La vera storia della Befana

La vera storia della Befana

di Enzo Varricchio

La chiesa cristiana d’occidente celebra il 6 gennaio l’Apparizione di Gesù ai Magi e la consegna degli enigmatici doni. Nel rito orientale, invece, vera Epifania è considerata solo quella del Battesimo di Cristo nel fiume Giordano.

Personificazione pagana dell’Epifania, la Befana contiene elementi simbolici presenti in tutte le figure di donatori leggendari, che provengono da età molto remote e sono riconducibili ai riti ciclici e solstiziali delle popolazioni primitive.
Molte culture la considerano una vera strega. La Befana, col suo carico “eventuale” di carbone, dal significato di monito e castigo, conserva indubbiamente una funzione pedagogica per l’infanzia. E’ un “mediatore mitico” tra il mondo degli adulti, quello dei fanciulli e, talora, dei morti. Il carbone corrisponde ad una simbologia educativa, in quanto immagine del peccato che annerisce l’anima. Inoltre, dalla quantità ricevuta nella calza, il bambino ottiene il metro per valutare il proprio comportamento. Questo ruolo punitivo ne fa un personaggio in apparenza diverso dagli altri “dona ferentes”. Il carbone è materia nera, opera al nero, che collima con l’inferno, luogo in cui, secondo talune leggende, dimora la nostra vegliarda.
Quali sono le origini della Befana? Comunemente si ritiene che la Befanaabbia tratto origine dall’immaginario medievale, popolato da numerose figure di streghe (Satia, Abundia, Erodiade, Salomé), sempre pronte a darsi convegno nelle notti propizie alle evocazioni. In realtà, la insospettabile vecchina non trova i suoi oscuri natali nella pur misteriosa Età di mezzo ma rappresenta un vero e proprio archetipo culturale, una “figura di convergenza” fra diversi miti e leggende, che affonda le sue radici molto indietro nel tempo, prima del Cristianesimo, nei riti del solstizio d’inverno, nei culti solari, nelle diverse manifestazioni proprie delle civiltà mediterranee e di quelle nordiche.

Innanzitutto, va detto che la Befana è certamente in rapporto con la dea Diana e il culto della fertilità a lei connesso. Nell’antica Roma si riteneva infatti che, durante le notti tra il 25 dicembre e il 6 gennaio, misteriose figure femminili volassero per i campi per propiziare un buon raccolto.
Presso le popolazioni germaniche la dea classica Artemide-Diana si trasformò nella strega Frau Holle, personaggio positivo e negativo al contempo, benigno verso i bambini e i trapassati prematuramente, ma implacabile verso i cattivi. Talora volava sulla scopa, talaltra su un carro trainato da aurei destrieri. Nelle zone meridionali della Germania, questa figura femminile prese il nome di Berchta, signora della notte dell’Epifania, terrifico spauracchio, che girava per le case, chiedendo il rispetto di usanze e rituali ben precisi. Le autorità religiose cercarono di sradicare queste superstizioni ma, nonostante i divieti, le demonizzazioni e i roghi, queste figure leggendarie sopravvissero, magari con altri nomi, e si diffusero nelle aree montane. Ai nostri giorni, in Svizzera troviamo la strega Posterli e in Tirolo la Zuscheweil. Queste figure, maligne ma non temibili, vengono esorcizzate accendendo grandi fuochi (in Veneto è ancora diffusa l’usanza, forse di matrice druidica, di bruciare la vecia su roghi improvvisati, che rammemorano i riti piromagici dell’estremo passato). Scendendo dalle Alpi verso il Sud, la vecchia diviene Befana e incarna il personaggio della maga buona, anche se brutta, che esercita l’arte magica a buon fine.
Per concludere sul tema della Epifania, riepiloghiamo i contenuti fondamentali del presente saggio, dedicato alle figure mitiche di dispensatori di doni.
Le feste dell’Epifania sono ancora più antiche di quelle in onore di Artemide-Diana. Fin dai tempi più remoti, l’uomo ha osservato l’alternarsi del giorno e della notte, del sole e della luna, il ciclo delle stagioni, come analogia della vita e della morte, cogliendo nel Sole il principio della vita e nel gelo lunare dell’inverno la mortale attesa prima della rinascita. Il culto del sole o di altre divinità solari era diffusissimo tra i più diversi popoli (Maya, Incas, Atzechi, Olmechi, Celti, Sumeri, Assiri, Babilonesi, Egizi, Greci, Romani), talora in coppia alla luna, talaltra in opposizione ad essa. Solitamente aveva connotazioni maschili (Ra, Mitra, Apollo) ma alcune religioni (arabe, semite) vi vedevano una divinità femminile, sovrapposta o associata ai riti della fertilità. Il periodo dell’anno che va dalla fine di ottobre ai primi di gennaio (a parte gli egizi e i Caldei, i popoli antichi non erano in grado di calcolare con esattezza le fasi astrali) era consacrato a feste e cerimonie legate al solstizio d’inverno o rinascita del Sole (14 novembre-morte di Osiride, 17-23 dicembre-Saturnalia, 25 dicembre-Dies Natalis Solis Invicti), il cui ricordo ancestrale si perpetua tuttora in alcune ricorrenze (31 ottobre-Halloween, 2 novembre- i Defunti, 6 dicembre-San Nicola, 13 dicembre-S. Lucia-lux, 25 dicembre, Natività del Cristo-Sole dell’umanità). Durante tutte festività era in uso l’elargizione di regali. Nella paganità latina, immediatamente dopo il 25 dicembre, avevano inizio le feste dedicate a Giano e alla dea Strenia, durante le quali si sviluppò la consuetudine dei regali. Queste rituarie venivano dette, infatti, Sigillarie e nei loro antecedenti più remoti prevedevano sacrifizi umani – forse proprio di fanciulli – in onore di Kronos-Saturno. Giano bifronte era il dio di tutto ciò che ha inizio e Januarius era il primo mese dell’anno. Giano, divinità magica per antonomasia, era considerato il corrispondente maschile di Iside-Artemide-Diana-Luna (ricordiamo il predetto rapporto di discendenza Diana-Frau Holle-Befana) ed era quindi una divinità solare, poi sostituita da Elios-Sole. Anche Strenia (divinità sabina della salute, antenata della befana secondo G. Mauri) era cara ai romani che, all’inizio dell’anno (periodo in cui si eleggevano i consoli), ne invocavano la protezione elargendo doni. Ancor oggi chiamiamo strenne i regali natalizi.
Si può quindi concludere che, sotto il profilo etnoantropologico, l’origine delle leggende dei portatori di doni è connessa alle antiche usanze calendariali, che si compievano in modo rituale durante l’inverno. I dona ferentes, la Befana tra questi, sono personaggi quasi sempre ”invernali”. Esseri generati dal freddo.
I doni venivano offerti alle divinità ed ai fanciulli, in funzione di esorcismo del male futuro, per allontanare gli spiriti maligni con formule magiche (Sartori). Il lessicografo latino Festo scrive “Chiamiamo strena il dono che si fa in un giorno religioso come augurio di buon presagio”. Nelle culture primitive (ancora oggi, tra gli aborigeni Aranda) era molto rilevante il valore iniziatico del dono, quasi sempre connesso alla eliminazione nel fanciullo di una paura indotta in età prepuberale, a riconoscimento della maturazione psicofisica conseguita dal ragazzo e come definitiva accettazione nella comunità degli adulti. Si è sottolineato in precedenza che le civiltà arcaiche vedevano i bambini come esterni al gruppo sociale, analogamente ai morti. Essi venivano utilizzati dagli adulti proprio per entrare in contatto con gli estinti. Il rapporto tra defunti, bambini e cicli naturali era così avvertito che i culti funebri, agrari, genitali si interpenetravano sino a fondersi. Presso i nordici, Natale (Jul) era la festa dei defunti. L’inverno coincideva con l’inferno, era il tempo dei morts revenants, atteso quanto temuto. I bimbi, con i nomi degli antenati, venivano considerati il seme della continuità, dovevano morire simbolicamente per diventare adulti (iniziazione) e fungevano da tramiti tra i vivi e i morti. Dare ai fanciulli dei regali significava offrirli agli avi, ingraziandoseli e scongiurando i mali (cfr. A. Buttitta, Introduzione a “Le père Noel supplicié” , di Claude Levi Strauss).
Per molti, pur se a fin di bene, la Befana resta una strega e la stregoneria è sempre stata associata alla magia nera, punita con la morte dalla Chiesa e considerata frutto del diavolo. Il carbone che reca nella sacca è monito e castigo, che può avere indubbiamente una funzione grossolanamente pedagogica per l’infanzia, ma che attribuisce alla Befana un ruolo marcatamente punitivo, estraneo agli altri personaggi leggendari che consegnano doni. Il carbone, come detto, è Nigredo, materia nera dell’Opus alchemico. Secondo altra interpretazione, il carbone corrisponde invece ad una simbologia con funzione fondamentalmente educativa, in quanto immagine del peccato che annerisce l’anima. Dalla quantità ricevuta nella calza, il bambino estrae il metro del suo comportamento, il giudizio delle autorità preposte alla sua educazione, il giudizio di Dio. Per altri ancora (v. A. Cattabiani, Calendario feste, miti, leggende e riti dell’anno, Milano 1988), il carbone possiede un significato più nascosto, esprimendo “l’energia latente nella terra, il fuoco celato, pronto a rivivere acceso dal nuovo sole primaverile”. Questa tesi suppone, non erroneamente, che tale usanza provenga dai Celti e sia stata successivamente utilizzata per glorificare l’avvento del nuovo Sole-Gesù.
Come detto all’inizio, nella visione orientale, vera Epifania è considerata solo quella del battesimo di Cristo nel fiume Giordano, con l’intervento di Dio-Padre. Alcune chiese ortodosse il 6 gennaio festeggiano il Natale. Ciò, per una differenza calendariale e a riconferma che il lasso di tempo entro il quale si svolgevano i riti invernali è piuttosto ampio e dipende dalle diverse condizioni climatiche o culturali presenti nelle singole aree geografiche.
All’interno della tradizione cristiana legata al Natale come forma di perpetuazione transculturale dei riti solstiziali, si formeranno nella fantasia popolare tutte le successive figure di portatori di doni, probabilmente ricalcate direttamente o indirettamente sul ricordo dei Magi del racconto evangelico.
L’epifania, l’Apparizione, è quella del divino fanciullo, Sole-Luce-Rigenerazione dell’umanità. Si attua, in tal modo, una forma di paganizzazione dell’episodio cristiano, peraltro già vicino alla leggenda: i Magi subiscono una trasposizione nella sfera secolare per entrare a far parte del rituale della festa, della fiaba, per quanto riguarda la loro funzione di portatori di doni ai fanciulli, ampliata dall’immaginazione popolare. E’ questo il fenomeno del passaggio dalla storia, alla leggenda, al mito e ritorno, comune ad altri personaggi che recano regali, come la Befana e Babbo Natale.

Antonio Peragine

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