è qui che siamo noi, non sulla Luna, come vorrebbero farci pensare ogni qualvolta esigiamo i nostri diritti.

Il sangue non è acqua, nè dolce nè salata, è sague italiano come quello di chi siede in Parlamento.

Redazione

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