Il Cinema festeggia i 100 anni dalla nascita di Fellini, il regista amato nel mondo

Il Cinema festeggia i 100 anni dalla nascita di Fellini, il regista amato nel mondo

Federico Fellini considerato il più celebre regista italiano ed uno dei più grandi sognatori per la sua poetica cinematografica in tutto il mondo non è inquadrabile in un genere filmico ben definito, anche se la prima parte della sua produzione risente dell’influenza neorealista. Fellini è un poeta visionario, gira film onirici, difficili da catalogare e fa dell’autobiografismo la sua cifra stilistica più significativa. Fellini nasce a Rimini nel 1919 in una famiglia piccolo – borghese e manifesta presto una voglia di fuga verso la capitale che egli manifesta e chiare lettere in uno dei suoi primi fila: I Vitelloni (1953), ritratto veritiero della vita in provincia attraverso le giornate di cinque fannulloni che inventano il quotidiano. L’inverno a Rimini è soltanto noia e rimpianto del tempo perduto, tra amici che si sposano, scappatelle, aspirazioni frustrate e sogni infranti. Fellini ha ben altri obiettivi e ben diverse ambizioni si trasferisce a Roma, fa il disegnatore umoristico in riviste come “Marc’ Aurelio”, comincia a lavorare alla radio e come sceneggiatore cinematografico. Nel 1943 sposa Giulietta Masina che aveva  conosciuto alla radio, vende disegni umoristici per campare, fino a quando Roberto Rossellini lo chiama per collaborare a Roma città aperta;il regista più importante del neorealismo instaura con il giovane Fellini un rapporto fruttuoso, lo vuole accanto a se anche per PaisàFrancesco, Giullare di Dio. Fellini scrive sceneggiature anche per altri registi come LattuadaGermi e Comencini, ma è solo nel 1950 che dirige il suo primo film in collaborazione con Alberto Lattuada.

Si tratta di “Luci del varietà”, racconto di illusioni e delusioni di un capocomico di una piccola compagnia di avanspettacolo. Il primo film di Fellini con autonoma responsabilità di regia è  “Lo sceicco bianco (1952)”,interpretato da un giovanissimo e pimpante Alberto Sordi. Abbiamo già accennato al grande successo de I vitelloni (1953), affresco generazionale su un gruppo di giovani che vivono in provincia che non vogliono diventare uomini e sognano la fuga. I primi film di Fellini sono atipici, si possono inserire nel neorealismo solo facendo delle forzature, pure se il regista è un ideologo del neorealismo, autore di soggetti, sceneggiature dialettali (Campo de’ fiori) e collaboratore di Rossellini. Un altro lavoro importante è “La strada (1954)”, favola commovente interpretata da Giulietta Masina, umile e ingenua donna innamorata che cerca di rendere migliore il rozzo Zampanò insieme a un assurdo personaggio chiamato Il Matto. I protagonisti sono tre attori girovaghi come Gelsomina (il sentimento e l’ingenua dolcezza), Zampanò (la forza bruta, la violenza, la bestialità) e Il Matto (la follia che diventa saggezza). Gelsomina vuole cambiare Zampanò e farlo diventare un uomo capace di provare sentimenti.

La fantasia di Gelsomina incontra la follia del Matto che le fa capire come deve agire, ma l’unione dei due elementi fa scaturire la tragedia. Zampanò uccide Il Matto con un atto bestiale compiuto davanti a Gelsomina che impazzisce, subito dopo scappa via e abbandona la donna al suo destino. Passano gli anni, Zampanò viene a sapere che Gelsomina è morta e subito si verifica un cambiamento impensabile. La bestia si mette a piangere in riva al mare in compagnia della sua solitudine e comprende di aver perduto l’unica persona importante della sua vita. Anthony Quinn presta il suo volto truce per la caratterizzazione del forzuto Zampanò, Nino Rota compone una strabiliante colonna sonora, Tullio Pinelli ed Ennio Flaiano collaborano alla sceneggiatura.

Fellini realizza un’opera poetica che vince l’Oscar come miglior film straniero e il Leone d’Argento a Venezia. Il bidone (1955) racconta le imprese di un gruppo di truffatori, ma soprattutto di Augusto che vorrebbe cambiare vita ma non ci riesce, alla fine cade in un giro peggiore e non scampa alla propria sorte. Il film contiene tutti i temi autobiografici cari a Fellini: i vitelloni, la provincia, la strada, il fatalismo, tanta introspezione dolorosa e una religiosità di fondo. Le notti di Cabiria (1957) è la storia di una prostituta ingenua e dal cuore d’oro (Giulietta Masina) che pensa di poter cambiare vita sposando uno sconosciuto. Vince l’Oscar per il miglior film straniero e la Palma d’Oro a Cannes, grazie anche alla straordinaria interpretazione di Giulietta Masina e Amedeo Nazzari. Poi arrivano gli anni degli scandali e dei successi: La dolce vita (1960) che racconta le gesta del giornalista Marcello Rubini (Mastroianni) che ha abbandonato ogni ambizione letteraria e adesso vaga per via Veneto a caccia di emozioni.

Gli sceneggiatori Tullio PinelliBrunello RondiEnnio Flaiano e Federico Fellini descrivono incontri erotici, orge e folli avventure. Il film è un viaggio nella notte romana, all’interno di una società corrotta dove crollano miti, valori e convenzioni. La dolce vita è una pietra miliare della carriera di Fellini ma anche della storia del cinema, perché rompe con un vecchio modo di fare cinema. Marcello Mastroianni diventa l’alter ego di Fellini che attraverso le parole dell’attore esprime la sua analisi del mondo. La pellicola suscita enorme scandalo, sia per la famosa scena del bagno nella Fontana di Trevi della affascinante Anita Ekberg, sia per l’orgia finale con spogliarello, sia per alcune scene di amori extraconiugali.

Il film viene impreziosito dalla stupenda colonna sonora di Nino Rota che è rimasta nella storia del cinema ed è un motivetto suadente che spesso riecheggia nella memoria. Otto e mezzo è un capolavoro che vince due Oscar e la cosa più assurda del film resta il titolo che indica il numero di regie realizzate da Fellini. Giulietta degli spiriti (1965) è il primo film a colori di Fellini e affronta il tema della distruzione delle certezze di un’esistenza. Una signora borghese, tradita dal marito, va in crisi, anche per colpa di un’educazione cattolica che la condiziona e le fa vivere visioni angosciose. La soluzione finale sarà la solitudine, non servono sesso, psicanalisi e rimedi esoterici. Satyricon (1969) si ispira all’opera di Petronio Arbitro è una “Dolce vita” ai tempi dell’antica Roma che racconta l’educazione sentimentale di Encolpio e Ascilto.

Il regista filma un delirio onirico di amore e morte in una Roma imperiale fatta di cene infinite, sesso, assassini, minotauri ed ermafroditi. I clowns (1970) è un film insolito tra la parodia del documentario e l’omaggio al circo, ancora una volta autobiografico, soprattutto nel raccontare l’amore per il circo.
Roma (1972) è la scoperta della città eterna con gli occhi del provinciale, un documentario autobiografico, visionario, lirico e nostalgico. Amarcord (1974) è un’autobiografia lirica, il film più poetico di Fellini, un punto di arrivo difficile da superare, dopo questo film la carriera del regista registra una parabola discendente. Fellini scrive Amarcord insieme a Tonino Guerra, ripensa alle proprie origini e mette in scena i ricordi della Romagna al tempo del fascismo in una struggente saga da strapaese. Il film miscela bene amore, odio e nostalgia, rilegge il passato fascista in maniera acuta e interessante, mostra la mediocrità del regime ma anche del popolo che l’ha accettato.

Vediamo i fascisti con l’olio di ricino, ma anche i maschi che insidiano donne, inventano balle e fanno scherzi feroci. Le musiche sono di Nino Rota e contribuiscono a dare valore a una pellicola che guadagna l’Oscar come Miglior film straniero. Nell’ultimo periodo della carriera Fellini firma la regia del film  E la nave va (1973), che non ha niente di autobiografico ma resta un film prezioso per la cura della confezione scenografica. Il Casanova di Federico Fellini (1976) esprime sin dal titolo che non si tratta della solita storia su Casanova, ma una rilettura in chiave onirica e fantastica tipica del regista. Fellini compie un viaggio surreale nei più strani corpi femminili e ironizza su un Casanova che sogna una donna automa e vorrebbe essere ammirato più come poeta che come amante.

La storia dell’ascesa e della decadenza di un grande seduttore è scandita dalle poesie di Andrea Zanzotto e di Tonino GuerraProva d’orchestra (1979) è il ritratto graffiante di un’Italia sospesa tra vecchio e nuovo, punta il dito contro il sindacalismo e la difesa dei particolarismi. Ginger e Fred (1983) è un attacco allo strapotere televisivo ma è anche un ricordo del tempo passato e una ricognizione lucida della società contemporanea.

Intervista (1987) è un lavoro autocelebrativo con Fellini intervistato a Cinecittà che ricorda un modo di fare cinema finito per sempre. La voce della luna (1990) è un film geniale e bizzarro interpretato da Roberto Benigni e Paolo Villaggio, due folli individui che vogliono catturare la luna. La voce della luna è l’ultimo film del regista che riporta alle atmosfere oniriche di Amarcord e vuole essere una critica feroce all’Italia berlusconiana. Federico Fellini è un autore fondamentale e atipico del cinema italiano e mondiale, sinonimo di regista geniale, simbolo di fantasia, leggerezza, umorismo, sentimentalismo, ironia graffiante e grande originalità ma anche visionario, narciso, malinconico, ambiguo, avido di vita vera e di corpi. Federico Fellini viene definito in tanti modi con quel suo genio sempre pronto a nutrirsi di emozioni e di giochi, mai stanco di partorire idee, storie, suggestioni, immagini, caratteri. Ma c’è una cosa che forse lo ha caratterizzato di più e per tutta la sua esistenza – da quando, ragazzino cresciuto a Rimini tra mare e cinema, spiava le donne prosperose, fino al momento in cui, da adulto, conquistò Roma e la fama eterna con i suoi film – ed è l’attaccamento viscerale alle sue creature, reali e immaginarie, tutte presenti sullo schermo, nei suoi lavori e dentro di lui.

In fondo Rimini ha cominciato a far pace con il suo figlio prediletto proprio nelle scorse settimane, quando migliaia di persone hanno preso d’assalto Castel Sismondo per visitare la mostra a lui dedicata. Diecimila i visitatori in due giorni tra sabato e domenica, spinti dalla curiosità di vedere un’esposizione, come mai era stata fatta prima, su Fellini, capace di parlare del suo cinema e anche del rapporto con Rimini, la sua città.. C’era, soprattutto ,la voglia di rendere omaggio al regista. Tra i tanti ospiti vi era anche Mogol: “Ho amato il cinema di Fellini, anche se non ho avuto la fortuna di conoscerlo. Bella la mostra, e trovo bellissimo il progetto di un museo”.

Mogol ha tagliato il nastro insieme a Francesca Fabbri Fellini, la nipote del Maestro. Che sogna di vedere tanti studenti alla mostra: “Fellini andrebbe insegnato nelle scuole”. Anche Vittorio Sgarbi è arrivato appositamente a Rimini per ammirare la mostra. Il critico d’arte tra l’altro sarà un protagonista del museo Fellini: con il Comune sta lavorando a una grande esposizione che metterà a confronto il regista e Cagnacci, che Sgarbi considera “un Fellini del ’600” per la forte carica erotica delle sue opere. Progettata dallo Studio Azzurro di Milano – lo stesso che ha ideato il nuovo Museo Fellini insieme alla casa cinematografica Lumiere – la mostra inaugurata a Castel Sismondo è curata da Marco Bertozzi e Anna Villari. Finirà il 15 marzo 2020; molto suggestive le sale dove ammirare in loop filmati su Fellini, tratte da archivi di Rai e Istituto Luce, e spezzoni dei suoi film. Al secondo piano troviamo oggetti di scena ed i costumi del «Casanova» e di «Roma».

Il Fulgor, il cinema riminese dove Fellini andava da ragazzo è stato ricostruito in una sala della mostra, per rivedere alcune vecchie interviste. All’ingresso la voce di Anita Ekberg accoglie il pubblico con la frase rivolta a Mastroianni nella famosa scena de «La dolce vita» nella fontana di Trevi. Anche Riccione in questi giorni ricorda Federico Fellini nel centenario della sua nascita. E’, infatti, dedicata al grande maestro, regista, sceneggiatore e fumettista, la mostra dall’emblematico titolo ‘La porta dei sogni’. In vetrina, fino al 19 gennaio, disegni, sculture e altre opere ispirate al fascino ed alle atmosfere da sogno, che affiorano dalle opere cinematografiche di Fellini e dalla creatività dei suoi disegni. Ogni artista della nota scuola riccionese presenta una propria creazione e partecipa alla singolare installazione “La porta dei sogni”, opera in legno rivestita da formelle colorate in terracotta, realizzate in bassorilievo e ispirate ai personaggi del Libro dei sogni di Fellini.

Giacomo Marcario

Comitato di Redazione de “Radici”

Antonio Peragine

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