Usa: Facebook patteggia 5 miliardi di dollari per violazione della privacy

Usa: Facebook patteggia 5 miliardi di dollari per violazione della privacy

Si tratta della multa più elevata mai inflitta a una compagnia del settore tecnologico. C’entra il caso Cambridge Analytica

Facebook ha patteggiato una cifra record di 5 miliardi di dollari per chiudere la disputa sulle violazioni della privacy in merito al caso Cambridge Analytica. Lo annuncia la Federal Trade Commission, l’Antitrust statunitense. Per la stessa vicenda, il garante della privacy britannico aveva inflitto a Facebook una multa da circa mezzo miliardo di sterline. 

I 5 miliardi di multa per Facebook equivalgono a circa il 9% dei ricavi totali del social media nel 2018. In vista della possibile sanzione, Facebook aveva accantonato 3 miliardi di dollari nel primo trimestre, come oneri una tantum e potrebbe essere ora soggetto a sanzioni civili e penali per false certificazioni..

La Ftc ha imposto a Facebook anche una serie di nuove restrizioni e di modifiche alla struttura aziendale. La multa da 5 miliardi che Menlo Park ha patteggiato, si legge nel comunicato dell’Antritrust Usa, “è la maggiore mai imposta a una compagnia per violazione della privacy dei consumatori e quasi venti volte più pesante della multa più alta mai comminata per lo stesso motivo a livello mondiale”. Ai sensi dell’accordo, il fondatore e ceo di Facebook, Mark Zuckerberg, sarà tenuto a certificare che la società è conforme alle nuove restrizioni sulla privacy. 

“L’ampiezza della multa da 5 miliardi e le indicazioni di condotta non hanno precedenti nella storia della Ftc e hanno l’obiettivo non solo di punire le violazioni ma, cosa più importante, cambiare l’intera cultura sulla privacy di Facebook per diminuire la possibilità di nuove violazioni”, ha dichiarato Joe Simons, presidente dell’autorità. 

La notizia era stata anticipata il 12 luglio dal Wall Street Journal, il quale aveva scritto che la Ftc aveva approvato la multa con 3 voti a favore (repubblicani) e 2 contrari (democratici). La decisione sarà ora sottoposta al dipartimento di Giustizia, che generalmente accetta la pronuncia del regolatore.

Zuckerberg promette “nuovi standard per il settore”

“Abbiamo raggiunto un accordo con la Federal Trade Commission sulla privacy. Abbiamo deciso di pagare una multa storica ma, ancora più importante, apporteremo alcune importanti modifiche strutturali al modo in cui costruiamo i nostri prodotti e in cui gestiamo questa società”, ha commentato Mark Zuckerberg, “abbiamo la responsabilità di proteggere la privacy delle persone. Lavoriamo già duramente per far fronte a questa responsabilità, ma ora stabiliremo uno standard completamente nuovo per il nostro settore”.

“Come parte di questo accordo – spiega Zuckerberg – porteremo i controlli sulla privacy in linea con quelli finanziari, ai sensi della legislazione Sarbanes-Oxley. I nostri dirigenti, incluso me, dovranno certificare che tutto il lavoro che sovrintendiamo soddisfi i nostri impegni sulla privacy. Proprio come nel cda abbiamo un comitato di audit per sovrintendere ai controlli finanziari, istituiremo nel cda un nuovo comitato per la privacy. Abbiamo anche chiesto a uno dei nostri leader di prodotto più esperti di assumere il ruolo di Chief Privacy Officer for Products. Per implementarlo, dovremo rivedere i nostri sistemi tecnici per documentare gli eventuali rischi sulla privacy”.

“Prevediamo che ci vorranno centinaia di ingegneri e oltre un migliaio di persone in tutta la nostra azienda per svolgere questo importante lavoro. E prevediamo che ci vorrà più tempo per costruire nuovi prodotti seguendo questo processo in futuro. Nel complesso, questi cambiamenti vanno al di là di quanto richiesto dalla legge statunitense attuale”, conclude, “il prossimo obiettivo per la nostra azienda è costruire protezioni per la privacy forti quanto i migliori servizi che offriamo. Mi impegno a farlo bene e a fornire la migliore piattaforma sociale privata per la nostra comunità”.

Il caso Cambridge Analytica

Il caso esplose il 17 marzo 2018, quando The Observer pubblica le rivelazioni di Christopher Wylie un ex dipendente della società d’analisi che, lavorando per la campagna presidenziale di Donald Trump, utilizzò i dati di decine di 87 milioni di utenti senza il loro consenso per profilarli a fini elettorali.

I dati erano stati raccolti da Cambridge Analytica attraverso l’app thisisyourdigitallife, sviluppata dall’accademico di Cambridge Aleksandr Kogan. Tramite una sua società, la Global Science Research, e in collaborazione con Cambridge Analytica, centinaia di migliaia di utenti erano stati pagati per sottoporsi a un test sulla personalità, e avevano firmato una liberatoria all’uso dei loro dati ai fini di studi scientifici.

Peccato che Kogan avesse girato tutto a Cambridge Analytica, che si scoprì ebbe al vertice l’ex stratega di Trump, Steve Bannon. Fu una slavina, che prese volume non solo per i fatti in sè ma anche per come Mark Zuckerberg gestì la vicenda. Per giorni il ceo restò in in silenzio. Poi allungò la già cospicua lista dei suoi “scusate”. Cambridge Analytica avrebbe chiuso due mesi dopo. Facebook promise contromisure. Ma lo scandalo non sarebbe stato l’ultima bufera: a dicembre si scoprì che per anni il social network aveva consentito intenzionalmente  ad alcune grandi compagnie un accesso intrusivo ai dati degli utenti. 

Redazione

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