I migranti e le fantasie di Umberto Galimberti

I migranti e le fantasie di Umberto Galimberti

Il professore di filosofia Umberto Galimberti (mi guardo bene dal chiamarlo filosofo giacché la scrittrice Rina Brundu ebbe a scrivermi a riguardo: “Non mi risulta che negli ultimi secoli… l’Italia abbia prodotto alcun “filosofo”), conclude così un articolo su D – La Repubblica del 3 agosto: “E ogni giorno per nutrirci non abbiamo bisogno di andar per campi a cercar patate, ci basta aprire un frigorifero. E per mantenere questo privilegio, noi, popolo più debole della terra, abbiamo bisogno di costruire muri e chiudere porti, creando in tal modo una società assediata. Ma in una società assediata non può più nascere un Leonardo da Vinci, un Immanuel Kant, un Ludwig van Beethoven. Avremo così creato le condizioni per cui saremo noi, e non gli immigrati, a estinguere la cultura europea”.

D’accordo, ovviamente, col filosofo, pardon, col professore di filosofia, che non è giusto creare muri e chiudere porti, però forse una maggiore attenzione alla proprietà del linguaggio, soprattutto in uno studioso, non guasterebbe, giacché se usiamo un termine sbagliato, rischiamo di sbagliare anche il ragionamento che lo comprende. E qui il termine errato è “assediata”. Costruendo muri e chiudendo porti, non creiamo una società assediata dalla quale, se fosse tale, non sarebbe possibile uscire. Muri e porti chiusi non impediscono di uscire dalla società in cui si vive, non impediscono di comunicare col mondo intero, di spaziare nel mondo intero e arrivare persino sulla luna. E quindi, se non è vero che costruendo muri creiamo una società assediata, non è neppure vero il ragionamento che ne consegue, vale a dire che  non possono più nascere geni.

Renato Pierri

Antonio Peragine

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