Il primo italiano e la battaglia di Sparone

Il primo italiano e la battaglia di Sparone

Arduino d’Ivrea contro Enrico II di Germania

Alla morte di Ottone III, un gruppo nobili ostili al potere imperiale fecero eleggere suo successore, col medesimo titolo di Re d’Italia, Arduino d’Ivrea. Passerà alla storia anche come il” primo italiano”. Vale a dire: il primo re d’Italia italiano. Ciò non rende giustizia a chi poi sarà veramente il primo re d’Italia, cioè Vittorio Emanuele II di Savoia.

 A ben vedere, però, nessuno dei due può considerarsi italiano italiano. Infatti, Arduino era discendente di Anscario I conte di regno di Borgogna (Francia) e Vittorio Emanuele II di Savoia (Savoia Carignano per l’esattezza) era l’erede di una dinastia proveniente dalla Savoia (Francia) sdoganata in Italia grazie al matrimonio che Ottone, figlio del conte Biancamano, fece con la gran contessa Adelaide di Torino.

Dalla sua, però, Vittorio Emanuele può vantare l’estensione del territorio di cui diventò sovrano, con il riconoscimento delle altre nazioni e che è, in definitiva, poco più o poco meno l’Italia che conosciamo; non così Arduino il cui “regno d’Italia” andava dalle Alpi alla Ciociaria, come ci ricorda Montanelli in proposito. E’ utile ricordare che la nozione di Italia è stata per molto tempo una cognizione “elastica” in continuo divenire. Ad esempio, “nel concetto di Italia sono venute a confluire un’Italia greca (limitata al meridione italiota), un’altra etrusca (separata dagli Appennini, dal mondo gallico e greco), e probabilmente anche una prima Italia romana, che coincideva inizialmente con la grande regione costiera occidentale compresa tra l’Etruria settentrionale e l’ager Campanus”.

L’aver cinto la corona ferrea simbolo del potere sull’Italia, non piacque, però, ne al clero, e tanto meno ad alcuni nobili, tanto che Arnolfo arcivescovo di Milano offrì detta corona a Enrico II successore di Ottone, che la otterrà, non solo, ma la chiesa lo proclamerà amche santo.

Questo per quanto attiene al personaggio, vediamo ora uno dei luoghi che assistette agli scontri armati tra Arduino e le truppe imperiali.

Il paese interessato dagli eventi è Sparone in provincia di Torino. Si specchia nelle acque del torrente Orco ricordato da Plinio come Orgus Flumen, ed amato da chi cerca pagliuzze d’oro. Appassionati che non vogliono essere definiti “cercatori d’oro” ma “pescatori d’oro”. Il centro conserva ancora l’aspetto medievale. Il territorio è montuoso ed è costituito da una ventina di borgate. In una di queste, a Sommavilla, per decenni in un capannone ormai carico d’anni si è lavorato il rame attraverso l’uso di magli a “testa d’asino” mossi da mulini ad acqua.

In questo pugno di case dominato dal castello di Arduino, il tempo è passato tra le scorrerie guerresche di francesi e spagnoli in guerra tra loro. Feudo dei San Martino e dei Valperga fu anche terra dei Savoia. Gli abitanti parteciparono al movimento popolare detto del “tuchinaggio” al pari di altra gente dei paesi qui attorno, speranzosi di una vita migliore. Risalendo il paese e seguendo l’indicazione di una palina di segnalazione si va verso la Rocca, quella di Arduino per l’appunto. Su di una parete, ricordo di quelle della fortificazione, è posta un’epigrafe: “Su questa rocca, Arduino re d’Italia, con i suoi fidi sparonesi, sostenne per oltre un anno l’impeto e l’assedio dell’esercito di Enrico II, re di Germania e ne discese vittorioso, 1004-1005”.

Questi fatti partono da lontano. Come si è detto il clero ed alcuni nobili non riuscirono a digerire la quasi auto proclamazione a re di Arduino, si rivolsero così all’imperatore Enrico II al fine di ridimensionare le ambizioni dell’arduinico offrendogli la corona ferrea, quella che si dice contenesse il ferro dei chiodi della croce di Cristo. Quella cinta da Carlo Magno. Ma Enrico aveva poca voglia di occuparsi dei fatti italiani, aveva, infatti, grattacapi a casa sua, mandò quindi un esercito delegando il comando a  Ottone Duca di Carinzia e Marchese di Verona che, però, venne accerchiato e sconfitto alle Chiuse dell’Adige nella valle del Brenta. Lo smacco suggerì all’imperatore di occuparsi direttamente della questione, pertanto, discese in Italia con un munito esercito contro il quale nulla poté il valore di Arduino che fu costretto a difendersi nei suoi territori, tra i quali il castello di Sparone. Qui resistette all’assedio per un anno, quello che la stele ricorda.

Ogni anno a luglio, tranne, il “Gruppo Storico la Motta”, costituito nel 1986, rievoca la storia del territorio facendo della Cultura e della filo logicità storica le motivazioni profonde che animano ogni loro manifestazione.  Il periodo da loro scelto richiede un notevole studio poiché le testimonianze certe sono rare e difficilmente si rivolgono alla vita quotidiana della popolazione. Negli anni gli approfondimenti si sono sviluppati su alcune attività artigianali come la battitura del ferro, la tintura delle stoffe, la lavorazione del legno oltre che alla creazione di tutti i vestiti utilizzati durante le manifestazioni. Molta cura è stata posta nella realizzazione degli elementi scenici della rievocazione, facendo fedele riferimento ai documenti ancora visibili al giorno d’oggi.
Negli anni il Gruppo ha avuto numerosi contatti con altre importanti Associazioni del Territorio Piemontese e del Centro-Nord Italiano; tra queste, la collaborazione con il Museo Archeologico del Canavese, l’Associazione Nazionale Rievocare di Ferrara, l’Associazione Rievocando Fruttuaria, Specolum Historiae di Torino e  i fratelli celti de Pobal Ap Vaud. Ha partecipato alla realizzazione del docufilm Sans Despartir di Andry Verga visibile su Rai Storia e altre numerose collaborazioni preziose che rendono le attività dell’associazione più vere e concrete. Il Gruppo, costituitosi nel 1986 ha saputo valorizzare in modo assai creativo le caratteristiche del territorio e le valenze umane dei suoi iscritti tanto che, rievocando la storia straordinaria di Arduino, primo re d’Italia vissuto in quei luoghi più di mille anni fa ‘, ha approfondito le ricerche storiche e archeologiche dei luoghi in cui visse, la conoscenza della vita quotidiana migliorando di anno in anno nella realizzazione dei costumi, degli utensili, delle armi e della tipologia della vita in quegli stessi luoghi. Quelli ove v’era sempre un turbinar di frecce, uno sguainar di spade, un cozzare di ferree armature che ispireranno poi magnifiche rime: “Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori,
le cortesie, l’audaci imprese io canto ….”

Giuseppe Rinaldi

girinaldi@libero.it

Antonio Peragine

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