Conte deve muoversi nel solco indicato dalla Costituzione

Conte deve muoversi nel solco indicato dalla Costituzione

di Giacomo Marcario

Conte deve muoversi nel solco indicato dalla Costituzione e non deve assumere provvedimenti limitativi della libertà delle persone con provvedimenti non legislativi, personali e solitari

C’è una domanda che quasi tutti i cittadini ma anche giuristi, costituzionalisti ed esperti del diritto si pongono in modo assillante in questi giorni. Come tutelare la nostra democrazia costituzionale dalla pandemia?. Non v’è dubbio che va riconosciuto lo stato di necessità nel quale ormai giorno per giorno, ora per ora e direi minuto per minuto viviamo; ma un limite va riconosciuto per evitare che su un tema tanto delicato si proceda con una strategia eccessivamente generalizzata. Lo stato d’eccezione non è il paradigma fondativo delle nostre comunità politiche, non è la regola, non può neppure essere legittimato come strumento di governo, deve invece nei limiti del possibile essere circoscritto nella sua eccezionalità per poter essere ben gestito.

Se, infatti, non si può negare che la necessità “di fatto” assurga a fonte autonoma qualora sia necessaria l’adozione di provvedimenti significativi per fronteggiare esigenze improvvise e imprevedibili che mettono in discussione l’esistenza stessa dello Stato e della comunità di riferimento, non si deve accettare che terminato lo “stato di necessità” la rottura delle regole prosegua. In alcuni casi è la stessa costituzione a indicare i limiti dell’eccezione, in altri tutto avviene fuori da ogni previsione normativa, nel vuoto delle norme. Così mentre la nostra costituzione prevede espressamente che si possano limitare le libertà di movimento, di circolazione e di riunione dei cittadini per motivi di sanità, sicurezza o incolumità pubblica, essa appare più indeterminata sugli strumenti e i modi per far concretamente fronte ad una tale evenienza. La costituzione stabilisce – all’ articolo 16 – che sia la legge in via generale a porre limiti e restrizioni.

Nel caso del Coronavirus il Presidente del Consiglio Conte ha ritenuto di adottare una serie di Dpcm (che in materia legislativa si collocano all’ultimo posto dopo le leggi, i decreti legislativi e i decreti leggi) senza alcun intervento formale né del Presidente della Repubblica, che non emana tali atti, né del Parlamento, che non converte simili decreti. Dunque, una piena e solitaria assunzione di responsabilità politica del Presidente del Consiglio in carica in materia di diritti fondamentali del cittadino che in molti hanno giustamente criticato e stigmatizzato  per il semplice fatto che il Presidente del Consiglio non avrebbe mai dovuto “sua sponte” adottare atti personali e monocratici e comunque non legislativi,  provvedimenti che di fatto hanno limitato, limitano  ed in alcuni casi privano  della loro  libertà i singoli individui, i cittadini: Non è un caso che in tale procedura molti  hanno intravisto il rischio di una  “sponda autoritaria” oltre al fatto che tale procedura  ha impedito  ai cittadini, nel rispetto delle regole che sono alla base di tutte le democrazie del mondo (quelle vere ed evolute tanto per intenderci) di confrontarsi, di difendersi, di proporre soluzioni alternative e di contestare tale procedura del tutto illegittima ed incostituzionale. Domanda: è questa posta in essere da Conte una prassi conforme a quanto viene sancito nella nostra la costituzione? Direi proprio di no. Sono atti illegittimi?.

Anche in questo caso darei una risposta negativa. È l’ auto assunzione di un potere extraordinem che si legittima per via di necessità. Posta in questi termini credo si comprenda bene come non si possano sottovalutare né le esigenze che muove il Governo a salvaguardare la salute pubblica in una situazione di fatto di estremo pericolo, né la necessità di delimitare il più possibile – nel tempo e nel contenuto – le deroghe o le sospensioni della legalità ordinaria con la conseguente limitazione della libertà dei cittadini. Anche il Parlamento è sotto shock e sta adottando misure di necessità. La distanza tra quel che dovrebbe fare e quel che può fare è abissale.

La costituzione assegna proprio alle Camere il controllo e le decisioni finali negli stati di emergenza, ma in questo momento appare paralizzato, non riuscendo neppure più a votare in fretta a furia i provvedimenti necessari per far fronte alla pandemia.

Su un dato di fatto concreto registriamo consensi unanimi: un Governo (ovviamente con l’appoggio del Parlamento) che adottasse misure simili a quelle attualmente assunte in assenza di pandemia e in materie che non implichino la salvaguardia del diritto fondamentale alla salute (ma anche “interesse della collettività” scrive la costituzione) porrebbe in atto fatti eversivi della legalità costituzionale. Nessuna assimilazione è possibile tra l’attuale eccezionale stato di necessità e le ordinarie crisi perpetue o le emergenze perenni cui siamo abituati in tempi “normali”. Riconoscere, limitare e circoscrivere gli stati d’ eccezione per evitare che qualcuno si senti autorizzato, “passata la peste”, ad utilizzare gli stessi mezzi per affrontare la paventata ma ormai certa crisi economico sociale- porrebbe in essere un colpo di stato permanente.

Nella Roma antica, com’è noto, esisteva una figura giuridica che permetteva di salvare la Repubblica nelle situazioni in cui era messa in gioco la sua sopravvivenza.

Il Senato trasferiva tutti i suoi poteri ad un soggetto per un massimo di sei mesi. Poi, cessato il pericolo, ma anche solo trascorso invano il tempo definito, nessuno era più autorizzato a porre in essere atti “dittatoriali”. Quando qualcuno (Silla prima, Cesare poi) pensarono di estendere lo stato di emergenza e si fecero confermare, oltre il tempo, i pieni poteri, ecco che la dittatura da “commissaria” si fece “sovrana”, e la Repubblica capitolò. Ancora oggi è questa la sfida più grande. Se infatti adesso sopportiamo limitazioni di libertà disposte in piena e solitaria responsabilità dal Governo pro tempore in carica e dal suo presidente (con atti che non hanno forza di legge ma solo carattere dispositivo) lo facciamo solo per necessità, ma senza assolutamente condividerle, nella  consapevolezza che dopo aver sconfitto il terribile e invisibile nemico si dovrà tornare alla normalità. Se così non fosse rischieremmo di precipitare in uno dei periodi più bui della Repubblica dando attuazione a quel brocardo tanto caro a Gianbattista Vico dei “Corsi e ricorsi storici”.

Ma quel “ricorso” che ci siamo lasciati alle spalle ha prodotto guasti e sfasci incredibili dai quali purtroppo ancora oggi non ne siamo venuti fuori definitivamente.

Giacomo Marcario

Comitato di Redazione de “Radici”

Redazione

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